PERCORSI EUROPEI Pace in alto mare, guerra alla ribalta

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PERCORSI EUROPEI Pace in alto mare, guerra alla ribalta

Niente di nuovo sul fronte orientale; parafrasando Erich Maria Remarque. Purtroppo, al contrario, di nuovo ce n’è: la guerra si sta intensificando. L’invasione russa si sta tramutando in una guerra di trincea, provocando indiscriminati bombardamenti e migliaia di morti tra i civili e i combattenti, non solo ucraini. Il 26 di aprile si è tenuto uno spettacolare evento, su invito del ministro della Difesa USA, Loyd Austin, nella base di Ramstein (Germania) si sono riuniti 43 ministri della Difesa di altrettanti Paesi. L’incontro è stato presentato all’opinione pubblica mondiale come una “coalizione di volonterosi” della democrazia, per discutere degli aiuti in armi all’Ucraina dilaniata dalla crudele aggressione russa. Ahimè, tra questi Paesi figurano alcuni che non hanno niente a che fare con il concetto occidentale di democrazia. In primo luogo la Turchia, che ha deferito all’Arabia Saudita il processo sulla macellazione del giornalista Khashoggi e dove, pochi giorni fa uno degli oppositori di Erdogan è stato condannato all’ergastolo. Il Qatar, la Giordania, il Kenya, la Liberia, il Marocco e la Tunisia non sono delle democrazie, ma monarchie assolutiste o “Stati falliti” (o quasi), come li chiamano i politologi. Se c’era da discutere sulle armi da inviare in Ucraina, l’Unione europea doveva farlo per prima; perché l’Ucraina è una nazione europea e l’UE si vanta, nel Trattato di Lisbona, che il suo primo obiettivo sono la pace, il benessere e la solidarietà dei popoli europei.

Dunque, ancora un fallimento dell’UE, che si è mossa tardi e male. I politici europei si sono recati in processione da Zelenskij, ma ognuno per sé, a nome del Paese di appartenenza. A nulla è valsa la visita di Ursula von der Leyen e di Charles Michel, massimi esponenti dell’UE. Purtroppo, in questo caso anche l’Europa, cosi mal unita, è diventata ostaggio del “complesso militare-industriale”, come a suo tempo il Presidente – e generale vittorioso della Seconda guerra mondiale – Dwight Eisenhower – si volle accommiatare dalla Presidenza USA, avvisando il suo Paese – e gli altri – che i politici non devono diventare ostaggi dei produttori d’armi. D’altra parte, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, ha visitato Mosca e Kiev, rischiando di venir dichiarato persona non grata dal Presidente-attore Zelensky, che ormai si è preso la liberta di bacchettare i governi dell’UE a sua volontà.

In questa guerra, che non si può vincere, ma che tutti possono perdere perché il burattinaio di questa assurda carneficina, il Presidente russo, è cinicamente disposto a usare le armi nucleari strategiche in caso di ritorsione dei “volonterosi” con attacchi sul territorio russo, come ha ipotizzato il premier britannico Boris Johnson e come minacciosamente hanno fatto sapere dagli USA Biden e Austin.

Molti sono gli statunitensi che tentano di riportare i propri leader politici al realismo politico – e di spingere verso i negoziati per la pace, che sono l’unica via d’uscita. E chiaro che Putin non vuole parlare con Zelensky, vorrebbe farlo con Biden, ma non bisogna dimenticare che è in corso anche una guerra a colpi di disinformazione: questo conflitto viene descritto come uno scontro tra democrazia e autoritarismo. Ma il mondo è più grande del G7: l’intera America Latina, buona parte dell’Asia, il Medio Oriente, la Cina, l’India, l’Africa possono – e devono – condannare le atrocità commesse dall’esercito e dalle milizie russe, ma non per questo stanno dalla parte della NATO, perché non dimenticano le umiliazioni e il razzismo subiti dagli USA.

E qui, in extremis, l’UE dovrebbe tornare sulla scena e prendere l’iniziativa per i negoziati di pace, perché anche se questa guerra durerà anni, forse decenni, come tutti i conflitti finirà con una pace. Prima si fa, meglio è per le povere vittime, i bambini, le donne, gli anziani e soprattutto i poveri – che non possono scappare perché non hanno i mezzi per farlo e sono i primi a soccombere. Ci vuole una presa di coscienza collettiva dell’UE, ma ciò implica una coesione che oggi, purtroppo, non esiste. Ci vorrebbe una svolta in senso federativo dell’UE, l’obiettivo perseguito dall’italiano Altiero Spinelli per tutta la vita. E gli italiani erano, fino a poco tempo fa, i propugnatori più decisi del federalismo europeo che può riscattare l’Europa e farla ritornare sulla scena da artefice e non da succube. Ma per questo ci vogliono personaggi politici veri, non delle “mezze tacche”, burocrati e tecnocrati più adatti ai maneggi e agli intrighi dei corridoi di palazzo Berlaymont. Ci vuole un personaggio che riesca a far trionfare la diplomazia, come l’arte della costruzione della pace. E una persona ci sarebbe, ma è prematuramente andata in pensione, una persona che conosce le patologie del mondo e degli oligarchi russi e che ha saputo destreggiarsi sia nei palazzi che nelle conferenze europee, sapendo che ci vuole “più Europa” per controbattere le potenziali, oggigiorno manifeste aggressioni di un’Europa orientale umiliata e paranoica, rappresentate nella persona dell’autocrate Putin. È Angela Merkel, l’ex Cancelliera; 16 anni di politica ai vertici dell’Europa, non a caso chiamata “Mutti” – mamma.

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