Ospedali. La manovra non piace all’SDP

La parlamentare Sanja Radolović e Danijel Ferić spiegano perché il partito è contrario alla centralizzazione

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Ospedali. La manovra non piace all’SDP
Danijel Ferić e Sanja Radolović. Foto: Daria Deghenghi

Col primo primo gennaio 2024 gli ospedali generali locali o regionali tornano sotto l’egida dello Stato che sta cercando soluzioni ai sempre crescenti deficit delle strutture gestite a livello locale ma con i contributi riscossi e distribuiti a livello nazionale. La soluzione del ministro Beroš per i mali della sanità non piace al Partito socialdemocratico istriano i cui leader regionali Danijel Ferić e Sanja Radolović hanno convocato ieri la stampa per esprimere la propria contrarietà alla manovra. Si tratterebbe, a loro avviso, di un regresso al modello centralizzato dalla salute, già sufficientemente pesante per la periferia perché i pazienti nelle aree rurali sono sempre penalizzati rispetto ai pazienti dei centri urbani e ciò in proporzione alla distanza tra centro e periferia.
Ma anche senza cercare l’uguaglianza laddove forse non la troveremo mai, Ferić e Radolović asseriscono che gli ospedali, una volta decentralizzati, non si possono più togliere alle Regioni con decreto unilaterale per tutta una serie di motivi. Semmai occorrerebbe spingere avanti il decentramento. Per esempio, nel caso polese, elevare l’ospedale dal rango di “generale” a “clinico”, consentire finalmente all’Università degli studi di Pola l’accredito per il corso di laurea in Medicina, riconoscere il titolo di docente ai medici che oltre ad esercitare la professione fanno ricerca scientifica. Anche ora, stando alla parlamentare Sanja Radolović, ve ne sono due o tre perfettamente in grado di assumere l’incarico, e si tratta di specialisti di Medicina interna, Ginecologica e ostetricia.
A detta di Ferić, il nuovo ospedale di Pola è stato sì costruito con impegno comune del governo centrale e degli enti locali e regionale, che difatti continuano a pagare le rate di tasca propria fino all’estinzione dei mutui, ma resta il fatto che la struttura originaria del 1975, è stata pagata direttamente dai cittadini di Pola per autotassazione, come si usava all’epoca. Togliergli ora quella che considerano ormai una proprietà pubblica esclusivamente di pertinenza locale, non è né giusto, né argomentato e probabilmente nemmeno costituzionale. A questo titolo Ferić adduce che già alcune amministrazioni regionali stanno pensando di presentare l’imminente riforma al vaglio della Corte costituzionale perché si esprima sulla sua conformità alle leggi e alla Costituzione. Ferić sollecita dunque il presidente della Regione Boris Miletić a seguire l’esempio, armarsi di avvocati e bocciare l’iniziativa del ministro Beroš sul nascere.
Quanto alle argomentazioni che una nuova manovra di centralizzazione di strutture sanitarie già decentrate più di vent’anni fa, fungerebbe da strumento d’aggregazione della committenza per ridurre i costi degli acquisti di farmaci, strumenti, presidi e apparecchiature mediche, Ferić rifiuta anche questa spiegazione. A suo dire gli ospedali vanno in deficit perché l’Istituto nazionale di previdenza sanitaria impone loro limiti alle spese assolutamente impossibili e poi pretende il pareggio di entrate e uscite nei bilanci consuntivi. Se l’ecografia in una clinica privata costa 50 euro e all’ospedale il costo convenzionato dello stesso esame è di 25 euro, è ovvio che qualcuno deve rimetterci. Naturalmente chi ci rimette sono i medici, sottopagati, e i pazienti, che per la fuga di cervelli all’estero non possono realizzare i propri diritti alla salute che lo Stato doverebbe garantire. Senza dire che un sistema malato come questo anticipa quasi sempre una nuova ondata di privatizzazione dei servizi sanitari…

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