Fiume città simbolo del travagliato Novecento

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Fiume città simbolo del travagliato Novecento

FIUME | È stato presentato a Palazzo Modello il libro “Fiume città di passione” dello storico triestino Raoul Pupo, con la partecipazione dell’autore, di Giovanni Stelli del Centro Studi fiumani di Roma ed Ezio Giuricin, giornalista di Tv Capodistria. “Città di passione”: con queste parole Gabriele D’Annunzio battezza Fiume nel primo dopoguerra, imponendola all’attenzione internazionale assieme al mito della “vittoria mutilata”. Altre e più tragiche passioni si scatenano nel secondo dopoguerra. Questa volta nel silenzio e nella distrazione della patria ferita, molti dei fiumani devono prendere la via dell’esilio. Il guscio della città però rimane in piedi e Fiume condivide il suo destino con le altre “città cambiate”, Salonicco, Smirne, Königsberg: le città poste lungo quei confini attorno ai quali si sono accesi i maggiori conflitti europei del XX secolo. Parlare di Fiume vuol dire tuffarsi nel vortice della “grande semplificazione” che ha travolto l’Europa centro-orientale. Vuol dire anche parlare delle storie accadute tra le pieghe di quelle più appariscenti: accanto alla vicenda di un fiero municipalismo che cerca di resistere al trionfo degli stati-nazione, c’è la storia di una grande illusione.

Estrema chiarezza espositiva

Giovanni Stelli in apertura del suo intervento ha voluto rilevare il suo apprezzamento per la prosa di Pupo, che si distingue per l’estrema chiarezza di esposizione coniugata a una profondità contestuale e all’ironia, a un senso dell’umorismo. Una chiarezza espositiva che si esprime anche nei titoli dei capitoli: “Il Corpo separato”, “La città irredenta”, “La città di vita”, “L’estremo lembo della patria”, “Sentinella perduta” e “Da Fiume a Rijeka”. Il relatore ha voluto soffermarsi sul primo capitolo, e in particolare sui concetti fondamentali di autonomia della città e delle concezioni di nazione. Fiume godeva lo status di città immediata, cioé di corpo separato, che dipendeva direttamente dall’Ungheria, status che fu suggellato nel 1779 dal nuovo diploma imperiale di Maria Teresa, e che rappresentò la radice dell’autonomismo fiumano. Un autonomismo del tutto inattuale rispetto ai processi di nazionalizzazione in corso all’epoca; un autonomismo che partiva da una visione lealistica nei confronti dell’impero. Il partito autonomo che nascerà a fine ‘800 riprenderà questa gelosa visione autonomistica, testimoniata da innumerevoli documenti storici, in cui predominava l’identità culturale italiana, che non significa però identità esclusiva.
L’insorgenza del nazionalismo interessò in maniera forte l’Ungheria, tanto che l’impero, da Sacro impero romano, divenne impero austroungarico. Con il dissolvimento dell’impero, dopo la Prima guerra mondiale, l’entroterra politico e istituzionale dell’autonomismo fiumano venne a mancare, per cui, si vide riaffiorare nuovamente l’idea di Fiume stato libero, di autonomia, anche se in forma diversa e in un contesto politico diverso.

«Urbicidio» e «resilienza»

Ezio Giuricin ha messo in rilevo i concetti di “urbicidio” e “resilienza”, presenti nel libro. Fiume dopo il 45 ha subito un “urbicidio”, non tanto nel senso fisico del termine – sofferto da città come Hiroshima, Dresda, Konigsberg – quanto a livello culturale, ossia un “culturicidio”, nonostante la presenza di una limitata comunità di italiani esista tutt’oggi. È successa la sparizione, la distruzione di una “civitas” sotto la massiccia affluenza di altre genti e culture. Giuricin ha sottolineato pure la “modernità” della controversa impresa dannunziana, precorritrice di spinte e pulsioni che avrebbero contaminato la società italiana ed europea, e della parentesi zanelliana. Eventi straordinari successi in un breve lasso di tempo che fanno di Fiume una città laboratorio.
“Ho scelto di scrivere questo libro dedicandolo a Fiume in quanto simbolo di tutte quelle città di confine – dal Baltico al Mediterraneo – che in conseguenza ai grandi traumi delle guerre, degli stravolgimenti politici e di varia natura, da una realtà plurima di etnie, lingue, tradizioni, culture e religioni vissero la grande semplificazione”, ha spiegato Raul Pupo. “Fiume è una città simbolo in quanto ha vissuto tutti gli stravolgimenti, i traumi e le contraddizioni che hanno percorso il ‘900”, ha concluso l’autore di “Fiume, città di passione”.
Ha fatto seguito una discussione in cui si sono toccati diversi aspetti storici di Fiume – non ultimo la presenza della popolazione croata sul territorio – con l’invito ai cittadini e studiosi della maggioranza di partecipare e condividere l’indagine sulla complessa storia della città di Fiume. Presenti il Console generale d’Italia a Fiume, Paolo Palminteri, la presidente della locale CI, Melita Sciucca e la capodipartimento d’Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Fiume, Corrina Gerbaz Giuliano.

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