Pola. L’autunno ai mercati cittadini

Mandarini, melagrane, castagne: le bancarelle in piazza del Popolo hanno «cambiato» stagione

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Pola. L’autunno ai mercati cittadini
Uva fragola da gustare. Foto: DARIA DEGHENGHI

La spesa in piazza del Popolo sotto una pioggia di castagne amare, altrimenti dette matte: quelle degli ippocastani. Sono le ultime ore di sole e di caldo quasi estivo, per cui è bene approfittarne. L’autunno è per definizione il regno meteorologico dell’incertezza, visto che il ventaglio delle temperature spazia letteralmente dalle ultime caldane alle prime gelate e se le previsioni non avranno torto, questo fine settimana segnerà il punto di non ritorno. Nell’attesa che questo avvenga, ci muoviamo ancora tranquillamente tra le bancarelle in sandali, calzoncini corti e magliette senza maniche. A parte l’incertezza termica, l’autunno ha naturalmente il suo fascino. Per esempio, le foglie che ingialliscono per poi tingersi di rosa e rosso vermiglio, fino a cadere a terra e coprire le strade di un tappetto soffice e colorato che le prime piogge si porteranno via a brandelli. E poi ci sono i frutti della terra che in autunno sono uno spettacolo. Le zucche, le castagne, le melagrane, le giuggiole. Come non fermarsi a guardare, comprare, gustare? Il solo freno può essere il prezzo. Tutti si lagnano dei prezzi, e a ragione, perché le buste paga nel più dei casi sono sottili. Ma c’è tanta saggezza anche nelle considerazioni delle anziane “venderigole” che non possono fare altro se non sospirare assieme ai loro fedeli clienti: “Sì, signora, è tutto troppo caro, ma, vede, lavorare la terra è difficile”. Parole sante. Chi non ha mai arato, fresato, concimato, piantato e raccolto, difficilmente potrà capire le fatiche dell’ortolano e il valore col quale stima la sua merce. Con questa veloce digressione sulle ragioni dei punti di vista contrastanti, torniamo a parlare di merci e prezzi al dettaglio.
Ottobre e novembre sono i mesi dei mandarini. Gialli, maturi, succosi e dolci, si vendono a prezzi che variano a seconda dell’ordinazione in base alla formula: più ne prendi, meno ti costano. Per l’esattezza, il chilogrammo viene un euro e ottanta centesimi, due chilogrammi costano tre euro, mentre quattro chili e mezzo costano cinque euro. Va da sé che la miglior cosa da farsi è comprarne appunto quattro chilogrammi e mezzo, lasciarli al buio e al fresco e consumarli un poco alla volta nelle prossime settimane senza badare al prossimo rifornimento. In tanti fanno proprio così e non si pentono. Le melagrane costano uno, due o tre euro il chilogrammo, a seconda delle dimensioni e della qualità della merce e senza sconti sulle grosse quantità. I primi limoni, ancora verdi, si vendono a tre oppure a tre euro e mezzo. Gli stessi commercianti di agrumi offrono succhi di sola frutta pastorizzati senza coloranti e conservanti a quattro e a sei euro il litro in varie combinazioni (e proporzioni) di frutta a scelta tra mele, mandarini, bacche di aronia, melagrane. Insomma, un concentrato di vitamine che porta via il raffreddore in un battibaleno. L’uva è ancora presente sulle bancarelle, ma probabilmente è prossima all’esaurimento. C’è ancora del moscato e della fragola, del rosso montenegrino “vranec” a tre o quattro euro il chilogrammo. Le prugne si vendono invece a due euro e mezzo. I prezzi delle castagne vanno dai quattro ai sei, quelli dei marroni dai sei agli otto euro. Molto ricca e bella a vedersi la distesa di ortaggi a foglia verde, così tipicamente invernali, segno tangibile della fine della bella stagione. Sono tornati dunque, lattuga, radicchio, bietole e spinaci, cavoli e broccoli, rucola e cicoria. I prezzi? Si va dai due euro delle patate, delle cipolle, delle carote, dalla lattuga e della barbabietola, ai tre euro di erbette, spinaci, pomodoro e mais, ai quattro euro del sedano, dei broccoli, delle giuggiole fino ai cinque euro dei fagiolini e dei fagioli novelli, ormai agli sgoccioli. Ah, quasi dimenticavamo. Con quella delle castagne, è iniziata anche la stagione del radicchio, che costa 10 euro al chilogrammo o un euro l’etto, se preferite. Lavorare la terra stanca.

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