Enrico Marotti, il globetrotter delle onde

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Enrico Marotti, il globetrotter delle onde

La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo. Avrà probabilmente pensato a questo celebre detto popolare il windsurfer fiumano Enrico Marotti quando a fine giugno subì un brutto infortunio nella tappa di Coppa del Mondo a Viana do Castelo, nell’estremo nord del Portogallo. A causa di una violenta raffica di vento, “Rico” viene sbalzato dalla sua tavola e cade in acqua, con la caviglia che subisce una torsione innaturale. Subito soccorso, viene riportato a riva. Il dolore è lancinante e si teme il peggio. Fortunatamente, gli esami strumentali escludono lesioni gravi e anche l’intervento chirurgico è scongiurato. Ora per il surfer cresciuto a pane e tramontana tra Volosca e Preluca, inizia una disperata corsa contro il tempo. A settembre ci sono infatti i Mondiali di Aarhus, in Danimarca, e lui non vuole assolutamente mancare alla rassegna iridata, anche per riscattare una stagione un po’ al di sotto delle attese. Il recupero procede senza intoppi e ben presto arriva anche l’ok dei medici. La caviglia è ancora dolorante, ma i surfer sono degli highlander abituati a stringere i denti e a convivere con il dolore fisico. Arriva in terra danese non al 100%, senza grandi aspettative e libero da qualsiasi pressione. Il resto, come già saprete, è storia. Enrico domina la competizione fin dal primo match race e dopo cinque giorni di regate, conquista la medaglia del metallo più prezioso e sale sul tetto del mondo, incidendo il proprio nome nella storia del windsurf.

Da qualche giorno è tornato finalmente a casa, giusto il tempo di salutare e abbracciare amici e parenti, la sua fidanzata Nika e ovviamente anche le sue due “piccole pesti” a quattro zampe Tramontana e Shaka. Ma il tempo per staccare un po’ e ricaricare le batterie è poco perché tra meno di un mese è fissata la partenza per le Canarie per preparare l’assalto alla nuova stagione. 

Rico, alcuni atleti ci mettono settimane, se non mesi, prima di realizzare di essersi laureati campioni del mondo. Tu invece?

“Ci ho messo poco, anche se in quel momento non me ne stavo rendendo conto perché alla fine per me quella era una regata come tante altre. Solo in un secondo momento ho inteso che si trattava dei Mondiali. Per me comunque non cambia nulla, nel senso che davanti ho ancora tantissime regate e il mio obiettivo è sempre lo stesso, ovvero continuare a crescere e migliorare, ed è proprio questa la mia sfida più grande”. 

A rendere ancora più incredibile la tua impresa è stato il modo in cui è arrivata: prima l’infortunio, poi la corsa contro il tempo e infine la medaglia d’oro. Sembra quasi una storia tratta da un romanzo.

“In Portogallo avevo subito una distorsione interna della caviglia con interessamento dei legamenti e della cartilagine. Il recupero è stato piuttosto lungo, sono stato fermo tutto luglio e una buona parte di agosto. Una volta avuto il via libera dei medici, ho preso parte a una regata di Coppa Europa a Bol (isola di Brazza, nda) per capire come avrebbe reagito la caviglia. Ovviamente il dolore era ancora ben presente, ma comunque sopportabile e infatti avevo poi vinto quella gara. Dopodiché sono andato sul lago di Garda per testare i materiali per il mio team, però qui il dolore era molto più forte dato che anche lo stress era maggiore. I medici tuttavia continuavano a rassicurarmi che era normale, il che mi è servito per fugare ogni dubbio sulla partecipazione ai Mondiali”. 

Non hai magari pensato di saltare l’appuntamento iridato e quindi di prenderti tutto il tempo necessario per recuperare al meglio, anche i virtù del fatto che i Mondiali si tengono ogni anno?

“In passato in caso di infortuni o comunque di risultati deludenti, tendevo a rassegnarmi dicendomi che la prossima stagione sarebbe andata meglio. Stavolta invece volevo esserci a tutti i costi, indipendentemente dall’infortunio”. 

Quando avevi capito che sarebbe fatta?

“Il primo giorno avevo fatto due primi posti, però in quel momento non avevo ancora pensato al successo finale. Solo quando al settimo match race del penultimo giorno chiusi al terzo posto, capì che avevo la strada spianata in quanto nell’ultima giornata mi sarebbe bastato semplicemente portare a termine la gara”. 

