Maurizio Tremul: «Volevano eliminarmi»

Il presidente dell'Unione italiana commenta la situazione che si è venuta a creare dopo la manovra decisa da sette consiglieri della Consulta di Capodistria: «hanno voluto cambiare le regole con un sistema che reputo scorretto»

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Maurizio Tremul: «Volevano eliminarmi»
Maurizio Tremul / Fotografia di Ivor Hreljanović

La Comunità nazionale italiana sta affrontando uno dei momenti più enigmatici, delicati, incerti e complessi degli ultimi trent’anni, scatenati da un fatto che non ha precedenti nella più che trentennale vicenda dell’associazione che rappresenta i connazionali di Istria, Fiume, Dalmazia, Slavonia occidentale e Moslavina. Il 9 gennaio scorso, sette consiglieri della Consulta dell’Associazione degli appartenenti alla Comunità nazionale italiana Unione italiana, ovvero l’Ui di Capodistria – Daniela Ipsa, Alex Zigante, Gianfranco Stanich, Gianfranco Kozlovič, Dyego Tuljak, Robi Štule e Jan Pulin – si sono riuniti e hanno nominato Astrid Del Ben nel ruolo di coordinatrice dell’Ui di Capodistria. I presidenti dell’Assemblea e della Giunta esecutiva dell’Unione italiana (di Fiume), rispettivamente Paolo Demarin e Marin Corva, hanno dichiarato successivamente di non essere stati avvisati dell’incontro e di esserne venuti a conoscenza degli esiti della medesima soltanto dalla stampa. Il 12 gennaio è stata presentata l’istanza di registrazione della nuova rappresentante dell’Associazione nel Registro delle associazioni dell’Unità amministrativa di Capodistria. Il 9 febbraio scorso l’iscrizione è stata effettuata e ufficializzata, per cui Astrid Del Ben è subentrata a Maurizio Tremul, il quale aveva ricoperto l’incarico dal 1998, ossia dalla fondazione dell’Ui di Capodistria, a oggi, come stabilito dall’articolo 9 del Regolamento di procedura dell’Assemblea Ui. A febbraio è avvenuto il passaggio delle consegne.
“Ciò che hanno fatto ha spaccato l’unitarietà della Comunità nazionale italiana e dell’Unione italiana. È inconcepibile che nella motivazione presentino questa mossa come un modo per rafforzarla. Invece, così hanno riconosciuto che esistono due soggetti che vanno ciascuno per la propria strada. L’unitarietà non esiste più”, così Maurizio Tremul, presidente dell’associazione, commenta l’accaduto. “L’Ui di Capodistria – rileva – l’abbiamo fondata in accordo con la Farnesina. Avevamo chiesto con il Memorandum del 15 gennaio del 1992, sul quale adesso qualcuno sproloquia, che venisse registrata un’unica Unione italiana. E di fatto e de iure, con la soluzione individuata è stato così fino al 9 gennaio, fino a quando qualcuno non ha voluto rompere le regole”.

«SI VUOLE SCONFESSARE UNA SOLUZIONE SOSTENUTA DALLA NAZIONE MADRE?» “È stata l’Italia – puntualizza – che ci ha sostenuto in questa battaglia. L’Italia si è felicitata di questa registrazione. Ogni virgola dello Statuto è stato coordinato con il Ministero degli esteri italiano, con le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, con i Ministeri degli interni e degli esteri di Lubiana”. “Il messaggio che lanciamo alla nazione madre, alla quale ci rivolgiamo per i finanziamenti, il sostegno politico e via di seguito, è che di questa cosa, sulla quale ci hai sostenuto, non c’importa nulla, che vogliamo andare per una strada diversa, che vogliamo avere due Unioni e non più una”, dichiara Tremul.
“Perché se è vero che esistono due soggetti giuridici, noi fino allo scorso anno abbiamo sempre parlato di un’unica UI, con due bracci operativi perché operiamo in due Stati diversi. Non c’era e non c’è altro modo di fare se vogliamo mantenere questo tipo di unitarietà. Un’unitarietà che si esplica nel fatto che l’Assemblea e la Consulta si riuniscono e deliberano congiuntamente e che uno dei due rappresentanti legali sia anche rappresentante legale dell’Ui di Capodistria, che ora non è. Nulla toglie che si possa modificare lo Statuto”, ci dice Tremul, spiegando che sempre per rispetto del principio di unitarietà i membri del Comitato dei garanti dell’Ui di Capodistria e di Fiume erano, fino al 9 gennaio scorso, sempre gli stessi.
“A chi giova creare una situazione d’incertezza con i nostri partner istituzionali? Qualcuno può dire che nel frattempo il mondo è cambiato. Lo riconosco, ma quali sono le proposte reali sul tavolo per mantenere l’unitarietà? Se le cose sono cambiate nel 2011 perché proprio adesso solo sulla questione del coordinatore dell’UI di Capodistria si è concentrata tutta l’attenzione di determinate persone?”, si è chiesto il presidente dell’UI. “Con quest’azione – aggiunge – sconfessiamo il sostegno politico, istituzionale e operativo che l’Italia ci ha dato 26 anni fa, che ci ha consentito di operare regolarmente e in piena legalità”.

