Un «occhio» fiumano alla scoperta dei segreti dell’Universo

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Un «occhio» fiumano alla scoperta dei segreti dell’Universo

Lo scorso ottobre è stato inaugurato sull’isola di La Palma, nelle Canarie, il telescopio Large-Sized Telescope LST-1, che rientra nella rete Cherenkov Telescope Array (CTA). Si tratta di un progetto globale che vede impegnati oltre 1.400 scienziati e ricercatori di 31 Paesi nella realizzazione dell’osservatorio di raggi gamma ad alta energia più grande del mondo, con 118 telescopi divisi tra due siti: uno nell’emisfero settentrionale all’Osservatorio di Roque de los Muchachos a La Palma, appunto, e l’altro nell’emisfero australe presso l’Osservatorio di Paranal, nel deserto di Atacama tra Cile e Perù.
LST-1 ha una superficie riflettente parabolica del diametro di 23 metri, un’altezza di 45, un peso di circa 100 tonnellate ed è sorretto da una struttura tubolare in fibra di carbonio rinforzata con tubi di acciaio. Il team che ha lavorato alla sua costruzione è invece formato da oltre 200 ricercatori di 10 Paesi: Brasile, Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Polonia, Spagna, Svezia e Croazia. A capo di quest’ultima c’è la prof.ssa Dijana Dominis Prester del Dipartimento di Fisica dell’Università di Fiume la quale, assieme al suo team del medesimo Dipartimento, ha dato un’impronta fiumana a un progetto colossale.
Prof.ssa, in che modo questo network di telescopi potrebbe fornire risposte a molte domande ancora irrisolte sul nostro Universo?
“Con il CTA avremo a disposizione un osservatorio unico al mondo per effettuare uno studio sistematico dei raggi gamma. L’obiettivo è lo studio dei fenomeni più violenti che avvengono nell’Universo come l’energia emessa dai buchi neri supermassicci, i pulsar o i quasar, ma il progetto potrebbe anche gettare una nuova luce su alcune delle grandi questioni ancora aperte come le onde gravitazionali o la materia oscura, ottenendo preziose informazioni sulla sua natura”.
Qual è il ruolo del team da lei guidato?
“Il nostro compito è quello di calcolare le prestazioni e la sensibilità del telescopio, il che è stato effettuato con l’ausilio del nostro supercomputer ‘Bura’. Al progetto collaborano anche i colleghi di Spalato, che invece sono impegnati nello sviluppo di un sistema hardware di supporto al quale ha peraltro preso parte il prof. Saša Zelenika della nostra Facoltà d’Ingegneria”.
Come siete entrati a far parte del progetto?
“Grazie al contributo offerto nella collaborazione internazionale MAGIC (Major Atmospheric Gamma Imaging Cherenkov telescope, nda) al quale abbiamo aderito nel 2008 assieme ai colleghi di Zagabria e Spalato. Successivamente si sono poi uniti anche quelli di Osijek. L’anno dopo, invece, siamo entrati nel CTA, mentre nel 2015 siamo stati invitati nell’LST dal momento che i ricercatori che avevano maturato una certa esperienza nel progetto MAGIC, potevano tornare molto utili nella realizzazione dell’LST-1, in quanto conoscevano già la tecnologia che sarebbe stata utilizzata nella costruzione dei nuovi telescopi”.
Ha preso parte all’inaugurazione?
“Sì, il 10 ottobre sono stata a La Palma sia in rappresentanza della Croazia nel progetto LST che del nostro team dato che prima della cerimonia, la quale peraltro ha visto la partecipazione di numerosi scienziati e ricercatori, tra cui anche il premio Nobel Takaaki Kajita, abbiamo illustrato i risultati del nostro lavoro e ciò su cui lavoreremo ancora in futuro”.
Entro quando verranno installati tutti e 118 i telescopi?
“Il progetto procede a tappe ed è molto difficile stabilirne i tempi. Intanto va detto che l’LST-1 è un prototipo che inizieremo a testare a breve e se le risposte sul suo funzionamento saranno positive, allora prenderà il via la costruzione di altri tre telescopi di uguali dimensioni a La Palma e di altri quattro in Cile. Il resto saranno telescopi di medie e piccole dimensioni”.
Quanto costa e chi finanzia il progetto?
“Il totale non lo so, però le posso dire che i quattro LST di La Palma costeranno verosimilmente 40 milioni di euro. Per esempio quello appena inaugurato è costato 11 milioni, finanziato dai Paesi inclusi nel progetto, con la Croazia che vi ha partecipato con una spesa di 11mila euro. Questo perché l’abbiamo ‘pagato’ di più con il nostro lavoro che con finanziamenti diretti, e poi per una questione di politiche sociali, nel senso che viene preso in considerazione il PIL dei rispettivi Paesi.
Quanto è importante per un piccolo Paese come la Croazia la presenza in un progetto così grande?
“È fondamentale nella formazione di studenti e giovani ricercatori non solo nel campo della fisica, ma anche nella progettazione e sviluppo di tecnologie hardware e software, che a loro volta possono venire applicate in diversi settori, come ad esempio nella medicina. A questo proposito, la strumentazione del CTA utilizzata per la rilevazione delle radiazioni cosmiche è stata poi impiegata anche nella diagnosi di tumori. Ciò che voglio dire, è che è la ricerca quella che ci fa andare avanti. Il fatto che a lasciare la Croazia siano soprattutto giovani con un’alta formazione mentre, viceversa, importiamo lavoratori nel settore del turismo, è un campanello d’allarme che dovrebbe farci riflettere. O andiamo avanti così oppure vediamo di seguire la direzione inversa, ad esempio quella intrapresa dal nostro Dipartimento di Fisica. Vi faccio un esempio: la collega Marina Manganaro, una ricercatrice siciliana con un curriculum scientifico eccezionale, di recente si è trasferita con tutta la sua famiglia a Fiume perché voleva fortemente lavorare con noi. Sia chiaro, tutti sono i benvenuti, indipendentemente dal livello d’istruzione, ma è proprio la partecipazione a progetti come questo a spingere il Paese verso il progresso economico e tecnologico”.
Passando infine all’attualità, un mese e mezzo fa la sonda “InSight” è atterrata con successo su Marte. Che cosa si aspetta da questa missione e quali risposte potrebbe fornirci?
“L’obiettivo principale è la raccolta di informazioni sulla storia evolutiva più remota dei pianeti terrestri nella più ampia formazione del sistema solare, attraverso lo studio approfondito della struttura interna di Marte e dei processi che hanno contribuito alla sua formazione. Il lander dovrebbe inoltre fornirci preziose informazioni sulla sua composizione chimica e l’eventuale presenza di acqua allo stato liquido”.
Di recente, a stuzzicare la fantasia di molti è stato l’ingresso nel sistema solare di Oumuamua, un corpo celeste lungo 400 metri e con uno spessore di 40. Considerata l’insolita forma a sigaro, due scienziati dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, una delle principali istituzioni scientifiche nel campo dell’astrofisica, hanno addirittura ipotizzato che si possa trattare di un’astronave aliena. Cos’è esattamente questo strano oggetto dal nome impronunciabile?
“Non c’è dubbio che si tratti di un corpo celeste molto curioso. Quel poco che sappiamo è che arriva dal di fuori dei confini del nostro sistema solare, ma sulla fantasiosa ipotesi aliena rimango alquanto scettica. In realtà l’unico dubbio che resta è si tratti di un asteroide o di una cometa”.

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