L’Ue vuole elettori sempre più giovani

La vicepresidente della Commissione europea, Dubravka Šuica, invita il Sabor considerare l’abbassamento dell’età per poter votare, ma dopo le elezioni

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L’Ue vuole elettori sempre più giovani

Storicamente l’età per poter votare alle elezioni tende ad abbassarsi. L’UE è interessata a coinvolgere il più possibile i giovani nelle elezioni. Nel marzo 2022 il Parlamento europeo ha raggiunto un compromesso sulle elezioni dell’UE che prevedeva l’abbassamento dell’età per votare a 16 anni per tutti gli Stati membri dell’UE, a meno che gli Stati membri non decidano altrimenti.
La vicepresidente della Commissione europea Dubravka Šuica ha invitato il Sabor a riflettere e discutere nella prossima legislatura sull’abbassamento dell’età di voto. Il tutto in vista delle elezioni europee in programma nel giugno prossimo e nell’ambito delle quali in cinque Stati membri dell’Unione europea potranno votare anche i minori di 18 anni, più correttamente i sedicenni e i diciassettenni. “Mi piacerebbe che ne discutessimo anche noi nella prossima legislatura del Sabor”, ha puntualizzato Dubravka Šuica affermando di essere orgogliosa che alcuni Stati membri dell’Ue hanno deciso di estendere la platea elettorale allargando il diritto di voto anche ai minorenni.
Piano di lavoro
Dubravka Šuica è intervenuta a Zagabria per presentare il Piano di lavoro della Commissione europea per il 2024. Lo ha fatto nel corso della 78ª sessione della Commissione per gli affari europei del Sabor, rilevando che si tratta di un Piano “diverso dai precedenti” poiché la Commissione presieduta dalla tedesca Ursula von der Leyen è all’ultimo anno di mandato. Stando alle sue parole quest’anno gli sforzi della Commissione saranno indirizzati in particolare alla chiusura di alcune delle iniziative avviate e ormai in dirittura d’arrivo e al passaggio di consegne con il prossimo esecutivo comunitario. Ha evidenziato il lavoro svolto sul fronte della neutralità climatica del continente, del migliorando delle condizioni per lo sviluppo e la regolamentazione dell’intelligenza artificiale, delle iniziative tese a stimolare la crescita economica e le sfide demografiche che è fondamentale affrontare affinché l’UE rimanga competitiva a livello globale.

Il presidente del Sabor Gordan Jandroković e Dubravka Šuica. Photo: Patrik Macek/PIXSELL

Demografia
La politica croata, che in seno alla Commissione europea coordina il Dicastero responsabile delle politiche demografiche, ritiene che le leggi debbano adattarsi a queste nuove condizioni affinché gli anziani rimangano più a lungo nel mercato del lavoro. Persone ricche di esperienza, che ritirandosi in pensione causano una fuga di cervelli sui generis. La commissaria ha affermato che il problema demografico può essere risolto solo attraverso una combinazione di misure locali, nazionali ed europee. Ha ribadito che la Commissione europea ha presentato a ottobre dello scorso anno un set di strumenti che gli Stati membri potrebbero attivare in questo settore. Ha annunciato, inoltre, che nell’ultimo anno di mandato, la Commissione, tra le altre cose, adotterà una nuova legge spaziale europea, condurrà un dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura e un’iniziativa sulla biotecnologia e la bioproduzione, lavorerà sui diritti dei bambini e presenterà una comunicazione sull’impatto dell’espansione dell’Unione sul suo funzionamento.
La prassi nel mondo
L’età minima di voto è stata più volte modificata nel corso della storia, e a diverse latitudini, con l’obiettivo di fotografare al meglio i cambiamenti socio-culturali intervenuti nella società. In Italia, ad esempio, fino al 1912 il diritto di voto era riservato ai maschi maggiori di 30 anni, con la possibile estensione ai cittadini maggiori di 21 anni che rispettassero determinate caratteristiche di censo o istruzione. Dal 1918, dopo la conclusione della Grande guerra, l’età minima fu portata a 21 anni, includendo indiscriminatamente anche quei cittadini minorenni che avessero prestato servizio militare. In generale i Paesi che permettono ai sedicenni di votare sono una manciata in tutto il mondo. Il numero aumenta se si conteggiano anche alcune dipendenze della corona britannica (isole di Jersey, Guernsey e Man) e le elezioni per alcuni organi legislativi a livello di autonomie locali.
Il Club 16
Il primo Paese a consentire il voto ai minorenni fu Cuba nel 1976. Nel 1988 fu il turno del Brasile, che con la costituzione approvata durante la presidenza Sarney contemplò la possibilità di un voto facoltativo per i giovani tra i 16 e i 17 anni, che diventa obbligatorio dai 18 anni fino ai 70. Il sistema di voto brasiliano sarà in seguito preso a modello dall’Ecuador nel 2008 e dall’Argentina nel 2012. In entrambi i casi il voto è concesso al compimento del sedicesimo anno, ma non obbligatorio fino ai 18. Ma quella del diritto di voto precoce non è una tendenza confinata al continente americano.
A portare per la prima volta in Europa il voto dei sedicenni è stata la Germania, che dal 1996 concede al Land della Bassa Sassonia la facoltà di eleggere in questo modo il proprio organo legislativo, regola da allora estesa ad altri nove Lander. Nel 2007 l’Austria ha deciso di abbassare l’età minima per recarsi alle urne di qualsiasi consultazione (pur mantenendo a 18 anni la soglia di maggiore età e diritti di elettorato passivo). Dal marzo del 2018 anche Malta si è unita al “Club 16”, che già dal 2015 aveva sperimentato tale soluzione per il rinnovo dei consigli comunali. Malta e il Belgio consentono ai giovani di 16 e 17 anni di votare alle elezioni europee, mentre l’ordinamento ellenico consente a chi ha 17 anni anche il diritto di votare alle elezione nazionale. Dal 2015 l’Estonia ha adottato i 16 anni come età minima per partecipare alle elezioni locali.

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