Acquacoltura dell’Adriatico, un progetto contro i pregiudizi

Nell’Istituto di veterinaria presentato il programma AdriAquaNet nell’ambito di Interreg Italia-Croazia volto allo sviluppo e alle innovazioni del settore

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Acquacoltura dell’Adriatico, un progetto contro i pregiudizi

Acquistare e mangiare pesci d’allevamento per molti è ancora un’eresia. Che sia una questione culturale o di pregiudizi, c’è chi li ignora per una questione di principio e, in mancanza d’altro, si va in macelleria a comprare delle bistecche. In questo caso si è più disposti a chiudere un occhio e non ci si chiede dove e in che modo sia stato allevato il manzo o il maiale.

Le risorse ittiche, quelle naturali, non sono inesauribili, motivo per cui, prima o poi, se non saremo disposti a rinunciare al pesce di mare, non avremo scelta. Ci sono modi e modi per allevare, anche in riferimento agli organismi marini.

È il contesto in cui è nato il progetto AdriAquaNet, presentato ieri a Fiume all’Istituto di veterinaria. Vi hanno preso parte i rappresentanti dell’Istituto di veterinaria di Zagabria, cioè il direttore Boris Habrun, Jelka Pleadin come responsabile del laboratorio di chimica analitica e Snježana Zrnčić, consulente per le malattie di pesci.

Boris Habrun, Greta Krešić, Jelka Pleadin e Snježana Zrnčić.
Foto: RONI BRMALJ

Sviluppo e innovazione

“Il progetto di sviluppo e innovazione nel settore dell’acquacoltura dell’Adriatico si svolge nell’ambito del circuito Interreg Italia-Croazia di collaborazione transfrontaliera e riunisce i ricercatori di entrambe le parti – spiega Snježana Zrnčić –, con l’Università di Udine che è il nostro partner principale. Sono coinvolti diversi istituti e istituzioni, ma anche i produttori stessi, come “Friškina” di Spalato e “Orada Adriatic” di Cherso. Ci sono anche un allevamento e un produttore pugliesi. Quindi, è compresa l’intera filiera, dalla produzione alla lavorazione, fino alle ricerche di mercato”.

Si tratta di un progetto della durata di 3 anni e mezzo, finanziato con i fondi dell’Unione europea, più precisamente con quelli per lo sviluppo regionale nel programma di collaborazione transfrontaliera tra Italia e Croazia. “Lo scopo principale – ha precisato Snježana Zrnčić –, è quello di introdurre delle innovazioni in funzione di un allevamento sostenibile che prevede la sostituzione dei mangimi, in quanto la farina di pesce, considerate le limitate risorse ittiche, potrebbe non bastare più. In questo senso stiamo cercando delle soluzioni introducendo dei mangimi nuovi, studiati in laboratorio, contenenti proteine provenienti dal pollame o dalle larve delle mosche stratiomidi. I colleghi dell’Istituto di oceanografia hanno confermato che vi sono stati degli ottimi risultati in laboratorio con queste tipologie di mangimi che poi sono state adottate per le orate e i branzini”.

Il programma vuole essere innovativo anche nell’approccio, a partire dall’utilizzo di energie rinnovabili. Con i pannelli fotovoltaici, per esempio, vengono alimentate le imbarcazioni che operano nei perimetri delle gabbie. Inoltre, c’è anche un nuovo approccio alla salute dei pesci stessi, soggetti a varie malattie. Per eliminare certi batteri e parassiti, di solito vengono utilizzati dei prodotti chimici, mentre l’AdriaAquaNet vuole promuovere delle soluzioni naturali, con due vaccini e un insetticida naturale biodegradabile, a differenza di quelli sintetici. Inoltre, si stanno sperimentando degli estratti ricavati dalle spugne, da conchiglie e altri organismi marini.

Le orate d’allevamento.
Foto: VOR HRELJANOVIĆ

Ricerca di mercato

Nella filiera c’è, all’ultimo posto, il consumatore. Greta Krešić, docente alla Cattedra di Marketing per l’alimentazione della Facoltà di Management nel turismo di Abbazia, ha illustrato il progetto da un altro punto di vista: “Il nostro ruolo è stato quello di svolgere delle ricerche di mercato a tre livelli, cioè tra la popolazione, tra i ristoratori e i loro ospiti. L’intento è quello di conoscere meglio le abitudini alimentari e il livello di accettazione del pesce d’allevamento”.

I dati emersi confermano quella che è stata la nostra prima considerazione: “Abbiamo compreso che ci sono molti pregiudizi in tutte le categorie. In effetti, sono pochi coloro che sono disposti ad acquistare e consumare pesce d’allevamento. Noi abbiamo stilato un piano di promozione destinato a piccole e medie imprese, con il quale queste ultime possano raggiungere i loro acquirenti e consumatori, infrangendo i pregiudizi. Abbiamo pubblicato un depliant puntando su tre categorie, cioè quella dei bambini, degli sportivi e degli anziani. In tale contesto abbiamo provveduto a un’analisi delle proprietà nutrizionali di pietanze a base di pesce d’allevamento. La conclusione è che il pesce allevato bene può essere la base di un pasto dalle ottime caratteristiche nutrizionali per tutte e tre le categorie. Inoltre, sono stati realizzati anche due video promozionali”, conclude Snježana Zrnčić. I nutrizionisti raccomandano di consumare pesce due volte alla settimana. In media siamo lontani da questi livelli, ma se dovessimo seguire i consigli le risorse ittiche naturali sarebbero destinate a esaurirsi in tempi brevi.

I branzini d’allevamento.
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

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