CI di Pola. Consumo di cocaina, l’unico limite è il prezzo

Convegno scientifico sul tema delle dipendenze nella Sala maggiore

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CI di Pola. Consumo di cocaina, l’unico limite è il prezzo
Sala gremita per il convegno sulle dipendenze alla CI di Pola. Foto: DARIA DEGHENGHI

Come un sostantivo singolare (tossicodipendenza) si sia trasformato in un sostantivo necessariamente plurale (dipendenze patologiche, a prescindere dall’oggetto dell’appagamento) è un’evoluzione semantica che ha accompagnato la transizione dal socialismo alla società dei consumi in meno di trent’anni, dimostrando una verità ormai inconfutabile e cioè che non è una presunta necessità fisiologia inarrestabile a creare il mercato e l’abuso, ma è esattamente il contrario: che sono un’offerta praticamente illimitata di droghe e svaghi in una società dai difetti di forma e contenuto platealmente giustificati a costituire quel brodo di coltura che farà proliferare una popolazione severamente colpita da dipendenze di ogni sorta. Il convegno scientifico sul tema delle dipendenze nel Mese della lotta alle dipendenze che si è svolto ieri alla Comunità degli Italiani su iniziativa della Città di Pola, è stato introdotto da Zoran Zoričić, psichiatra addittologo, primario dell’Istituto per le dipendenze del Centro clinico-ospedaliero “Sestre milosrdnice” di Zagabria, nonché presidente della Federazione nazionale delle società di alcolisti anonimi, e presidente della sezione specialisti delle dipendenze presso l’Albo dei medici, che ha tracciato un quadro fedele degli effetti collaterali (psichiatrici) della trasformazione che la società ha vissuto in poco più di trent’anni dal conseguimento dell’indipendenza.

La fine dell’epidemia da oppioidi
In primo luogo, gli anni Novanta hanno creato una vera e propria epidemia degli oppiacei, favorita da quella stessa permeabilità della Dogana che in tempo di guerra, per lasciar passare le armi contro i dettami dell’embargo internazionale, aveva finito per lasciar passare tranquillamente anche l’eroina. Morale della storia: nel giro di qualche anno le cliniche psichiatriche e i reparti di disintossicazione registravano fino a mille nuovi eroinomani ogni anno, e così fino alla fine dell’epidemia per esaurimento nel 2003, per cui da allora ad oggi i nuovi pazienti non superano i 120 o 130 casi l’anno, che, secondo il parere del medico, vengono gestiti anche meglio che in molti altri Paesi dell’Europa grazie ad un programma di riduzione dei danni (harm reduction) che serve se non altro a contenere la criminalità, la prostituzione e le malattie infettive: “La situazione con l’eroina è tale che solo due pazienti su dieci troveranno la forza per sottoporsi a un programma di disintossicazione a lunga scadenza. Gli altri otto non ce la faranno mai nonostante tutti i nostri sforzi per cui avranno sempre bisogno di quei 100 euro al giorno che non potranno guadagnarsi altrimenti che col crimine e con la prostituzione. In questi casi la società è in dovere di trattarli come esseri umani e offrire loro una terapia sostitutiva che, è vero, non cura alcunché né risolve il problema alla radice, ma almeno riduce notevolmente i danni per il paziente, per la famiglia e per la società nel suo insieme, per cui l’aspettativa di vita di un eroinomane non è più quella che era, tra i 43 e i 44 anni in media, ma raggiunge di norma i sessant’anni, avvicinandosi all’età media della popolazione generale”. In questi termini, ha concluso Zoričić, la Croazia supera in qualità la media assistenziale UE. Il trattamento farmacologico sostitutivo coinvolge circa 5.000 pazienti: una percentuale della popolazione ormai infinitesimale.

