Magazzini ferroviari 31 e 32, una brutta fine

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Magazzini ferroviari 31 e 32, una brutta fine
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Fiume, nell’ultimo periodo, sta cambiando prepotentemente fisionomia e sin d’ora, assistendo ai lavori in corso nei numerosi cantieri a cielo aperto, volti alla trasformazione della città, se ne possono intravedere i futuri, nuovi… lineamenti. Tra i siti interessati – o che s’apprestano a diventarne oggetto – da tali mastodontiche opere edili finalizzate al progresso cittadino, ce n’è uno il cui futuro destino suscita un po’ di perplessità, ma non tanto per il progetto che vi verrà realizzato, che è anche buono, quanto per la scarsa (per non dire inesistente) sensibilità di chi di dovere verso parte del patrimonio industriale fiumano che qui vi trova posto e di cui in un mondo civile si andrebbe fieri, se non altro per il suo lato architettonico. Il lotto a cui ci riferiamo è rappresentato dai circa 15.000 metri quadrati di terreno edificabile in Žabica Ovest, sui quali l’azienda austriaca Best in parking si è impegnata per contratto a costruire nel prossimo triennio la nuova Autostazione di Fiume. Un argomento scottante, quello del terminal bus – soprattutto in termini politici –, che ha tenuto banco per ben due decenni e che settimane fa ha ottenuto il suo
(s)fortunato epilogo caratterizzato dalla firma del contratto di compravendita del lotto in questione, sinora cittadino, a privati. Una modalità di cui Fiume ovviamente non è pioniera, ma che lascia parecchio amaro in bocca. Per lo meno a quei cittadini (l’impressione è che ne siano rimasti ben pochi) che alla propria città, o meglio al suo ricco e importante passato, tengono davvero e ai quali soluzioni di questo tipo, dal sapore meramente economico e tutt’altro che affettivo, dispiacciono e rattristano. Ma non siamo qui per ripercorrere la genesi di un progetto andato in porto dopo che per anni era rimasto chiuso in uno dei cassetti di Palazzo municipale, contrassegnato tra l’altro da una spesa non indifferente in termini di stesura dello stesso. La vendita, se proprio non si sono potute applicare altre modalità di finanziamento, può essere giustificata se finalizzata a una soluzione che vada bene a tutti, soprattutto ai cittadini. E fin qui la questione regge. Fiume, con il suo crescente turismo, ha infatti sempre più bisogno di un’Autostazione degna di questo nome.

Il punto che preme chi scrive (e sul quale forse non tutti si troveranno d’accordo) è che il progetto della nuova Autostazione – di cui abbiamo più volte scritto seguendone le varie fasi –, prevede tra le altre cose anche l’abbattimento di due vecchi magazzini ferroviari siti nell’area portuale, precisamente quello a nord, contrassegnato dal numero 32 (che dovrebbe venire smantellato del tutto) e quello a sud, il 31, che guarda verso il porto (di cui dovrebbero rimanere in piedi soltanto i primi 50 metri, mantenendo a quanto sembra la parte in cui è allestita la mostra permanente sul siluro). La loro demolizione – per la quale, sorprendentemente, l’Ufficio per la conservazione e il restauro dei beni storico-culturali non ha avuto nulla da ridire –, servirà a fare spazio al nuovo complesso del terminal bus, il quale secondo progetto dovrebbe sorgere tra l’edificio della Direzione delle Ferrovie e il magazzino numero 33, meglio noto come ex Casa del ferroviere, chiusa da anni, che in un prossimo futuro – il porgetto sta fermo – dovrebbe diventare un albergo. Ciò che interessa ora, è la brutta sorte che toccherà ai magazzini 31 e 32, due costruzioni di indubbio valore architettonico, che a nostro avviso andrebbero salvaguardati e riqualificati. Come minimo perché a progettarli è stato il grande architetto ungherese Ferenc Pfaff, quello stesso a cui è dovuto il progetto di costruzione del palazzo neoclassico della Stazione ferroviaria, restaurato da poco. I due capannoni destinati alla demolizione risalgono agli inizi del XX secolo – Fraff li progettò attorno al 1907 – e si presentano di effettiva qualità visto che per la costruzione dei muri esterni si tornò all’uso del mattone, dopo una parentesi in cui era stato usato prevalentemente il cemento armato, materiale nuovo per l’epoca, ma non ancora del tutto perfezionato in quegli anni. Da materiale rivoluzionario, bisognava infatti migliorarlo in alcune sue manchevolezze, come ad esempio le sue pessime proprietà isolanti. I magazzini 31 e 32 rientrano, così, nella fase in cui Pfaff tornò sui propri passi in quanto al tipo di materiali di costruzione da usare e in cui optò, per l’appunto, per il molto più rassicurante mattone, come pure per la pietra, usata per edificare i muri al pianterreno dei due magazzini. Le colonne sono invece in cemento armato. Stabili vecchi, in grado di sfidare il trascorrere del tempo, belli anche se lasciati a deperire, come tanti altri esempi di patrimonio industriale fiumano, per il quale nessuno ormai sembra badare più di tanto. Alcuni, come i capannoni ferroviari 31 e 32, risultano oggi addirittura d’intralcio, motivo per cui non si è pensato due volte se abbatterli o meno. L’unica speranza è che l’attuale proprietario del lotto su cui poggiano, l’azienda austriaca, che per contratto pare abbia la libertà di modificare alcuni aspetti del progetto, abbia un po’ più di sensibilità verso il passato di una città così bella come lo è Fiume.

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