Euro-kune, da Capodanno stop alla doppia esposizione

Le associazioni per la protezione dei consumatori chiedono che questa direttiva venga prolungata per tutto l’anno prossimo

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Euro-kune, da Capodanno stop alla doppia esposizione
La doppia esposizione dei prezzi in euro e kune è in atto dal mese di settembre 2022. Foto Emica Elvedji/PIXSELL

Addio definitivo alle kune. Dopo l’introduzione dell’euro avvenuta il 1.mo gennaio, in Croazia per tutto il 2023 (ma anche negli ultimi quattro mesi del 2022) è rimasta in vigore la doppia esposizione dei prezzi. Ma da Capodanno i prezzi saranno soltanto espressi nella moneta unica europea, poiché il ministero delle Finanze, al momento, non ha intenzione di prolungare questa direttiva . Quindi, dopo 16 mesi di esposizione dei prezzi sia in euro che in kune, i cittadini saranno lasciati da soli, ossia saranno costretti a effettuare i calcoli in modo autonomo.

Secondo alcune ricerche, sono ancora tantissimi i croati a esprimersi in… kune, poiché  fanno difficoltà ad abituarsi all’euro, soprattutto per i prodotti alimentari e le bevande il cui prezzo è aumentato a causa dell’alto tasso d’inflazione.

L’obbligo di indicare i prezzi in entrambe le valute è in vigore da settembre 2022 e scadrà il 31 dicembre di quest’anno, periodo durante il quale i prezzi “devono essere chiaramente, facilmente visibili e leggibili” sia in kune che in euro. Quando l’anno scorso è iniziata la doppia esposizione, il tasso d’inflazione era del 12,8% a settembre e alla fine dell’anno era salito addirittura al 13,5%. Con l’ingresso nell’Eurozona il primo giorno del 2023, il tasso era sceso al 12% e da allora è gradualmente diminuito.

La presidente dell’Associazione dei consumatori croati, Ana Knežević, ha evidenziato l’alto tasso d’inflazione come il problema principale a causa del quale i consumatori croati non sono ancora riusciti ad abituarsi alla nuova valuta. “Dopo quasi trent’anni abbiamo adottato una nuova valuta, novità arrivata proprio nel periodo con il più alto tasso d’inflazione. I consumatori non sono riusciti ad abituarsi alla nuova valuta proprio perché i prezzi dei prodotti sono cresciuti in modo costante. I consumatori, soprattutto gli anziani, sono ancora confusi, e i nostri telefoni continuano a squillare, e la casella di posta elettronica è piena di email di cittadini che chiedono lumi”, ha detto Knežević.

La presidente dell’associazione ha aggiunto che i cittadini temono che, con la fine della doppia esposizione, si assisterà a un ulteriore aumento dei prezzi. Comunque sia, Knežević è del parere che l’abolizione di questa direttiva andrà a scapito dei consumatori. A ottobre, nell’ambito del progetto “cliente misterioso”, è stato registrato un ulteriore aumento dei prezzi. La birra, il lombo di maiale, il dentifricio da 75 ml e il detersivo per i piatti hanno registrato un forte aumento pari a 1,85 euro, ovvero 14 kune. Sugli scaffali “i prezzi di nemmeno un prodotto sono diminuiti”.

Pertanto, l’associazione ha inviato al ministero delle Finanze una richiesta per il prolungamento della doppia esposizione dei prezzi per tutto il 2024. Oltre ai timori espressi dai dai consumatori, l’associazione ha supportato la richiesta con alcuni dati che dimostrano come nessun Paese Ue che ha introdotto l’euro ha dovuto fare i conti con un aumento costante dei prezzi e un alto tasso d’inflazione.

“Secondo i dati statistici, i generi alimentari in Croazia sono aumentati del 30% negli ultimi due anni e, a parte i prezzi calmierati dalle varie decisioni del governo, tutti gli altri continuano a lievitare. Il ministero fa riferimento alle raccomandazioni della Commissione europea e alle esperienze dei Paesi che ci hanno preceduto nell’introduzione dell’euro e, in questo senso, si afferma che il periodo di doppia esposizione è stato sufficiente. Ma secondo le raccomandazioni di Bruxelles, non è vietato ai Paesi membri di continuare a indicare i prezzi in entrambe le valute se lo ritengono necessario”, ha ribadito Knežević.