Pubblicità «regresso»
Insomma, da vent’anni l’eroina non è più un problema, o perlomeno non lo è nella misura in cui lo è stata trent’anni fa. Ma le buone notizie finiscono qui perché quelle cattive non fanno che moltiplicarsi di anno in anno, non senza la tacita complicità del marketing e più precisamente dell’industria della pubblicità, del ministero delle Finanze e quindi dello Stato in quanto tale. Come spiegare altrimenti il fatto che due spot pubblicitari su tre in prima serata hanno per oggetto birra, slot machine oppure servizi telecom? La prima tra le dipendenze dei croati è assolutamente l’alcolismo, con almeno 200.000 alcolisti, con una tendenza del consumo di birra che sale alle stelle mentre sono in netto calo i superalcolici, e con un’altrettanto preoccupante esplosione delle dipendenze da giochi d’azzardo e scommesse. In questo senso la società croata moderna è in perfetta sintonia con la cultura occidentale che promuove l’edonismo e l’individualismo esasperato mentre inibisce i valori dell’altruismo e del collettivismo, del sacrificio e della posticipazione della soddisfazione. “Quello che un tempo è stato lo spinello – una sorta di rito d’iniziazione del giovane in seno al gruppo – oggi è la striscia di cocaina” – ha spiegato Zoričić e aggiunto che anche in questo caso è stata l’offerta e non la domanda in sé a causare l’epidemia, tanto è vero che “oggi in sei o sette locali su dieci il barista è in grado di indicarvi il pusher di turno per un rifornimento istantaneo”. Ma la Croazia di per sé non fa testo poiché si tratta di un fenomeno paneuropeo piuttosto che nazionale: “Esaurito il mercato statunitense, i cartelli latinoamericani della cocaina hanno semplicemente spostato il target all’Europa attraverso porti internazionali come quello di Rotterdam e, benché sulla mappa del vecchio continente la Croazia conta e non conta, le cose non cambiano perché le briciole arrivano ovunque anche con la sola legge dell’inerzia”.

Coca in sette bar su dieci
Che poi non si tratti di briciole, è pacifico, se la riga ha sostituito lo spinello nei riti d’iniziazione giovanili. Il solo limite al consumo della cocaina è il suo prezzo che non ha pari sul mercato degli stupefacenti, afferma Zoričić: “Chi ha soldi fa uso di coca, e si tratta di manager ma anche di medici, mentre chi non ha denaro da buttare cerca l’alternativa economica: l’amfetamina, la coca dei poveri”. Quello che hanno in comune è l’illusione che non procurano dipendenza e infatti si ha la sensazione di poter smettere tutte le volte che si vuole, ma le cose stanno diversamente e anzi stanno esattamente come nel caso di tutte le altre dipendenze patologiche: “L’assuefazione – ribadisce Zoričić – porta inevitabilmente all’aumento del consumo perché dopo la luna di miele si è costretti ad assumere non per procurarsi il piacere ma soltanto per rimandare la crisi di astinenza”. Ovviamente a quel punto il circolo è chiuso e uscirne è quasi perfettamente impossibile. Il guaio della cocaina, oltre a tutto, è che le crisi di astinenza – diversamente da quelle degli eroinomani – sono di norma accompagnate da comportamenti psicotici, aggressione, paranoia e violenza per cui qualcuno può rimetterci la pelle, mentre il governo e lo Stato assumono di norma un atteggiamento pilatesco.

Libertà insopportabile
Difatti l’industria delle lotterie, delle sale giochi e delle ricevitorie è la proverbiale gallina dalle uova d’oro e nessuno ammette che l’erario fa i soldi anche a spese della sofferenza della gente. “La società incoraggia l’abuso di stupefacenti e il gioco d’azzardo ma poi condanna da ipocrita le vittime come se fossero dei falliti per conto proprio”. Alla base di tutto ciò, insiste il medico, c’è una “cultura dell’appagamento del piacere istantanea, dell’egoismo ma anche l’impossibilità di tollerare la stessa libertà che, una volta stabilita come illimitata, sfocia nel suo esatto contrario: la dipendenza da agenti esterni”. Da sostanze, relazioni, giochi, schermi, scommesse, sfide social, qualunque cosa pur di non dover confrontarsi col “vuoto che ognuno si porta dentro”. La soluzione sta sempre in un processo di maturazione che si accompagna alla responsabilità di ognuno per ognuno di noi e per tutti gli altri. Dopo questa illuminante conferenza di presentazione del dottor Zoričić, si sono avute altre relazioni e altri dibattiti tra esperti e pubblico (in platea soprattutto insegnanti, pedagogisti, psicologi, assistenti sociali e altre figure professionali legate all’educazione, alla formazione e all’assistenza sociale) con la partecipazione de dottor Luka Maršić, psichiatra addittologo e presidente del Club dipendenti da gioco d’azzardo (KLIK) e Kristina Pauro, psicologa presso il Dipartimento di salute mentale e prevenzione delle dipendenze dell’Istituto regionale di salute pubblica e presidente della Società istriana degli psicologi.

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