In Danimarca tuttavia non c’erano i migliori surfer della CdM.

“È vero, non era presente nessuno della Top 10. Ma tutti gli altri invece sì e la concorrenza era comunque spietata. 

Quindi i migliori tendono a snobbare i Mondiali?

“Diciamo che preferiscono concentrarsi sulla CdM”. 

Ora che sei tornato, riuscirai finalmente a staccare un po’ oppure stai sempre continuando ad allenarti?

“La stagione è stata lunga e intensa. A ottobre sono tornato brevemente a casa prima di volare alle Hawaii dove abbiamo lavorato principalmente sui test dei materiali in vista della prossima stagione. Sono tornato appena il 31 dicembre e comunque mi alleno anche a casa, seppur con ritmi meno serrati. Lavoro soprattutto sulla condizione fisica ed esco in mare solo se le condizioni lo permettono. E poi ne approfitto anche per allenare la tenuta mentale assieme il mio mental coach Petar Nikolić. A inizio febbraio partirò invece per due mesi alla volta di Tenerife dove inizierò la preparazione vera e propria”. 

Obiettivi per la prossima stagione?

“Come ho detto prima, continuare a crescere e a migliore. In CdM voglio finalmente compiere quel salto di qualità necessario per avvicinarmi e giocarmela con i più forti. So di avere ancora ampi margini e di valere di più rispetto a quanto fatto l’anno scorso in CdM, dove non è andata benissimo per tutta una serie di motivi legati non solamente all’infortunio”. 

A giugno avrai l’arduo compito di difendere il titolo ai Mondiali di Sylt in Germania.

“Non so ancora se ci sarò perché il calendario è molto compresso e ci sono moltissime gare, ma vedrò comunque di essere al via”. 

Quanto questo storico risultato può contribuire a popolarizzare il windsurf in Croazia?

“Qualcosa si sta lentamente muovendo. Fino 4/5 anni fa a Preluca durante l’inverno eravamo in pochissimi. L’altro giorno invece c’erano una decina di surfer e, credimi, è tantissimo in questo periodo dell’anno. Da poco a Draga di Moschiena è stata inoltre aperta una scuola di windsurf che sta dando la possibilità, soprattutto ai più giovani, di avvicinarsi a questo sport. Ciò non significa che riusciremo a plasmare dei futuri campioni, però avere un luogo dove poter muovere i primi passi rappresenta già un traguardo importante. E poi, lo confesso, anch’io un giorno vorrei aprirne una”. 

Da diversi anni ormai sei l’unico surfer professionista in Croazia. Quando possiamo attenderci qualche atleta croato che ti faccia compagnia in CdM?

“Difficile dirlo. Il windsurf è uno sport complesso: ci vogliono tanta passione, allenamento, sacrifici, anche economici, per riuscire a emergere. Io ci sono passato e so quanto sia ripido questo percorso”. 

Dal momento che lo Slalom non è una disciplina olimpica, rischi di chiudere la carriera senza vivere quello che è il sogno di qualsiasi atleta.

“Le Olimpiadi non sono un’ossessione”. 

L’RS:X però rientra nel programma a cinque cerchi: un pensierino sul cambiamento di disciplina?

“Neanche lontanamente. Per prima cosa l’RS:X impone una determinata predisposizione fisica che io non ho. In secondo luogo, chi vi gareggia non lo fa per passione, ma solo per inseguire il sogno olimpico”. 

Hawaii, Canarie, Nuova Caledonia… Com’è la vita da globetrotter?

“Mi ritengo una persona molto fortunata perché sono riuscito a trasformare la mia passione nel mio lavoro. Viaggiare per il mondo è un grande privilegio però, sia chiaro, alle Hawaii o alle Canarie non vado certo in vacanza ma per allenarmi duramente. Devo tuttavia ammettere che è sempre bello tornare a casa e mi godo ogni istante del mio breve soggiorno qui”. 

In passato ti è capitato più volte di avere incontri ravvicinati con i grandi predatori degli oceani.

“Sì, ma non nell’ultima stagione. Solamente a Maui (Hawaii, nda) ho avuto una leggera collisione con una tartaruga”. 

Poverina…

“Guarda che sta benissimo. Due anni fa ne centrai una pieno: la mia tavola andò completamente in frantumi, ma lei non si fece nemmno un graffio. Hanno un carapace d’acciaio!”

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