«ATTI IN PIENA LEGALITÀ SE LETTI IN UN CONTESTO INTERNAZIONALE». “Si è voluto – ancora il presidente dell’Ui – cambiare delle regole con un sistema che reputo scorretto, adducendo al fatto che determinati nostri documenti sono inapplicabili. Mi riferisco all’articolo 9 del Regolamento di procedura dell’Assemblea dell’Ui. Nonostante lo stesso parere favorevole alla sua inapplicabilità, penso ad alcune parti dell’articolo 9, abbiano di fatto e de iure smentito questa tesi. Quel parere positivo, che sembrerebbe essere positivo o che è stato presentato come positivo, in realtà ha legittimato da parte di un legale assunto dall’Ui o da non so chi, ciò che è successo il 9 gennaio di quest’anno, nonostante ci sono stati altri due pareri legali che confermavano la piena legalità dei nostri atti se letti in un contesto internazionale, di consolidati rapporti tra Italia, Croazia e Slovenia”.
“Un gruppo di dodici consiglieri ha chiesto di ripristinare una legalità che invece era ed è in forza, in essere e incontestabile giuridicamente. La Giunta esecutiva ha dato un parere non vincolante, mentre poi in sede di Assemblea ha difeso quella proposta (la modifica dell’articolo 9 del Regolamento di procedura dell’Assemblea dell’Ui), che a scrutinio segreto non ha ottenuto i voti necessari. Quella era una decisione sovrana dell’Assemblea dell’Ui della quale la Consulta dell’Ui di Capodistria fa parte”.

«I CONSIGLIERI NON AVEVANO TUTTE LE INFORMAZIONI NECESSARIE». “Il 20 di novembre sono stato quasi gambizzato – si sfoga –. A Verteneglio non interessava a nessuno sapere cosa ci aveva detto tre giorni prima la premier Giorgia Meloni a Zagabria, nel corso di un incontro storico. L’unica cosa che interessava era il dato politico, far fuori Maurizio Tremul”. “Da oltre due anni e soprattutto dall’ottobre scorso ho letto e sentito una serie di considerazioni nella sostanza errate. Interpretazioni in libera fantasia e anche atteggiamenti nei miei confronti di sciacallaggio. Ho avuto tantissime testimonianze di solidarietà, ma sono mancate prese di posizione pubbliche all’interno dell’Unione a difesa del ruolo del presidente dell’Ui, per non parlare della mia persona”.
“Tutti dobbiamo essere consapevoli di una cosa. La precondizione per poter prendere una decisione ragionata e consapevole, nel rispetto della dignità e dell’integrità di ogni consigliere dell’Assemblea Ui, verso cui tutti dicono di avere grande rispetto ma nei cui confronti molti si sono comportati con disprezzo, è necessario che le persone dispongano di tutte le informazioni necessarie. Il 20 novembre e il 18 dicembre i consiglieri non avevano a disposizione tutte le informazioni necessarie per assumere una decisione consapevole, matura. E questo ha provocato il risultato che ha provocato. Molti si sono astenuti – sempre secondo il giudizio di Tremul – perché non avevano le informazioni”.

AUSPICATA UNA REVISIONE COMPLETA. ”Le riunioni dell’Assemblea del 20 novembre e del 18 dicembre hanno portato a un esito molto chiaro, ossia che rimane tutto com’è in attesa che si concretizzi un’altra iniziativa, portata avanti da un giovane consigliere dell’Ui, Enea Dessardo. Quest’ultimo ha espresso le sue opinioni anche il 20 novembre”. “Parliamo tanto di giovani – prosegue –, ma quando se ne trova uno che esprime un’opinione, che magari a determinate persone non va bene quel giovane viene bacchettato e ripreso. Mentre chi fa parte di organismi e fa quello che poi magari ha fatto, passa indenne”.
“Insomma – osserva infine –, la decisione dell’Assemblea era chiara in attesa che si avviasse una riflessione su come sistemare alcuni aspetti organizzativi, statutari, di regole interne, per armonizzare determinate questioni, mantenendo l’unicità dell’Ui e l’unicità di rappresentanza dell’Ui”. “Si sapeva che si stava preparando un’iniziativa di questo genere, che aveva avuto un numero rilevante di firme di sostegno, che poi è naufragata perché evidentemente non tutte le parti volevano partecipare a un’azione di questo genere, soprattutto quelle che avevano avviato la proposta di modifica dell’articolo 9 del Regolamento di procedura, poi dell’articolo 39 dello Statuto dell’Ui di Fiume e di tutta una serie di altre iniziative che hanno tutte un unico obiettivo”.

