Disoccupazione. L’estate è come un toccasana

A tutto agosto i senza impiego in Regione erano 2.347. Per fare un paragone a inizio anno erano in 3.850 per cui il calo è molto drastico. La fascia d’età maggiormente rappresentata è quella tra i 55 e i 59 anni

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Disoccupazione. L’estate è come un toccasana
La sede dell’Ufficio di collocamento al lavoro. Foto: GIULIANO LIBANORE

Dovessero mantenersi invariati i numeri della disoccupazione in penisola, ci si potrebbe ritenere, oltre che fortunati, anche ben che soddisfatti. Infatti, stando ai dati dell’Istituto nazionale per l’occupazione, a tutto agosto in Istria si contavano 2.347 disoccupati, di cui 1.257 donne. Ancora una volta, ma ormai sembra essere regola generale, la disoccupazione rosa supera quella degli uomini, in 1.090 senza impiego nello stesso periodo. Il più basso tasso di disoccupazione, guardando alle fasce d’età, risulta essere quella dei giovani dai 15 ai 19 anni, iscritti alle liste dell’Ufficio di collocamento in 57. Dato comprensibile, se si tiene conto che si è ancora nell’età della scolarizzazione secondaria. Poi, nelle fasce d’età a seguire si nota un costante aumento del numero dei senza lavoro, che sono 134 nella fascia d’età compresa tra i 20 e 24 anni (e quindi si tratta soprattutto di persone in possesso di una qualifica di media superiore e in minor numero di diploma o laurea); poi la statistica vede 218 disoccupati di età compresa tra i 25 e i 29 anni, 254 di età tra i 30 e i 34 anni. I disoccupati nella fascia d’età tra i 35 e i 39 anni sono 263, 317 di età compresa tra i 40 e i 44 anni, 260 nella fascia 45-49, 245 nella fascia 50-54, 336 nella fascia 55-59 mentre gli over 60 iscritti nella lista dell’Ufficio id collocamento sono 253. Risulta che la disoccupazione castiga soprattutto la fascia d’età tra i 55 e i 59 anni. Constatazione tutta nostra, ma solitamente sono persone che il mondo del lavoro considera “vecchie” e che quindi trova un impiego con difficoltà estrema. Altro discorso per la categoria degli over 60, che solitamente è quella che si sta approssimando alla pensione e che quindi, per quanto vecchia, ha per cosi dire un quasi “piano B” per cambiare la condizione.

Il paragone con il 2022
Dicevamo che, tutto sommato (ma guardando con occhi statistici e non con quelli di cerca un impiego), ci si potrebbe ritenere soddisfatti di questi numeri. Si tratta del solito “effetto estate”, che vede ridurre l’area della disoccupazione per l’impiego stagionale. Guardando alla situazione per come si presentava l’anno scorso, a tutto agosto i senza lavoro erano 2.430, per cui quest’anno si è sotto di poco. Si potrebbe dire impercettibilmente. Quindi, una stagione… copia l’altra. Come valutare, quindi, se la contrazione della disoccupazione se e quanto sia reale. Lo potrebbe far vedere il dato relativo ad esempio al mese di gennaio di quest’anno quando gli iscritti alle liste di collocamento erano 3.850. Diciamo che 1.500 disoccupati fanno eccome la differenza. Nel mese di maggio di quest’anno i senza lavoro erano 2.244 e in giugno 2.295. Luglio, infine, ha visto in Regione 2.390 persone in cerca di lavoro. Utile anche sapere che a tutto agosto 895 persone hanno realizzato il diritto all’indennità di disoccupazione.
Il numero più basso dei senza lavoro è stato registrato nell’Ufficio di Pinguente (39) e a seguire Pisino (158), Rovigno (165), Umago (180), Albona (256), Parenzo (278) e infine Pola (1.271), prima in questa triste classifica anche perché vede il numero più elevato di abitanti.
Se c’è chi cerca lavoro, c’è chi lo offre: i concorsi d’impiego a tutto agosto aprivano a 1.441 dipendenti.

La stagionalità dell’impiego
Ma questi, visti così, sono solamente numeri. Che aprono però ad analisi che possono imboccare direzioni diverse. In primo luogo emerge la stagionalità dell’impiego: sono anni e anni che l’estate dà un po’ di respiro a chi cerca lavoro e snellisce le liste dei senza lavoro. Impiego nelle strutture dell’ospitalità? Verrebbe da dire subitamente di sì, non fosse per il fatto che da un paio d’anni a questa parte il settore piange la mancanza di personale qualificato. Non ci si può improvvisare cuochi o camerieri, per quanto, a volte, seduti al tavolino di un bar ci si sentirebbe autorizzati a credere che a servire al tavolo siano persone che mai hanno tenuto un vassoio in mano. Molte posizioni, specialmente non di diretto contatto con la clientela, sono state coperte con forza lavoro straniera e qui certamente la mancata conoscenza della lingua ha avuto un suo peso non indifferente. Lavoratori stranieri sono però presenti anche nella vendita al minuto, nell’edilizia, nella produzione (non ce n’è rimasta tanta, in verità), quindi è comprensibile che non ci si possa fermare all’apparenza, ovvero, nel nostro caso ai numeri.
Ma le domande che ci possiamo porre noi, soliti comuni mortali, potrebbero anche risultare poco, come dire?… poco rilevanti: c’interesserebbe sapere se questi dati vengano poi trattati dagli addetti ai lavori oltre la statistica e i grafici. Per vedere in che direzione andare, per vedere quali siano i rami più fragili, quanto sia giusto mettere tutte le uova in un paniere (quello del turismo, settore effimero e terribilmente esposto all’effetto farfalla), per analizzare da che cosa dipenda la necessità di importare forza lavoro (signori datori di lavoro, forse le paghe troppo basse, gli orari impossibili, la scarsa tutela dei dipendenti: non dappertutto, ben s’intende). Insomma, quello che vogliamo dire è che va bene, la statistica si può anche leggere, ma se è fatta solo per questo, beh, no, grazie.

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