Alla ricerca dell’«homo adriaticus»

Il volume ripercorre in sintesi la storia millenaria di rotte e di traffici, guerre e convivenze, che compone il ritratto di una civiltà che si è fatta sul mare

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Alla ricerca dell’«homo adriaticus»
Damir Agičić, Borislav Grgin, Egidio Ivetic e Tatjana Peruško. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Un approccio nuovo, uno sguardo completo – a differenza dei tanti, limitanti sguardi “nazionali” –, obiettivo, un importante contributo dal punto di vista metodologico su una materia complessa che ancora oggi fa sorgere delle controversie, uno strumento che sarà indubbiamente utile per i ricercatori e gli studiosi, un saggio scritto bene, frutto di un enorme lavoro e di una grande padronanza della materia. Sono questi, in estrema sintesi, alcuni dei commenti che hanno segnato la presentazione del libro di Egidio Ivetic, “Storia dell’Adriatico. Un mare e la sua civiltà”, pubblicato in Italia da Il Mulino nel 2019, lo scorso anno uscito anche in croato con la zagabrese Srednja Europa, la cui edizione è stata presentata all’Istituto Italiano di Cultura di via Preobraženska. Oltre all’autore, a guidare il pubblico in una prima “lettura” del volume, due professori della Facoltà di Lettere e Filosofia di Zagabria, nella fattispecie lo storico Borislav Grgin e Tatjana Peruško, traduttrice e docente del Dipartimento di Italianistica, con interventi introduttivi dell’Ambasciatore d’Italia in Croazia, Pierfrancesco Sacco, del direttore dell’IIC, Gian Luca Borghese, e dello storico Damir Agičić in qualità di editore.

Un’impresa notevole. “Quest’edizione mi fa molto piacere”, ha esordito Egidio Ivetic, rilevando che Italia e Croazia (quest’ultima con un’estensione superiore a quella dell’Africa settentrionale nel Mediterraneo) hanno le parti maggiori di costa sull’Adriatico, quindi è un fatto significativo che ci sia quest’edizione in lingua croata. “Io sono un ex marinaio della Marina militare jugoslava e per questo fatto sono molto rispettato, onorato dai colleghi della Marina militare italiana. Certo, sembra un po’ un cortocircuito. La mia lingua e cultura sono italiane, ho fatto tutte le scuole in italiano a Pola, però ero cittadino jugoslavo e se non volevo finire in carcere, dovevo fare il servizio militare”, ha raccontato. Dopo una prima assegnazione alla fanteria, il padre è riuscito a farlo dirottare in Marina (“Non so come abbia fatto, non era membro del Partito comunista”). Sulla “nave della pace” – la nave scuola Galeb
– ha navigato tutto l’Adriatico fino alle Bocche di Cattaro e anche oltre, fino a Sebastopoli. Con sé aveva una copia dell’“Inferno” di Dante, che leggeva ogni sera, un po’ come il dottor Luigi, l’iconico personaggio di Miljenko Smoje in “Naše malo misto” (Cronaca del nostro piccolo paese). Da quest’esperienza ha avuto una percezione del Mediterraneo “che vale più di tutto un corso universitario, perché uno veramente entra nella dimensione del mare”.

