Andrej Poropat Tra l’incudine e il martello

Il presidente del Consiglio cittadino è spesso chiamato a fare da paciere tra maggioranza e opposizione

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Andrej Poropat Tra l’incudine e il martello

Per oltre un anno, il Consiglio cittadino è stato ostaggio della “guerra fredda” tra maggioranza e opposizione. Liti, veleni, accuse reciproche, continue provocazioni e sedute maratona che al confronto Filippide sembra un dopolavorista alle prese con i 100 metri piani ai campionati provinciali, hanno fatto sprofondare il parlamento fiumano in una spirale di tensione, complici i progetti milionari relativi alla Capitale europea della Cultura, su tutti l’arcinoto prestito di 44 milioni di kune. Alla fine della fiera, grazie a una risicata maggioranza, tutti i progetti sono stati approvati.
Intanto la settimana scorsa il Consiglio è tornato a riunirsi per la prima seduta del 2020. All’ordine del giorno c’erano solamente una decina di punti, nessuno dei quali, all’apparenza, avrebbe dovuto scatenare particolari scintille. Eppure, l’aula si è nuovamente trasformata in una bolgia senza esclusione di colpi contrassegnata, tanto per cambiare, da frivole dispute ideologiche. Per l’ennesima volta il presidente Andrej Poropat ha dovuto indossare i panni di paciere nell’arduo compito di cercare di placare i bollenti spiriti. Insomma, un ginepraio che ricorda da vicino le zuffe tra i bambini dell’asilo quando viene loro rubato il leccalecca.
Presidente, ci risiamo. Sulla carta sarebbe dovuta essere una seduta tranquilla e invece durante il question time gli animi si sono nuovamente scaldati. Se lo aspettava?
“Sì, e non soltanto perché nell’ultimo periodo i temi legati alla stella rossa e alla ex Jugoslavia sono stati al centro del dibattito pubblico, ma anche perché l’ultima seduta che includeva il question time era stata quella di novembre, quindi i consiglieri avevano un bel po’ di domande da rivolgere al sindaco. Poi è chiaro che c’è chi pone delle domande per ottenere delle risposte e chi invece lancia provocazioni per calamitare l’attenzione su di sé. Tocca quindi al presidente capire quando si esce dagli schemi di una discussione civile al fine di riportare il confronto sui giusti binari. Dal feedback che ricevo, ma anche da una mia personale percezione, penso che ora il dibattito sia molto più equilibrato rispetto a prima”.
Alcuni sostengono che lei sia un po’ troppo blando e che per condurre le sedute uno debba essere una sorta di sergente di ferro.