Il ministero delle Finanze ha specificato che la legge prevede la doppia esposizione fino al 31 dicembre 2023 e che, secondo la raccomandazione della Commissione europea, al termine di questo periodo, la direttiva “deve cessare affinché i cittadini si abituino alla nuova valuta ufficiale”. “L’obbligo di doppia esposizione dei prezzi dovrebbe essere considerato esclusivamente come una misura di transizione dal punto di vista del meccanismo di protezione dei consumatori nel processo d’introduzione dell’euro. Rispettando le raccomandazioni della Commissione europea e le esperienze degli altri Stati membri che hanno recentemente adottato l’euro, riteniamo che il periodo complessivo di 16 mesi per la doppia esposizione sia adeguato per familiarizzare con la nuova valuta”, si legge nella nota del dicastero. Ma la conclusione di questo periodo “non deve in alcun modo essere né è una giustificazione per l’aumento dei prezzi di beni e servizi”. Se i commercianti continueranno a esporre i prezzi sia in kune che in euro per ancora qualche tempo, “dipenderà esclusivamente dalla loro buona volontà”.

La metà dei cittadini fa ancora la conversione

Comunque sia, l’aumento dei prezzi e l’alto tasso d’inflazione hanno portato a un lento adattamento alla nuova valuta, poiché la metà dei cittadini ancora converte gli euro in kune. Questi sono i risultati di una ricerca condotta dalla Facoltà di Filosofia di Zagabria e da un’agenzia di ricerca di mercato che monitora l’adozione dell’euro in Croazia. “Sostanzialmente, i croati non si sono ancora abituati alla nuova valuta. L’adattamento procede più lentamente di quanto previsto. A ottobre, la metà dei cittadini ha dichiarato che continua a convertire gli importi in euro nella vecchia valuta nazionale, ossia circa il 10% in meno rispetto all’inizio della ricerca effettuata nel mese di febbraio”, ha detto al sito index.hr lo psicologo della Facoltà di Filosofia di Zagabria, Nikola Erceg.

Lo psicologo Erceg ritiene che un gran numero di cittadini continui a convertire in kune proprio a causa dell’inflazione che ha influito sull’aumento dei prezzi di beni e servizi. Tuttavia, sottolinea anche l’aspetto psicologico. “Le kune sono state la nostra valuta per molto tempo e semplicemente, quando il prodotto è espresso in kune, sappiamo immediatamente, istintivamente, se vale tanto o meno. Con gli euro, semplicemente non abbiamo questa sensazione. Non ci rendiamo subito conto che se una birra in un bar costa 3 euro e 35 centesimi, questo vuol dire 25 kune. Soltanto facendo la conversione abbiamo un’idea chiara se vale la pena pagare così tanto questa birra”. Quindi, “presumo che fare la conversione in kune sia una sorta di garanzia per evitare di prendere decisioni finanziarie sbagliate. In questo senso, un’ulteriore complicazione è dovuta al fatto che i prezzi in euro sono più bassi in senso assoluto rispetto a quelli in kune e automaticamente 2 euro ci sembrano più convenienti di 15 kune”.

Erceg sostiene che prolungare il periodo di doppia esposizione dei prezzi sarebbe sicuramente utile, perché “i cittadini ancora non hanno un senso sviluppato per gli euro”. Perciò, vedere i prezzi espressi anche in kune “sarebbe vantaggioso perché faciliterebbe questo processo e probabilmente aiuterebbe i cittadini a prendere decisioni più razionali sulla gestione del denaro, ovvero a non spendere solo perché hanno l’impressione che i prezzi in euro siano più bassi e convenienti”.

D’altro canto, va detto che i cittadini “probabilmente si abituerebbero un po’ più rapidamente e attraverserebbero il processo di adattamento se la doppia esposizione venisse eliminata, perché ciò li costringerebbe a gestirsi da soli”.

Secondo gli ultimi dati, la metà dei cittadini ha uno stipendio inferiore a 1000 euro, e lo psicologo Erceg non vede spazio per errori finanziari dei cittadini e “l’apprendimento sulla propria pelle”. Crede che sarebbe meglio mantenere la doppia esposizione dei prezzi, anche a discapito di un processo di adattamento più lungo, perché questo aiuterebbe le persone a “gestire in modo più razionale e efficace i propri soldi.
Si tratta dell’illusione del denaro e descrive in generale il fenomeno per cui siamo più sensibili al valore nominale del denaro, al numero che vediamo, piuttosto che al suo reale valore effettivo, cioè quanto possiamo acquistare con quel denaro”, spiega lo psicologo Erceg.

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