ANGOLI CITTADINI La scuola femminile «Emma Brentari» all’insegna dell’estetica e della funzionalità

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ANGOLI CITTADINI La scuola femminile «Emma Brentari» all’insegna dell’estetica e della funzionalità
Il palazzo in via Dolac. Foto: RONI BRMALJ

Nella monografia “Giovanni Rubinich”, a firma di Deborah Pustišek Antić, si legge che negli anni Ottanta del XIX secolo, nell’ex Via Clotilde inferiore (oggi via Dolac), a causa del continuo crescere del numero delle allieve e del desiderio di frenare l’intensità della dominazione ungherese, è stato costruito il magnifico palazzo della Scuola femminile con insegnamento in lingua italiana “Emma Brentari” (in omaggio alla maestra, scrittrice e direttrice della stessa, nota con lo pseudonimo Dora Valle), al giorno d’oggi sede della Biblioteca universitaria. L’autore del progetto fu il giovane architetto triestino, Giacomo Zammattio, trasferitosi a Fiume nel 1884 dove, a detta della storica dell’arte e archeologa Radmila Matejčić (tratto da “Il ruolo degli architetti triestini a Fiume”), operò come progettista e imprenditore edile autonomo fino al suo rientro a Trieste, avvenuto nell’anno 1903. Talentuoso e ambizioso, intravide nella complessa commissione un’opportunità per dare prova del proprio talento e collaborò con il podestà Giovanni Ciotta nella comune tracciata politica culturale ideologizzata, interpretando lo spirito dello storicismo con stili personali. Infatti, non senza motivo, Zammattio fu incaricato di elaborare il progetto di ambedue le scuole elementari, due veri monumenti, una sita all’inizio e l’altra alla fine dello spiazzo Dolac, dove allora non vi era nient’altro che il vecchio albergo “Bonavia”, operante ancora oggi. Entrambi, influenzati dalle impressioni riportate dai loro soggiorni di Vienna e di Trieste, fecero proprie le immagini delle città centroeuropee e si prefissero di creare microrioni e di aprire nuove vie.

Uno spazio polifunzionale
La costruzione della struttura si presenta come un monumentale parallelepipedo a tre piani con forti marcapiani che ne accentuano l’orizzontalità e con le facciate animate da numerose finestre. A detta di Pustišek Antić, la posa del tetto della Scuola femminile “Emma Brentari” ebbe luogo nel maggio del 1887 e, come testimoniato dalla data riportata sulla facciata occidentale, tutti i lavori di edificazione, ultimati alla fine dello stesso anno, vennero effettuati dalla ditta “Depangher e Botta”. Per quanto concerne l’aspetto dell’edificio, l’autrice spiega che Zammattio si ispirò e si attenne ai moduli dell’alto Rinascimento e alla decorazione plastica del Sanmicheli e del Palladio. Inoltre, scrive ancora, all’entrata della sporgenza centrale collocò due identici portali, atti a far risaltare i due contenuti, quello dell’istituzione scolastica e dell’ Ufficio tecnico, di cui oggi se n’è conservato soltanto uno. Entrambi ponevano l’accento sulla polifunzionalità del monumentale e facilitavano la comunicazione con l’interno, nello specifico con il già accennato Ufficio tecnico, i depositi degli accessori teatrali e dei pompieri, nonché con la scuola. In concorso a ciò, l’architetto sistemò la scalinata nella torre rivolta al cortile e dedicò particolare attenzione al secondo piano, che assunse il ruolo di “piano nobile”. Per ciò che concerne lo spazio ospitante l’ente scolastico, su “La Bilancia” del 10 gennaio 1885 si legge che “come quello maschile, l’istituto femminile conterà da 12 a 15 sale da scuola, delle quali 2/3 per 50 scolari, le altre per 30 a 40 scolari, una stanza per le direzioni, una sala per le conferenze, gabinetti di fisica, chimica, biblioteca, una grande sala per il disegno e per lavori muliebri, una per le solennità scolastiche e, infine, l’abitazione per il bidello. La distribuzione dei locali è ideata assai felicemente in ambedue gli edifizi, specialmente in quello per i maschi, essendo congiunti insieme da un comodo, chiaro e bene arieggiato corridoio, disposto in guisa che da un punto centrale si può abbracciarne con lo sguardo i due rami principali. In quanto alla spesa del calcolo approssimativo fatto dal progettante essa risulta di f. 120000”.

L’intervento di Rubinich
A differenza degli interni, il manto di copertura esterno ha mantenuto in gran parte il suo aspetto originale: sul fronte principale dell’edificio si distinguono le finestre centrali a terminazione semicircolare e situate tra i doppi semicapitelli corinzi abbelliti da decorazioni plastiche del secondo piano, come pure gli oculi in corrispondenza del sottotetto, dove in precedenza era situata l’Aula Magna ornata da stuccature, figure e quadri, rimossi durante i lavori di ristrutturazione. La scuola fu edificata su un terreno ripido, ragione per cui – se vista da nord – si presenta avente due piani, mentre a est e a ovest se ne osservano tre. Sempre a detta dell’autrice, fino al 1902 il palazzo si avvaleva di un corpo orientale particolarmente stretto rispetto alla lunghezza della facciata principale, modificato successivamente dall’architetto Giovanni Rubinich. Rispettandone l’aspetto originale, il giovane architetto vi aggiunse cinque assi finestre, cosicché da quel momento in quel lato se ne contano nove. A parte i danni arrecatigli nel corso del Secondo conflitto mondiale, il palazzo fu notevolmente danneggiato anche dall’incendio, che praticamente distrusse gli interni. In concomitanza a ciò, per far fronte alle nuove necessità degli utenti, verso la metà del XX secolo, venne innalzato un tramezzo.

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