Dietro le quinte del Croatia Open

Il torneo umaghese dal punto di vista dei raccattapalle e dei giudici di linea. Le esperienze del fiumano Roni Bertos, maestro e allenatore di tennis

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Dietro le quinte del Croatia Open
I raccattapalle e i giudici di linea partecipano alla cerimonia di premiazione di una precedente edizione del Croatia Open a Umago. Foto: IGOR KRALJ/PIXSELL

Spesso si è spinti a vedere solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più profondo e complesso. Succede in tutti i campi della vita e quindi anche nello sport. Prendiamo ad esempio un torneo di tennis. La prima cosa che balza agli occhi sono i giocatori presenti nel tabellone principale: in base ai nomi si valuta anche la qualità e il richiamo della kermesse. Nel caso concreto l’edizione di quest’anno del Croatia Open promette bene. I giovani fenomeni Carlos Alcaraz e Jannik Sinner hanno confermato la loro presenza a Umago: lo spagnolo è settimo nella classifica ATP, l’italiano tredicesimo, ma vicinissimo alla top ten. Certo, i tennisti sono determinanti, ma lo è altrettanto quello che è ma non appare, ovvero quel complesso meccanismo dietro alle quinte, in funzione nel corso di tutto l’anno, che sta alla base dell’organizzazione ed è un ingrediente fondamentale per la piena riuscita dell’evento. Come lo sono i giudici di linea oppure i raccattapalle, adulti, giovani e bambini che trascorrono pure loro ore e ore sul campo, con il caldo e con il freddo. Sembra facile, ma non lo è. Parliamo di un aspetto del gioco del tennis che alle volte passa inosservato, tra il disinteresse quasi generale. I pochi momenti di gloria sono effimeri e non desiderati: una chiamata sbagliata, una caduta o una pallonata presa. Abbiamo approfondito l’argomento con il fiumano Roni Bertos, apprezzato maestro e allenatore di tennis, che da giovanissimo ha fatto il raccattapalle a Umago e da giovane il giudice di linea.

Roni Bertos.
Foto: RONI BRMALJ

Premesso che il giudice di sedia è un professionista, come si diventa quello di linea?
Il percorso è molto semplice. Serve presentare la domanda alla Federazione per partecipare a uno stage di formazione, che prevede allenamenti ed esami di conoscenza delle regole del gioco. Ovviamente alla parte teorica segue quella pratica facendo il giudice a vari tornei di carattere locale. In generale tutti coloro che intendono fare il giudice di linea hanno già giocato a tennis e quindi è più facile entrare nel meccanismo. Ovviamente ci sono anche coloro che non hanno mai impugnato una racchetta. Quindi non esiste una regola.

Come ci si prepara per una partita?
I giudici di linea non sono in campo nel corso dell’intera durata del match perché ci sono le rotazioni, ovvero i cambi. In questo senso ci sono delle regole ben definite e ognuno sa bene quando è il suo turno. Il team per un torneo pro è composto da nove giudici di linea più quello di sedia, che negli appuntamenti ATP è anche responsabile per la sostituzione delle palline, con il primo cambio dopo 7 giochi giocati e poi sempre ogni 9 giochi completati.
Ricordi un match particolare che ti ha fatto emozionare oppure qualche episodio curioso?
Entrambe le esperienze sono racchiuse nella terza finale disputata dall’austriaco Thomas Muster, un match straordinario che ho vissuto in campo e che, lo ammetto, è stato difficilissimo da arbitrare visto il grande equilibrio che regnava in campo. Muster riuscì a salvare nel secondo set tre palle match contro lo spagnolo Carlos Costa, conquistando il parziale al tie-break e quindi chiudendo sul 6-3 il set decisivo. Alla fine eravamo tutti… stanchi.

Hai mai arbitrato su altre superfici e se sì che differenza c’è?
Ci sono eccome delle differenze perché sulla terra battuta la pallina lascia un segno ben visibile e quindi in caso di una valutazione sbagliata c’è sempre il giudice di sedia che può intervenire e cambiare la decisione. Sul veloce il discorso un po’ si complica. L’ho capito in un match di Coppa Davis a Fiume. Quando uno come Ivanišević spara un servizio che supera i 200 chilometri all’ora, e mettiamoci pure una traiettoria insolita, c’è ben poco da fare e fai la chiamata senza pensarci troppo.

L’introduzione dell’occhio di falco rende i giudici di linea più tranquilli?
È la classica arma a doppio taglio. L’introduzione della tecnologia ha sicuramente semplificato il lavoro del giudice di linea, però c’è sempre un ma. Infatti, se si sbagliano due-tre chiamate subentra un po’ d’ansia perché ci si rende conto degli errori commessi e non è una bella sensazione. Un problema è rappresentato anche dal fallo di piede, dove non basta guardare se la suola del giocatore tocca, o supera, la linea, ma bisogna anche aspettare che questi abbia colpito la palla. Qui ci vuole soprattutto sangue freddo ed esperienza. Infatti, non tutte le chiamate sono identiche perché bisogna anche leggere l’andamento match. Mi spiego. La prima infrazione va segnalata su un punteggio che non compromette l’esito del game anche per far capire al giocatore che sta sbagliando. Chiamare invece il cosiddetto il ‘foot fault’ su una palla break, o ancora peggio su una palla set, ha come unico risultato innervosire il giocatore.

I giocatori sono gentili con voi giudici di linea?
Sempre molto corretti. Anche se hanno qualcosa da ridire si rivolgono al giudice di sedia. Certo, alle volte i giocatori reagiscono, ma nulla di trascendentale. Personalmente non ho vissuto mai un’esperienza negativa.

Cambiamo ruolo in campo. Da giovanissimo hai fatto anche il raccattapalle.
Già, è stato l’inizio della mia carriera… Ricordo che ero piuttosto alto per la mia età e quindi non ero mai nella postazione a rete. Ma soprattutto c’era tanta emozione, il campo centrale, la copertura televisiva, porgere l’asciugamano al giocatore, vedere dal vivo tanti campioni. Ora a Fiume stiamo lavorando con un team di ragazzini per l’imminente Croatia Open, che poi una volta a Umago saranno al servizio degli addetti ai raccattapalle. Parlo di bambini che sognano il tennis, lo praticano e lo conoscono nei minimi dettagli. Per loro è il massimo, un’esperienza che ricorderanno tutta la vita.

Il Croatia Open di quest’anno promette bene…
Non bene, benissimo. Il fenomeno spagnolo Carlos Alcaraz, oppure gli italiani Jannik Sinner e Fabio Fognini garantiscono uno spettacolo di altissimo livello e un tennis di grande qualità. E non è detta che sia finita.

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