L’irrequieto «animo» della Fiumara

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L’irrequieto «animo» della Fiumara

La Fiumara o Eneo (Rječina in croato) ha rappresentato da sempre una fonte di vita, partendo dal fatto che la sorgente Zvir è ancora oggi la principale fonte di acqua potabile, a quello che il corso del fiume accompagnava le mura cittadine. Anch’esso, però, nel corso degli anni, ha vissuto le sue gioie e i suoi dolori, le sue arrabbiature, indispettendosi, talvolta anche seriamente, fino a inondare la città, come ha fatto nel 1898 o nel 1852, anno della famosa alluvione. In seguito alla stessa, i danni furono tali che addirittura la Cartiera dovette chiudere i battenti a causa dell’infiltrazione dell’acqua. Uno dei ponti sul fiume fu distrutto. Le mura di protezione costruite lungo il suo corso furono completamente devastate e furono allagati i piani bassi degli edifici circostanti. Per evitare simili calamità naturali, si decise di porre la Fiumara sotto controllo. Il piano prevedeva una deviazione della parte finale del corso del fiume a oriente. Il nuovo letto doveva essere più ampio e più sicuro del vecchio. I lavori di scavo durarono tre anni, dal 1852 al 1855. Così l’Eneo ottenne una nuova foce, in Brajdica. Il vecchio flusso fu chiamato Canal morto. Lo spazio a forma di triangolo tra i due corsi del fiume, prese il nome di Delta, secondo l’antica lettera dell’alfabeto greco. Canal morto fu ripulito e adattato di modo che anche le navi più grosse potessero esservi ormeggiate. Furono costruite le rive da entrambi i lati e poste bitte in pietra. Vi furono sistemati pure due ponti mobili al fine di lasciar entrare le grosse imbarcazioni nel canale. Fino alla Seconda guerra mondiale vi giungevano grossi velieri, più tardi navi e altri natanti. Spesso queste servivano a mo’ di mercati galleggianti: gli abitanti delle isole quarnerine e della Dalmazia vi trasportavano vino, olio, frutta e verdura che vendevano alla gente del luogo. Lo testimoniano le originalissime bitte per l’ormeggio delle navi risalenti all’epoca austro-ungarica, sopravvissute a tutte le autorità e alle guerre che pretendevano il capoluogo quarnerino. Oggidì, passeggiando lungo Canal morto, osservando le varie imbarcazioni e ascoltando i versi dei gabbiani in volo o di quelli che riposano su una di esse, si respira tutto ciò.

L’irruenza della Fiumara

Un palcoscenico naturale

All’epoca in cui la Fiumara ottenne il nuovo flusso, non si poteva neanche immaginare di quanti eventi si sarebbero susseguiti su quel “palcoscenico” naturale. In effetti, la storia dell’Eneo e di Canal morto collima con quella del confine tra Fiume e Sušak, poi confine tra l’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e proprio in quel luogo si sono avvicendate tante storie, felici e meno felici. Nel 1924, sotto il dominio del Regno d’Italia, lungo il canale furono costruiti una recinzione e un muro, mentre il movimento delle persone e il traffico di merci venivano rigidamente controllati. Le segnature impresse durante l’edificazione dello stesso sono ancora visibili lungo il bordo del fiume. La cappella di S. Giovanni Nepomuceno, nelle adiacenze dell’albergo Continental, rappresentava il luogo degli incontri, in cui le famiglie e gli amici potevano darsi appuntamento e scambiare due parole, gli uni dalla parte di Fiume, gli altri dalla parte di Sušak. Le protezioni che li separavano furono abbattute alla fine del secondo conflitto mondiale e con l’ottenimento di Fiume da parte della Jugoslavia.

Uno dei segni visibili del passato

La caduta dei ponti

Durante la turbolenta storia fiumana, sono stati costruiti numerosi ponti, sia sulla Fiumara che sul Canal morto, tutti distrutti svariate volte a causa di disastri naturali e piani di guerra. Quelli che collegavano Fiume e Sušak furono demoliti non una, ma ben due volte, durante il Natale di sangue nel 1920 e verso la fine della Seconda guerra mondiale. Canal morto deve la sua attuale forma e funzione alla nave Branko, schiantatasi contro il ponte levatoio all’incrocio dello stesso con Porto Baross. Durante quella collisione, il ponteggio è stato danneggiato e, da lì, non è più stato rimesso in uso, impedendo l’ingresso a imbarcazioni di maggiori dimensioni.

Oggi, perciò, sull’antico flusso navigano e si riposano tante piccole barche, oltreché i gabbiani e qualche papera errante.

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