Memo museum, il passato in un alloggio vintage

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Memo museum, il passato in un alloggio vintage
Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Che fine ha fatto il Memo Museum of good memories di Pola, sito in via Scalier 4? Inutile voler sfidare la concorrenza spietata delle istituzioni museali regionali e del patrimonio storico-architettonico di Pola, ma nel suo piccolo è ancora “vivo” e continua ad offrire il suo modestissimo sguardo sulla città moderna tra gli anni ‘50 e ‘80. Se gli abitanti di Pola se ne saranno ormai saturati, il turismo “urban”, soprattutto dei tanti giovani di passaggio per città, avrebbe ancora di che stupirsi: la Tv formato cubo gigante, il telefono fisso con cornetta, disco selettore e numeri da comporre in codice, dischi lucidi in polivinile ecc. E i mesi della stagione di punta – luglio e agosto – sembrano essersi dimostrati generosi in quanto a visite registrate contro un biglietto d’ingresso dal costo che potremmo ben dire esoso: 8 euro per adulti e 6 per studenti, cifre che crescono fino a 13 rispettivamente a 8 euro quando si ricorre al servizio guida. Eppure, il numero di coloro che hanno varcato l’ingresso di questa palazzina vicina all’Arena è letteralmente raddoppiato rispetto all’estate scorsa. A confermarlo è lo stesso operatore museale, Jan Tataj, compiaciuto del fatto di poter resistere come proponimento espositivo nel tempo, nonostante l’assenza di supporti pubblici e una gestione completamente autonoma. “Un sostegno finanziario aggiuntivo ci tornerebbe utile, ma anche da indipendenti e autosufficienti possiamo ritenerci soddisfatti dei risultati. Il doppio delle visite costituisce un riconoscimento della qualità di quanto offerto in maniera interattiva. Da noi non si osserva soltanto. Si può anche abitare e riposare per un po’. Provare a consultare le riviste sul divano, maneggiare gli utensili della cucina, provare ad azionare i tasti di ferro delle macchine da scrivere e altro di proprio gradimento”. Un ambiente vintage insomma, di sicuro gradimento per coloro cui piace sempre più scoprire il fascino dell’usato.

Rovistando nella memoria
Mediante questa offerta culturale, che si differenzia dal repertorio museale standard cui si è abituati, Pola concede sempre l’opportunità di compiere un tuffo negli anni di un suo recente passato e scoprire l’epoca dei veicoli old timer, della vecchia e brava carta da parati che ricopriva e nascondeva i difetti delle pareti ingiallite, degli oggetti che ancora non rappresentavano uno status simbol sociale, dell’uguaglianza “artificiale-artificiosa” telecomandata dalla Jugoslavia di Tito, dei giocattoli di legno e dei primi rudimentali video games con fattispecie di joystick importati poco prima del grande crollo dell’ex Stato balcanico. E via rovistando, l’effetto che produce il Memo museum, inaugurato ancora nell’estate 2018, in via Scalier, negli ambienti abbandonati di una pasticceria, è sempre qualcosa di un non-so-che di familiare. Nulla è cambiato in quanto a reperti massicci (mobili) e l’odore che si respira, una volta dentro sa di stantio, tipico delle abitazioni da realsocialismo, dal colore legno piuttosto buie, spesso piene di tendaggi, tappezzerie e tappeti che hanno assorbito la patina dei decenni, facendo compiere al visitatore un tuffo in un’epoca che sembra recente, lontana e dimenticata al tempo stesso.

È anche l’effetto olfattivo a far scattare le emozioni. Permane l’aspetto apprezzabile di questa minuscola galleria in città, insito nel fatto che gran parte degli oggetti raccolti ed esposti sono generosi regali e contributi di famiglie e personaggi che hanno recuperato vecchi oggetti di famiglia da solai e scantinati. Ma, pur mantenendo anche un’inquadratura multimediale, dopo cinque anni espositivi, si denota che questo apporto un po’ déjà vu non è più bastevole e che necessita di cambiamenti, variazioni sul tema, approfondimento e arricchimento con nuovi tipi di allestimento sempre ispirati agli anni del Non-allineamento jugoslavo e di un’Europa divisa dalla Cortina di ferro. È per tale motivo che, come annunciato da Jan Tataj si intende fare incetta di ulteriori requisiti e testimonianze in grado di raccontare la vita a Pola negli anni che furono. Il Memo museo, organizzato a mo’ di alloggio da condomini popolari, fabbricati in serie e senza fantasia, con i medesimi schemi architettonici, verrà completato dall’unico angolo ora mancante. Un ambiente poco nobile e irrinunciabile: un servizio igienico. “Sì. Verrà allestito un wc in stile d’epoca jugoslava, che oltre ad essere un requisito da esposizione allargata, servirà alla sua vera funzione. Al visitatore l’opportunità di sentirsi realmente dentro un’epoca diversa. D’altra parte, continuano i cambi di allestimento per quanto riguarda i reperti più minuti, per i quali si continua a fare raccolta di offerte di cittadini interessati”.

Prego, accomodatevi
L’attuale allestimento, intanto si presenta come segue. L’atrio dopo l’ingresso mostra giradischi, apparecchiature radio massicce, un mappamondo, un goblen murario, centrini fatti a mano sopra un divano di velluto color daino che danno subito ad intendere che qualcosa non quadri con la contemporaneità. Lo sbalzo spazio-temporale è sempre visibile nella Piazza Foro in miniatura, ancora comodamente invasa dalle macchine. Di fronte, il pezzo forte dell’esposizione: una magnifica “fićo” gialla, nome popolare delle automobili Zastava 750, che su licenza dal modello italiano Fiat 600, usciva dalla linea di produzione della “Crvena Zastava” di Kragujevac a prezzo accessibile e di facile manutenzione. La visita guidata al Museo offre poi l’opportunità di sentire interpretata la storia di Pola attraverso i suoi oggetti, che in mancanza della medesima potrebbero correre il rischio di sembrare un ciarpame ammassato. L’automobile, dunque, non è soltanto un’automobile. La medesima racconta che a Pola, negli anni ‘70, questa macchinina, rumorosissima, scomodissima, con un bagagliaio ridotto a (quasi)niente, serviva anche per le manovre alla Scuola guida, che il ciclomotore per eccellenza, era quello della “Tomos automatic” prodotto dalla Tovarna motornih koles Sežana, su licenza della “Citroën” francese, mentre la bicicletta, identica per tutti, era la pony. Occhio agli apparecchi telefonici (produzione dello stabilimento “Iskra” di Kranj): incomprensibili per i figli dell’era del cellulare gli anni 70, quando in Croazia c’erano 54 apparecchi telefonici su mille abitanti. Sono i misteri delle generazioni che si accontentavano dell’apparecchio radiofonico con giradischi incorporato (“Melos Luxe” dell’”Elektronska industrija” di Niš), dei televisori con tubo catodico, delle cuciture sulla vecchia “Bagat”. Erano gli anni del trionfo del Festival del film all’Arena, in presenza di vip accompagnati dal Maresciallo Tito, dei grandi successi della cantieristica navale, della boxe e del rock polese, dell’apprezzata industria tessile “Arena”, delle aule con gli scolari obbligati a indossare la “titovka”. La mostra-museo con didascalie in 6 lingue è ancora aperta ogni giorno dalle 10 alle 22. Ingresso gratuito per tutti i residenti di Pola. Nei mesi invernali, invece, si prospetta la chiusura e la possibilità di compiere visite soltanto su prenotazione.

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