Un «uomo tra due mondi»
Perfettamente diglossico (“che non è una malattia, ma un vantaggio”, scherza, parla italiano e croato, dialetto veneziano e ciacavo), “uomo tra due mondi” (com’è stato definito sul “Sole 24 ore”) che dall’Istria guarda dall’alto fin giù al Mediterraneo, nell’Adriatico ha trovato la sua “patria”. E il suo libro appunto abbraccia tutto il tempo (cronologico) e tutto lo spazio. Perché se studiamo solo determinati periodi e non abbiamo il quadro generale, ogni volta troviamo delle cose che ci sembrano eccezionali e che in realtà sono già state viste, come si dice, “si scopre l’acqua calda”. Ivetic ha poi spiegato la genesi del libro, iniziato a scrivere nel 2010 e che doveva essere pronto nel 2013. Ma così non è stato, il processo si è dilungato fin troppo e gli ultimi capitoli li ha dovuti concludere con un tour de force “ed è questo il motivo perché ho dimenticato Marco Polo” (l’appunto che gli è stato mosso da Peruško) e diversi autori nelle note relative all’ultima parte.
Ci troviamo dunque tra le mani un ottimo testo, che ripercorre in sintesi la storia millenaria di rotte e di traffici, guerre e convivenze, che compone il ritratto particolareggiato di una civiltà che si è fatta sul mare, grazie al mare. Grgin ha sottolineato che la storiografia croata non possiede un’opera così, né come estensione cronologica, né come tema, né per lo spazio che copre e che affronta l’Adriatico come un’entità unica. Ne racconta la vicenda dall’antichità a oggi, proponendo al contempo anche una sintesi di storie e di storiografie molto diverse e non sempre in comunicazione fra loro, avvantaggiato in ciò dalla perfetta padronanza di diversi codici linguistici.
Al di là dell’interesse scientifico, entrambi Grgin e Peruško hanno trovato in quest’opera anche una dimensione emotiva. Il primo, la cui origini familiari sono legate a un’isola dell’arcipelago zaratino ha apprezzato il rilievo dato alla marineria, alla navigazione, alla pesca, alla narrazione dell’”homo adriaticus”. Peruško, che è cresciuta tra Albona e Buie, ha apprezzato il modo conciliante con cui l’autore ha trattato le circostanze politiche del periodo dell’esodo. La professoressa ha auspicato che il proseguimento e lo sviluppo degli scambi culturali, della collaborazione transfrontaliera e interregionale possano avere un effetto immediato in quello che è un indiscutibile e “urgente” interesse comune: quello ecologico.

Dal paleolitico ai giorni nostri
Il volume della Srednja Europa – casa editrice specializzata in pubblicazioni storico-filologiche e in testi di didattica della storia –, comprende 330 pagine (prezzo di copertina 25 euro). L’autore ci guida in un percorso che parte grossomodo dal paleolitico superiore per arrivare praticamente ai giorni nostri, anticipando questo viaggio straordinario, articolato in sette capitoli, con una serie di cartine storico-geografiche che seguono l’evoluzione “politica” dell’Adriatico, corredando questo complesso lavoro con oltre 50 pagine di note, più altri “strumenti” utilissimi come cronologia, l’elenco quadrilingue (italiano, sloveno, croato, albanese) dei toponimi, nonché l’indice dei nomi.
Egidio Ivetic insegna all’Università di Padova e negli ultimi anni si impegna a promuovere la storia del Mediterraneo come insegnamento universitario e come disciplina storiografica in Italia. Agisce politicamente, per quanto possibile, sul piano dell’integrazione della macroregione Adriatico-Ionio.
“Rappresento la mia università, sono uno stakeholder nel consorzio delle Università dell’area adriatico-ionica”, associazione nata nel 2000 ad Ancona con lo scopo di favorire la collaborazione tra atenei e centri di ricerca e che oggi comprende oltre 40 membri da Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro, Serbia, Slovenia. E devo dire che fa impressione stare attorno a un tavolo con persone delle Università di Banja Luka, Tuzla, Tirana, del Politecnico delle Marche, Bari, Bologna, Zara, e succede ogni anno. È un nuovo modo di vivere questo spazio. Questo è ormai lo spirito del Ventunesimo secolo nell’Adriatico”, osserva Ivetic.
Ora, a parte la storia, si tratta di pensare anche a una cultura dell’Adriatico. “Concordo, non è facile, l’asimmetria economica e anche culturale può far paura dalla parte orientale, però nelle Marche, in Abruzzo e anche in altre parti d’Italia si guarda all’altra sponda come alla ricerca di un’alternativa e questo – conclude – è il punto di forza per la cultura croata”.

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