La lista dei desideri tra le cose da fare una volta usciti dal tunnel della pandemia è lunghissima. In cima troviamo sicuramente il caffè al bar con gli amici e una cena nel proprio ristorante preferito. Il conto alla rovescia per realizzarli sta finalmente per scadere: lunedì 11 maggio, con il via della terza fase di allentamento delle misure di contenimento, i servizi di ristorazione riapriranno le loro porte dopo parecchie settimane di chiusura. Ma nulla sarà più come prima: distanza tra i tavoli, guanti e mascherine per il personale, pagamenti preferibilmente digitali, pulizia e sanificazione dei locali, disinfettanti e gel igienizzanti per tutti e via discorrendo.
Il settore della ristorazione è dunque pronto a ripartire, impegnandosi a garantire la massima sicurezza di clienti e dipendenti, ma è chiaro come ciò non sia sufficiente per un ritorno immediato alla normalità. Fino a quando saranno in vigore le misure di distanziamento sociale, non sarà possibile lavorare a pieno regime. E le incognite sono molteplici, con tanto di ristoratori sul piede di guerra già prima del restart. Il motivo? Ad oggi, dalla Task force nazionale non sono ancora giunte le linee guide circa le esatte misure da adottare.
Uno o due metri?
“In Austria hanno comunicato le direttive ben tre settimane prima della riapertura proprio per dare tutto il tempo necessario ai ristoratori di riorganizzarsi… – commenta con amarezza il presidente dell’Associazione dei ristoratori della Regione litoraneo-montana, Josip Brusić –. Non sappiamo ancora nulla. L’unica certezza è che tutti gli esercizi dovranno rispettare la distanza tra i tavoli, ma non è ancora chiaro se di uno o due metri. Il fatto che a pochi giorni dalla ripresa delle attività non siano state ancora rese note le misure da applicare per poter procedere alla riapertura, ci sta creando grosse difficoltà. Se si tratterà di misure che non richiedono particolari modifiche degli spazi o nuovi costi, allora ci passeremo sopra. In caso contrario, l’arco temporale sarebbe troppo ristretto. In ogni caso, queste dovevano venirci comunicate molto prima e con largo anticipo. I ristoranti la cui principale clientela è rappresentata da turisti, quindi quelli che si trovano nei piccoli centri abitati, non riapriranno lunedì, ma verosimilmente a partire da giugno. Un po’ per prendere tempo e capire come funziona il tutto, e un po’ nella speranza che nel frattempo riaprano i confini. Viceversa, la maggior parte dei bar riaprirà anche perché, a differenza dei ristoranti, hanno costi fissi minori”.
Misure ragionevoli
Nei giorni scorsi l’Associazione regionale ha inoltrato al Comando nazionale della Protezione civile una bozza di proposte da inserire nel decreto. “Uno dei punti cardine – prosegue Brusić – riguarda la distanza tra i tavoli, che secondo noi non dovrebbe essere superiore a un metro. In secondo luogo, chiediamo che venga ripristinato il servizio anche all’interno dei locali perché bisogna tenere presente che non tutti gli esercizi dispongono di terrazze, per cui è necessario assicurare loro la possibilità di lavorare al coperto, adottando ovviamente le dovute misure igienico-sanitarie e di distanziamento fisico. Infine, chiediamo norme ragionevoli e non distanze di tre metri oppure barriere in plexiglass come paventato nei giorni scorsi. Il rappresentante dei ristoratori presso la Camera di commercio nazionale è in contatto diretto con il ministro degli Interni nonché responsabile della Task force nazionale, Davor Božinović, e gli epidemiologi, e di conseguenza ci auguriamo che le nostre richieste vengano prese in considerazione”.
Il nodo degli affitti
Un’altra questione aperta riguarda gli affitti. “Il costo dell’affitto viene stabilito in base alla capacità ricettiva dei locali. Qualora la distanza tra i tavoli venisse fissata a due metri, ciò significherebbe dimezzare la superficie del locale. Con le strutture di proprietà delle amministrazioni locali, molto probabilmente sarà possibile arrivare a un compromesso e rinegoziare i costi, mentre invece con i privati sarà molto più difficile. Per compensare il crollo dei ricavi, i costi d’affitto dovrebbero venire tagliati del 50-75 p.c. se si vuole viaggiare in attivo. Purtroppo però, alla luce della situazione attuale, temo che molte strutture quest’anno rimarranno chiuse”.
Luoghi di socializzazione
“Indipendentemente dalle linee guide, una cosa è certa: lunedì non riapriranno tutti gli esercizi. Anzi, credo che soltant la metà di bar e ristoranti sul territorio liburnico lo farà – sostiene il presidente dell’Associazione dei ristoratori e degli artigiani di Abbazia, Robert Marinčić –. Chi non ha la possibilità di estendere la superficie delle proprie terrazze, rimarrà sicuramente chiuso. E poi va bene allargarle come concesso da alcune amministrazioni locali, ma se dovesse piovere per giorni? Non tutti sono muniti di pergole e tende. I bar sono essenzialmente luoghi di aggregazione e socializzazione. Capite bene che un cliente non si troverà a suo agio seduto al tavolo con il vuoto attorno. Non tornerà più e la prossima volta si prenderà un caffè in edicola, che peraltro è una forma di concorrenza sleale, per berselo su una panchina in riva al mare”.
Un ruolo cruciale lo giocherà la riapertura dei confini, data la vocazione turistica della Liburnia.
Abbassare l’IVA
“Temo che alcuni saranno costretti a chiudere nuovamente e quelli stagionali non riapriranno nemmeno, o soltanto per uno o due mesi qualora dovesse ripartire la stagione turistica, ma è chiaro che a questo proposito al momento non ci sono certezze. Sugli ospiti stranieri ricade più della metà di tutti i ricavi nel comparto della ristorazione. Senza una forte componente turistica, avremo inevitabilmente un crollo vertiginoso della clientela, il che metterà a forte rischio i posti di lavoro, provocherà tagli degli stipendi e un rincaro del costo di obblighi e servizi. Senza tralasciare il problema dell’IVA, che rimane al 25 p.c.. Negli altri Paesi i governi sono venuti incontro ai ristoratori abbassandola, sebbene già prima fosse molto contenuta, come nel caso della Germania. Lo Stato deve darci una mano e fissarla al 13 p.c., sia per il cibo che per le bevande, come avvenuto già per gli albergatori. Le amministrazioni locali ci sono venute incontro cancellando determinati obblighi per due mesi, ma a partire da giugno verranno ripristinati. Mi chiedo come faremo a coprirli se avremo il 50 p.c. di clienti in meno”, conclude Robert Marinčić, peraltro titolare di uno dei ristoranti dell’Abbaziano. “Ci stiamo preparando alla riapertura, ma se le direttive saranno troppo rigide, non lo faremo. Ci sono ancora troppe incognite, punti non chiari e contraddizioni”.
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