Andrej Poropat. Foto: Ivor Hreljanović

“Ah sì? Io ho sentito dire il contrario, e cioè che sono fin troppo rigoroso. Non credo che alzare la voce sia la soluzione più opportuna. Poi se uno continua a provocare e a non voler lasciare il pulpito, non posso mica prenderlo a forza e riportarlo al proprio posto. Piuttosto ricorro alla pausa, che risulta uno strumento molto efficace in questi casi”.
Altri invece l’accusano di essere troppo accondiscendente nei confronti della maggioranza.
“Cerco sempre di essere il più obiettivo possibile, ma è chiaro che non sempre mi riesce in quanto membro di un partito”.
Ed è proprio qui che volevo arrivare. Il suo è un doppio incarico: oltre a esercitare la carica di presidente, è anche consigliere dell’HNS. Ma lei in qualità di presidente del Consiglio non dovrebbe essere super partes?
“In Croazia soltanto il Presidente della Repubblica è ad di sopra delle parti e non è membro di un partito. Il nostro ordinamento prevede delle restrizioni proprio per garantire una determinata imparzialità del Presidente. Se poi questo debba essere super partes a tutti gli effetti o meno, non sta a me giudicare”.
Oltre a condurre le sedute, quali altri obblighi sono riservati al presidente?
“Soprattutto quelli di tipo protocollare come rappresentare la città a vari eventi o partecipare a ricevimenti, il che comunque prende abbastanza tempo. E poi dipende anche dal fatto se qualcuno voglia accollarsi ulteriori mansioni. Io ad esempio avevo introdotto subito all’inizio del mandato, una volta a settimana, il ricevimento dei cittadini. Un’iniziativa che porto avanti tutt’oggi. La durata prevista degli incontri è di un’ora, ma il più delle volte ci si dilunga anche sulle due ore perché sono davvero tanti i cittadini che vi partecipano. Spesso presenziano anche i vari capidipartimento, quando ci si occupa di determinate tematiche, e tal proposito posso dire con orgoglio che riusciamo a risolvere un buon 70% dei loro problemi e questo è davvero gratificante”.
Quali sono i problemi più comuni che li tormentano e di che cosa si lamentano maggiormente?
“Le tematiche sono le più disparate. Ad esempio, ultimamente si è parlato molto della nave Galeb, tra chi ne chiedeva il restyling e chi piuttosto l’affondamento. In tanti contestavano l’aumento dell’imposta comunale e poi ho sentito un sacco di testimonianze molto forti, storie di vita veramente non facili da ascoltare. Questi incontri sono l’aspetto del mio mandato di cui vado maggiormente fiero”.
Si parla spesso dei costi della politica e della pubblica amministrazione. Il Consiglio conta 37 membri, mentre ci sono città ben più grandi di Fiume che ne hanno molti di meno, come ad esempio Calgary, in Canada, che su una popolazione di 1,2 milioni di abitanti ha 15 consiglieri. Non crede che 37 siano un po’ troppi per una città come Fiume?
“In Croazia ci sono troppe unità d’autogoverno locale e praticamente tutti i Consigli sono ‘sovraffollati’. Nel caso di Fiume sarei sì favorevole a una riduzione, però ritengo altresì che 37 non sarebbero troppi qualora avesse mantenuto la superficie e il numero di abitanti precedenti al 1993 quando, in seguito al riassetto amministrativo, venne convertita in unità di autogoverno locale”.
Qualche tempo fa l’HNS aveva promosso una proposta, con tanto di raccolta firme, per chiedere il taglio del rimborso ai consiglieri. Che fine ha fatto quella petizione?
“La devo correggere: il taglio riguardava soltanto coloro i quali non si presentavano alla seduta e non giustificavano l’assenza. Alla fine però il sostegno dei cittadini non è sufficiente perché la proposta dev’essere approvata dal Consiglio”.
A quanto ammonta il rimborso?
“A circa 900 kune. Va però sottolineato che è inferiore rispetto ad altre città e comuni del circondario che magari contano 5.000 abitanti. Ed è assurdo perché capite bene che questi non possono avere lo stesso peso”.
Anche così non le sembra un po’ troppo alto?
“Dipende. Per chi viene e assiste alla seduta senza fare alcun intervento è certamente troppo alto. Viceversa, per chi partecipa attivamente alla discussione, fa delle proposte, studia i materiali e lavora ogni giorno a fianco dei cittadini su determinate iniziative, è troppo poco e spesso non è sufficiente nemmeno per coprire tutte le spese”.
Quello di presidente del Consiglio non è tuttavia un lavoro a tempo pieno, quindi lei di che cosa si occupa?
“Sono il direttore commerciale di un’azienda di famiglia”.
Riesce a conciliarli entrambi?
“La mia fortuna è proprio questa, ossia lavorare in una società di famiglia perché un privato di certo non tollererebbe tutte le mie assenze. Chiaramente la mia giornata lavorativa non dura 8 ore, ma 12, se non di più. Purtroppo alla fine chi ne risente sono la mia famiglia e i miei figli”.
Tra poco più di un anno ci attendono le elezioni amministrative. Un pensierino alla candidatura a sindaco lo sta già facendo?
“Non lo so… È ancora troppo presto. Anche se c’è chi vedrebbe di buon occhio la mia candidatura. D’altro canto, non mi dispiacerebbe un secondo mandato da presidente del Consiglio perché ritengo sia una carica altrettanto importante, ma soprattutto in grado di dare determinate risposte. Come peraltro dimostrano i risultati ottenuti in questi poco meno di due anni alla guida del parlamento. Magari non sono sempre visibili perché frutto di incontri privati con i cittadini, ma vi assicuro che sono più che soddisfatto di quanto fatto finora”.
Spesso la vediamo recarsi al lavoro sul monopattino elettrico. La sostenibilità ambientale è un tema che le sta a cuore?
“L’ho acquistato da poco e quando ho visto la facilità con cui va in salita, ho subito pensato che sarebbe stata un’ottima idea utilizzarlo per andare al lavoro. È un mezzo di trasporto alternativo che consiglio a tutti, anche se ad oggi in Croazia non c’è ancora un decreto che regoli il suo utilizzo. Occupa poco spazio, è leggero, lo puoi portare tranquillamente in autobus e in più è anche ecologico”.
Non tutti sanno che lei è pure maestro di sci…
“È una passione nata ai tempi dell’università quando con un gruppo di amici andavo a sciare e da lì a poco decisi di prendere il patentino. Sono un fedelissimo dei comprensori italiani, un po’ perché la preparazione delle piste è impeccabile e un po’ per la lingua dato che parlo l’italiano. Ho sempre insegnato a sciare agli ospiti croati, ma l’anno scorso per la prima volta l’ho fatto anche con gli italiani. Ma lo faccio per passione e non certo per soldi, come è stato invece il caso ai tempi dell’università. Anni fa facevo pure automobilismo partecipando a diverse gare, poi però ho smesso una volta messa su famiglia. Diciamo che mi piace sentire la scarica di adrenalina”.

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