Pola: Lo schema fisso è sempre riduttivo

Prima Summer School sul Reggio approach: riassunte le conoscenze e le esperienze a fine evento

0
Pola: Lo schema fisso è sempre riduttivo
Tutti i partecipanti alla Prima Summer School sul Reggio approach. Foto: Daria Deghenghi

In sessione plenaria per riassumere le conoscenze e le esperienze delle lezioni e dei laboratori a tema, i partecipanti alla prima Summer School sul Reggio approach di Pola e le due relatrici, Mirella Ruozzi e Marina Castagnetti, hanno inquadrato a scopo di sintesi e giudizio le nozioni chiave affrontate nella tre giorni dedicata alla pedagogia reggiana, una filosofia educativa che si fonda sul “bambino in quanto portatore di forti potenzialità e soggetto di diritti che apprende e cresce in relazioni con gli altri”. Marina Castagnetti ha passato nuovamente in rassegna i concetti chiave dell’approccio pedagogico concepito nel primo dopoguerra da Loris Malaguzzi, e quindi la differenza tra insegnamento e apprendimento, la strumentazione, l’osservazione degli oggetti da più punti di vista, l’assimilazione, la sollecitazione, il processo conoscitivo che poggia sui vari piani dal linguistico al cognitivo, dal fantastico al razionale, senza escludere il fenomeno estetico, che nella pedagogia reggiana assume un ruolo fondamentale. Il lato estetico della filosofia educativa di Reggio Emilia comincia già con l’occupazione degli spazi e la costruzione degli ambienti educativi e si parla quindi di architettura, strumentazione, di osservazione e produzione creativa, acciocché l’ambiente e l’atmosfera che ne derivi sia anche giocosa, piacevole, accogliente, idonea al divertimento.

La flessibilità della relazione
Un altro concetto non meno importante, sempre a detta di Marina Castagnetti, è la flessibilità della relazione, a partire dall’abbandono degli schemi e delle ripetitività che necessariamente derivano dai condizionamenti dell’età adulta. Il concetto dell’atelier aiuta a sgravarsi da questi condizionamenti perché permette di creare nuove relazioni e quindi nuove didattiche, invita alla scoperta e alla sperimentazione, fa scattare la molla del desiderio di cimentarsi in nuove capacità. Lo schema fisso è sempre riduttivo e ai comandamenti di “fare”, “eseguire”, “compiere”… si sostituiscono azioni meno perentorie di “prova”, “sperimenta”, “misura”, “manifesta”, “esprimi” e via elencando. In secondo luogo è sempre utile individuare nel gruppo quel bambino o quella bambina che si presta meglio a fare da documentatore, che in un certo senso saprà fare il portavoce del gruppo, delle sue dinamiche, esigenze e successi. Insomma, si tratta di allargare gli ambiti delle possibilità, costruire contesti, inventare, esplorare gli argomenti che stimolino il pensiero e l’immaginazione, trovare le modalità di rapporto più consone alla soggettività del bambino, ma non senza dargli un credito di fiducia. Generalmente parlando, il credito di fiducia reciproco (dall’educatore al bambino, dall’insegnante allo studente e viceversa) è la condizione da cui non è possibile prescindere nelle relazioni predicate dalla pedagogia reggiana. Ma la fiducia è una strada a doppio senso: va insegnata, sollecitata e coltivata perché tende a esaurirsi nel confronto e nei conflitti che necessariamente insorgono.

Un’iniziativa da proseguire
Alla rielaborazione dei temi e dei concetti chiave affrontati nei laboratori, è seguita una sessione di condivisione delle esperienze vissute con numerosi interventi dalla platea, incentrati sia sulla teoria che sulla pratica del metodo che vanno letteralmente dall’esplicazione dei valori universali alle descrizioni concrete delle necessità quotidiane spicciole, per esempio: come trascorre una giornata tipo nelle Scuole e Nidi d’Infanzia (istituzioni del Comune di Reggio Emilia), come si affronta il disagio di un bambino che si rifiuta di partecipare alle attività del gruppo, come si interrompe una sessione d’attività senza compromettere le dinamiche della sezione, come si affrontano le cattive notizie (per esempio un lutto in famiglia) e tante altre perplessità concrete che sul momento in cui si presentano sembrano non trovare supporto immediato in alcuna teoria pedagogica, fosse pure la migliore. A fine dibattito, le due promotrici di questa Prima Summer School sull’approccio educativo di Reggio Emilia, Tamara Brussich e Iva Blažević, rispettivamente presidente della Comunità degli Italiani e preside della Facoltà di scienze della formazione dell’Università degli studi di Pola, hanno ringraziato le educatrici, le studentesse e le docenti universitarie e le due relatrici, auspicando che l’iniziativa abbia un seguito in una seconda, in una terza e chissà in quante altre scuole estive (o invernali) ci sia la volontà di ospitare e frequentare in città negli anni a venire.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display