Istria, è arrivata l’influenza. E c’è pure il Covid

Intervista alla dott.ssa Jasna Valić del Servizio epidemiologico dell’Istituto formativo di salute pubblica della Regione istriana sui malanni di stagione

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Istria, è arrivata l’influenza. E c’è pure il Covid
La sede dell’Istituto formativo di salute pubblica della Regione istriana. Foto: DARIA DEGHENGHI

Bisogna mettersi il cuore in pace: a ogni stagione i suoi guai e i suoi fastidi. Questo non è decisamente il tempo delle scottature da spiaggia, ma quello di fare i conti con influenza, virosi varie e (ancora) Covid.

In effetti, sotto questo punto di vista, purtroppo non manca niente. La percezione personale, considerato che in giro c’è chi starnutisce, chi tossisce, chi si lamenta magari di una fastidiosa sinusite, se non di qualche linea di febbre, potrebbe far credere che ci si trovi nel mezzo di una tempesta perfetta in termini epidemiologici, ma potrebbe essere percezione distorta.

Vediamo di fare il quadro della situazione con chi del mestiere, per una reale radiografia dello stato di cose e per consigli e raccomandazioni, che non fanno mai male. Chiediamo lumi alla dott. Jasna Valić, responsabile del Servizio epidemiologico dell’Istituto formativo di salute pubblica della Regione istriana.

Dottoressa, l’influenza è arrivata anche alle nostre porte o non ancora?
“Non è ancora stata proclamata l’epidemia, ma l’influenza è qui. Attualmente sono stati registrati 4 casi e di questi 3 persone sono state ricoverate. Siamo nella stagione dell’influenza, che nell’emisfero settentrionale parte proprio dal nord Europa e poi scende fin qua. L’inverno è la stagione principe del disagio, anche se ci si può ammalare d’influenza anche d’estate, ma è meno probabile che il malanno diventi epidemia. L’inverno favorisce il propagarsi della malattia: stiamo in ambienti chiusi, scarsamente arieggiati e quindi la trasmissione è più semplice. Diciamo che la stagione vera e propria dell’influenza da noi va da Natale a Pasqua e che la popolazione maggiormente colpita è quella scolastica”.

La profilassi è stata soddisfacente? Quante dosi di vaccino sono giunte in penisola? Ne serviranno delle altre?
“Per questa stagione, 2023/24, abbiamo ricevuto 20mila dosi di vaccino antinfluenzale quadrivalente inattivato e 19mila sono state distribuite negli ambulatori di tutta la Regione. Qualcuno, speso il primo contingente, ha chiesto dosi aggiuntive, ma i dati definitivi si sapranno a febbraio, quando di solito si tirano le somme e quindi allora si saprà quante persone si sono vaccinate, come è andata per fasce d’età a si avranno altri parametri del caso. Del resto la vaccinazione è ancora in corso, per cui i dati cambiano. Il vaccino è indirizzato in primo luogo alla popolazione over 65 e ai malati cronici, per cui si può supporre che per attualmente sia questa anche la fascia di popolazione che si è sottoposta alla profilassi.
Per ora non pianifichiamo la richiesta di un ulteriore contingente di vaccino; dovesse servire ne abbiamo ancora a disposizione”.

Non ci risparmia nemmeno il Covid. Quanti sono i casi registrati? È possibile vaccinarsi e, nel caso, il vaccino disponibile è adattato alla nuova variante in circolazione?
“Comincio dalla vaccinazione: è ancora possibile. A Pola lo si può fare il martedì e il giovedì dalle 12 alle 13.30, poi il calendario per gli altri ambulatori in penisola è consultabile sulle pagine dell’Istituto. Disponiamo dell’ultimo vaccino, adattato alla variante in circolazione, Omicron XBB.1.5. e diciamo che la ‘copre’ bene. La vaccinazione è sempre raccomandata, specialmente per quanti sono più sensibili o esposti magari a serie complicanze. Mi riferisco grossomodo a quelle che sono le categorie elencate tra le più esposte all’influenza; gli over 65 e i malati cronici. Laddove un malato cronico o immunocompromesso non potesse sottoporsi alla profilassi, sarebbe buona cosa che lo facciano i familiari. Comunque, chi vuole sottoporsi a profilassi può farlo liberamente.
Quanti contagi. Disponiamo dei dati relativi i risultati dei test fatti da noi e all’Ospedale cittadino e abbiamo notato che negli ultimi due mesi il numero dei contagi sale.
Nella settimana dall’11 al 17 dicembre sono stati fatti 300 test e 93 sono risultati positivi al SARS-CoV-2. Purtroppo, nello stesso periodo si sono avuti 21 ospedalizzazioni e 6 decessi. Ad ogni modo, per valutare meglio la situazione bisogna avere un periodo comparativo. Ecco qua: nella settimana precedente, dal 4 al 10 dicembre, i test erano stati 260 e i positivi 84. Quindi, il contagio si allarga. E ritorniamo al discorso degli spazi chiusi, riscaldati, scarsamente arieggiati, che favoriscono la circolazione dei virus, per cui il fenomeno dei numeri in salita ha una sua logica”.