«È stato infranto lo Statuto»

Dal punto di vista di Maurizio Tremul la legge slovena non consente l’azione fatta dai sette consiglieri. “La loro decisione – fa notare – è stata registrata, ma sappiamo che ci sono organi dello Stato e di esempi ce ne sono a migliaia che assumono decisioni errate che poi vengono modificate e successivamente rimesse a posto. Neanche l’Unità amministrativa di Capodistria è esente dal commettere errori e in questo caso ha compiuto un errore”. “L’articolo 14 dello Statuto dell’UI di Capodistria – spiega – dice chiaramente che i membri della Consulta sono membri dell’Assemblea dell’Ui con sede a Fiume e che la Consulta si riunisce e delibera in seduta comune con l’Assemblea dell’Ui con sede a Fiume di qui è parte integrante, operando nel rispetto dell’ordinamento giuridico e statuale sloveno. Si sono riuniti da soli e hanno infranto lo Statuto dell’Ui. Non era mai successo”. “Il dato rilevante è che sette membri della Consulta hanno violato le regole dell’Unione, hanno violato lo Statuto, il Regolamento di procedura e altri atti dell’UI di Fiume e disatteso quelli dell’Ui di Capodistria”, ha affermato Tremul.
“Quando si sostiene – ancora il presidente dell’UI – che hanno operato nel pieno rispetto della normativa slovena si dice una menzogna. L’articolo 13 della Legge sulle associazioni slovena sancisce che il massimo organo è l’assemblea dei soci, ma dice anche che possono essere previsti anche altri organi. Cosa dice l’articolo 14? Che i membri della Consulta sono anche membri dell’Assemblea dell’UI e che la Consulta si riunisce esclusivamente in seduta congiunta con l’Assemblea. Allora mi chiedo di che cosa stiamo parlando? E su questa violazione dello Statuto dell’Ui e delle regole che l’Unione italiana si è data noto un assordante silenzio, a parte alcuni interventi in Assemblea. Lo dico da presidente dell’associazione, da garante dello Statuto e se qualcuno ritiene che io non sia il garante può avviare la procedura per esonerarmi. Questo è il fatto istituzionale rilevante. È stato violato lo Statuto, sono state violate le regole è stata fatta una cosa che la legge non consente”.

«CHI VIOLA LE REGOLE DEVE RISPONDERE». “Credo che sia giusto attendere la prossima sessione dell’Assemblea dell’Ui e vedere quali saranno le posizioni che saranno prese. Penso che l’Ui abbia il compito di difendere il patrimonio dell’Ui di Capodistria e l’unitarietà – rileva –. Abbiamo sette consiglieri che non contenti delle decisioni prese dall’Assemblea nel novembre e nel dicembre scorsi, decidono nel presunto nome della legalità, ma compiendo un atto contro legge di convocarsi autonomamente come Consulta, cosa mai avvenuto prima. Questo il dato rilevante che l’Assemblea deve stigmatizzare”.
“Chi viola le regole deve rispondere – è categorico Tremul –. Abbiamo due membri della Giunta che difendono la violazione delle regole. Gaetano Benčić ha difeso questa azione e Dyego Tuljak ha partecipato alla riunione della Consulta in sede separata. Ci sono delle responsabilità oggettive, dei membri dell’Assemblea e anche della Giunta che violano nostre le regole o difendono la loro violazione”. “Se un gruppo di consiglieri ritiene che l’attuale presidente dell’Ui violi le regole, non rispetti le decisioni dell’Assemblea o non lavori bene possono avviare la procedura per la revoca del suo mandato. Reputo d’aver sempre rispettato lo Statuto, che le scelte che abbiamo fatto sono giuste”, ha aggiunto Tremul, concludendo: “L’Assemblea deve fare chiarezza”.

«Rispetto, ma dissento»

“In queste settimane – ricorda il presidente dell’Ui – ho proposto anche all’interno della cosiddetta presidenza dell’Unione di trovarci e coordinarci. Possiamo avere idee diverse, ma dobbiamo cercare di arrivare a una sintesi. A Dignano è stato proposto di ripristinare la posizione precedente, bene ci sono le condizioni per farlo e riportare la discussione in sede di Assemblea e quindi va modificata la decisione del 9 gennaio. Si proceda a un dibattito serio, non inquinato da soggetti esterni, al quale devono partecipare i membri dell’Assemblea e gli organi dell’Ui ancorché non membri dell’Assemblea”.
“Il presidente dell’Ui e della Giunta esecutiva sono gli unici ad essere stati eletti direttamente. Io sono stato eletto a presidente e a coordinatore”, puntualizza. “È quanto stabilisce, appunto, l’articolo 9 del Regolamento di procedura dell’Assemblea Ui di Fiume attualmente in vigore, che parte dei consiglieri hanno cercato di emendare a Verteneglio lo scorso 20 novembre, ma senza ottenere i voti necessari per modificarlo. Incassata la sconfitta in aula, richiamandosi allo Statuto dell’Ui con sede a Capodistria, la maggioranza della Consulta ha scelto di intraprendere un’altra strada. Sette persone si riuniscono e decidono di cambiare le regole. Rispetto la delibera dell’Unità amministrativa, ma dissento”, conclude Tremul.

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