Croazia. Referendum, alla ricerca di un compromesso

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Croazia. Referendum, alla ricerca di un compromesso
Foto: Patrik Macek/PIXSELL

Al Sabor è iniziato il dibattito sulle modifiche costituzionali tese a regolamentare la delicata materia dei referendum popolari. A promuovere l’iniziativa è stato il governo con il sostegno di 92 deputati della maggioranza e di parte dell’opposizione di centrosinistra. L’obiettivo delle modifiche costituzionali, secondo l’HDZ del premier Andrej Plenković, è in primo luogo quello di facilitare il ricorso allo strumento referendario, riducendo a 250mila il numero delle firme necessarie per promuovere una consultazione popolare. Dall’altro lato però la proposta presentata dal governo mira a introdurre una serie di paletti invisi sia all’opposizione di destra che di sinistra. Così la Corte costituzionale dovrebbe essere autorizzata a invalidare i quesiti referendari non conformi ai principi e ai valori dell’ordinamento costituzionale, nonché quelli riferiti a questioni che sono di esclusiva competenza del Sabor, del governo o del Presidente della Repubblica. Per di più i giudici avrebbero il compito di valutare la costituzionalità di un’iniziativa referendaria ancor prima che il promotore della stessa proceda alla raccolta delle firme. Inoltre “per assicurare la legittimità del processo decisionale”, come spiegato dal governo, verrebbe introdotto il quorum. Ovvero per modificare la Costituzione e le leggi organiche dovrebbe votare almeno un terzo di tutti gli elettori, mentre per gli altri quesiti referendari sarebbe sufficiente il sostegno di un quarto di tutto il corpo elettorale. Questi paletti, hanno affermato gli esponenti dell’opposizione, durante la discussione in aula sono tali da decretare il fallimento sul nascere di ogni iniziativa referendaria. Per giunta, sempre secondo diversi parlamentari di destra e di sinistra, i giudici della Corte costituzionale avrebbero un margine di manovra tale da inficiare fin dall’inizio ogni quesito referendario.
Apertura al dialogo
I deputati dell’HDZ hanno respinto queste critiche e hanno affermato che l’intento è in primo luogo quello di facilitare il ricorso al referendum, in quanto non sarà necessario più raccogliere le firme del 10 per cento del corpo elettorale (ovvero oltre 360mila sottoscrizioni), bensì basterà ottenere il sostegno di 250mila elettori. Il presidente della Commissione parlamentare per la Costituzione, il Regolamento e il sistema politico, Dražen Bošnjaković (HDZ), ha sottolineato che la maggioranza di governo è aperta al dialogo con l’opposizione ed è pronta a discutere delle questioni più controverse. Il dibattito attuale al Sabor rappresenta solamente la prima fase del processo che dovrà portare alle modifiche costituzionali, per cui c’è ancora parecchio tempo a disposizione per cercare un compromesso che accontenti un po’ tutti. Tanto più che praticamente tutti sono d’accordo sull’esigenza di mettere mano allo strumento referendario, ossia di regolamentarlo meglio.
Venerdì è previsto il voto sull’avvio ufficiale dell’iter di modifica della Costituzione. Anche una parte del centrosinistra è decisa a dare il proprio assenso, senza che questo debba necessariamente significare la disponibilità a sostenere in futuro a scatola chiusa le modifiche costituzionali proposte. Se si considera che per ritoccare la Costituzione serve la maggioranza qualificata dei due terzi di tutti i deputati è chiaro che alla fine, per mandare in porto le modifiche relative a referendum, le varie forze politiche dovranno giocoforza rinunciare a qualcosa e ricercare compromessi.
Ricorso alla piazza
Tra i punti più controversi vi è il richiamo alle questioni che sono di esclusiva competenza del Sabor, del governo o del Presidente della Repubblica. Secondo l’opposizione la formulazione è talmente generica e il ventaglio di questioni così ampio da rendere di fatto impossibile qualsivoglia referendum. I più duri in aula sono stati i deputati del Most. Così Marija Selak Raspudić ha dichiarato che se i cittadini non avranno più l’opportunità di canalizzare la loro volontà attraverso le consultazioni popolari non rimarrà che il ricorso alle proteste di piazza. L’opposizione di centrosinistra invece ha colto la palla al balzo per rilanciare il tema della protezione costituzionale del diritto all’aborto. Come rilevato dall’SDP, va introdotto nella Carta costituzionale il diritto della donna alla scelta per quanto concerne l’interruzione della gravidanza. Se non verrà accolto un emendamento in tal senso, l’SDP, come annunciato dal suo leader Peđa Grbin, non voterà a favore dell’avvio dell’iter per le modifiche costituzionali.
Minoranze sul chi vive
Dall’ottica delle minoranze nazionali, infine, quello che conta è che vi siano delle disposizioni precise che impediscano il ricorso ai referendum, ovvero a modifiche a colpi di maggioranza, dei valori e delle norme di fondo sui diritti dell’uomo e delle etnie. In precedenza non erano mancati singoli deputati che avevano problematizzato, ad esempio, il diritto dei parlamentari delle minoranze di votare la Finanziaria o la fiducia al governo. Chiaro l’obiettivo in questo caso di fare dei rappresentanti delle etnie dei “deputati dimezzati”. Con le modifiche ora in cantiere il rischio di sortite di tal fatta dovrebbe essere sventato sul nascere.
Sul tema delle modifiche costituzionali è intervenuto anche il premier Andrej Plenković durante la sua visita in Slavonia, esprimendo il suo apprezzamento per il fatto che al Sabor vi siano delle forze politiche ragionevoli che desiderano una migliore regolamentazione di questa materia. Chiaro il riferimento soprattutto ai Socialdemocratici che hanno dato sostegno all’avvio dell’iter parlamentare.

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