I sintomi sono blandi o seri?
Dipende da individuo a individuo. Ci sarà chi avrà febbre elevata e manifesterà sintomi simili a quelli dell’influenza, poi ci sarà chi starnuta, chi avrà problemi simili alla sinusite… quindi, un ventaglio di sintomi da leggeri a seri.

Le maschere protettive?
Non sono obbligatorie, ma l’uso è certamente raccomandato. Farebbero bene a usarla le categorie degli anziani, dei malati cronici, quanti per vari motivi potrebbero andare incontro a serie complicanze. Chi le usa fa praticamente fa tutela in due direzioni: tutela sé stesso dal contagiarsi e se contagiato tutela gli altri dal contrarre il malanno.

Stiamo assistendo anche all’epidemia di pertosse: come va su questo fronte? È possibile o è consigliato vaccinarsi? Quanto dura l’immunità?
“Alla fine della settimana scorsa, in Regione erano evidenziati 70 casi di pertosse. È un numero non da poco, specialmente se si guarda agli anni precedenti. Questi 70 casi fanno riferimento a un solo mese. Di nuovo a titolo comparativo, nel 2016 abbiamo avuto 12 casi di pertosse, nel 2017 ne erano stati evidenziati 4. Negli anni del Covid, niente. Probabilmente siamo stati risparmiati, per così dire, dal lockdown, dalla mancanza di contatti. Ora le condizioni per il contagio ci sono ed è quello che sta succedendo. Il serbatoio, diciamo così, del batterio è l’uomo. L’epidemia di pertosse è ciclica, si ripete ogni 3-5 anni e l’immunità da vaccino non è permanente, bensì è soggetta a una perdita progressiva. La fascia più fragile è quella infantile, specialmente i bambini piccoli, i neonati. che possono sviluppare anche conseguenze più che serie. Per dire, encefalite, oppure gli attacchi di tosse possono portare anche a cianosi, vomito, soffocamento. La pertosse si trasmette per via aerea, con le goccioline di saliva, il percorso quindi è molto agevolato. In alcuni casi sarebbe opportuno rivaccinarsi, una sorta di booster, diciamo.
La malattia si sviluppa per gradi: esordisce come un raffreddore, raramente c’è qualche linea di febbre, poi subentra la tosse, che diventa parossistica, specialmente di notte e si manifestano difficoltà respiratorie. È molto, molto importante vaccinarsi in età infantile, poi in età adulta, dipende da soggetto a soggetto.
In caso di positività alla pertosse è importante isolare l’ammalato, almeno per il tempo di trattamento con gli antibiotici raccomandati. Dopo il trattamento antibiotico, non si è più contagiosi. La tosse permane, perché nell’organismo c’è ancora l’esotossina del batterio.
Mi preme sottolineare l’importanza di vaccinare contro la pertosse le donne in gravidanza, così il nascituro si immunizza a sua volta e mantiene l’immunità per sei mesi. Poi seguirà il normale protocollo delle vaccinazioni. All’Istituto abbiamo vaccinato finora una trentina di gestanti”.

C’è chi si lamenta di una tosse persistente in assenza di pertosse.
“Se non è stato fatto il test è possibile che abbia avuto la pertosse, ma dopo 21 giorni la persona comunque non è più contagiosa. Oppure potrebbe trattarsi di uno dei tanti virus in circolazione”.

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