La nobile fierezza degli scampanatori del Grobniciano (foto)

L’associazione «Grobnički dondolaši» è stata istituita nel 2000 con l’obiettivo di preservare le usanze carnascialesche, il dialetto ciacavo e il ricco patrimonio folcloristico, storico e culturale del territorio

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La nobile fierezza degli scampanatori del Grobniciano (foto)
La ruota o “kolo”. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Le tradizioni secolari, il folclore, le leggende, il patrimonio storico-culturale fanno parte del tessuto storico del Grobniciano, in cui nascono e vivono persone laboriose, che da agricoltori, braccianti e operai delle fabbriche fiumane di un tempo, hanno saputo conservare tutte le virtù del proprio territorio, compreso il dialetto ciacavo. Tra tutte le ricchezze, in questo periodo di Carnevale, a spadroneggiare sono sicuramente i Grobnički dondolaši, i fieri scampanatori per i quali “indossare i campanacci” è sinonimo di cura e rispetto verso le loro radici, il loro nome e il loro luogo natio. Sono il vanto di tutto il territorio, degli abitanti e delle amministrazioni locali che li supportano vivamente. Quando ormai tradizionalmente viene innalzata e suonata la campana dal rappresentante prescelto, nel borgo di Cernik, tutto il Grobniciano si anima perché saranno proprio i dondolaši (termine derivante dall’etimo “dondolanje” – far agitare o oscillare) a far rivivere gli antichi riti, quello di scacciare, con il frastuono, l’inverno e fare visita a tutti i paesi del circondario, dove vengono accolti con amicizia e calore dagli abitanti locali, ma non solo. Tantissimi interessati a quest’antica tradizione e usanza, arrivano da tutte le parti da quello che viene definito l’Anello fiumano per seguire il lento passare degli scampanatori che, con passo cadenzato, procedono in coppia poiché ogni persona ha bisogno di un amico, un compagno su cui contare o che gli possa porgere aiuto.

Tra miti e realtà
La storia dei Grobnički dondolaši risale alla notte dei tempi e prosegue orgogliosa, tra leggende e realtà. “Si narra che durante la battaglia contro l’esercito mongolo nell’anno 1242 sulla piana di Grobnico – ci racconta Alen Haramija, presidente dell’associazione dei Grobnički dondolaši –, nei momenti più cruciali di uno di quei sanguinosi scontri, i valorosi contadini vennero in aiuto della cavalleria croata. Per essere di supporto a quest’ultima e per risultare quanto più terrificanti, indossarono delle spaventose maschere sul capo, probabilmente teschi di animali morti, che li facevano sembrare più alti, nonché grandi campanacci sulla schiena, legati con semplici corde, per produrre quanto più rumore. L’apparizione di questo imponente e mostruoso gruppo fece sì che il nemico fuggisse. Furono, dunque, le genti del posto a contribuire all’importate vittoria sul campo”. D’altro canto, seppure le leggende siano affascinanti, la realtà a quanto sembra è ben diversa. Come ci illustra Haramija, la vera storia di questi orgogliosi scampanatori del Grobniciano è legata alla famiglia patrizia dei Francopani. “Essendo una buona parte del territorio di proprietà di questi nobili, che fecero costruire pure il Castello di Grobnico, nel Medioevo le genti del posto venivano ingaggiate in quanto abilissime nel campo dell’agricoltura e pastorizia. Sarebbero proprio questi provetti agricoltori e pastori i primi scampanatori della storia del territorio, da cui appunto risalirebbero gli attuali ‘dondolaši’. Infatti, mentre si trovavano al pascolo e per difendere le greggi dai predatori, questi portavano appresso degli oggetti di metallo, tra cui i campanacci, per fare quanto più rumore e spaventare gli animali selvatici, soprattutto nel periodo invernale. Da qui è partito tutto, e la tradizione, seppure modificata, si è mantenuta fino ai giorni nostri”.

Tradizioni di famiglia
Anche la tenuta non è quella tipica degli altri scampanatori della Regione. I “dondolaši” indossano pantaloni neri e calze bianche di lana grezza, una camicia invernale in stile contadino, e prevalgono i colori spenti. “Un tempo – puntualizza il presidente – si indossava ciò che si aveva per andare nei campi o pascolare le greggi, per cui ci siamo adeguati alle circostanze, volendo così rendere omaggio ai nostri antenati. Anche la pelle di pecora sulle nostre spalle e le corde che legano i campanacci sono un gesto di rispetto e un ricordo dei tempi passati. Inoltre, portiamo un teschio come maschera e i nostri volti sono anneriti con il nerofumo, e in mano abbiamo una clava o mazza, come l’immancabile campanaccio, in memoria della battaglia vinta”.
Nel corso dei secoli, sempre nel periodo invernale, gruppi di persone riproponevano l’antica usanza andando da borgo a borgo a suonare i campanacci. È andata così fino al momento in cui alcuni entusiasti hanno avuto l’idea di riunire in un gruppo gli estimatori di questa usanza e di ufficializzarlo. “La nostra associazione è stata istituita nel 2000, per cui il prossimo anno celebreremo i primi 25 anni di attività, ma l’idea è partita molto prima. I nostri predecessori hanno richiesto aiuto e consigli dalle altre compagini storiche, quale ad esempio quella degli ‘zvončari’, e consultato la quasi inesistente documentazione e le poche fotografie che trattavano l’argomento. Da qui nasce la nostra uniforme e la nostra associazione, con il fine di preservare le antiche usanze carnascialesche, così come il dialetto ciacavo della zona, cosa che stiamo cercando di trasmettere soprattutto alle giovani generazioni. Negli anni siamo cresciuti e oggigiorno si contano ben 125 ‘dondolaši’ adulti e circa 65 giovani fino ai 16 anni d’età. Annualmente ci si associano una quindicina di nuovi membri, mentre ci sono sempre coloro che per impegni, età o altro non portano più la campana, ma sono comunque attivi in seno al gruppo. Le condizioni per entrare a far parte dei ‘dondolaši’ sono semplici: essere maschio e avere discendenze nel Grobniciano. Grazie a questo, abbiamo intere famiglie che militano nelle nostre file, ci sono padri e figli, nonni e nipoti, fratelli e cugini. Il campanaccio spesso passa di mano in mano nell’ambito della stessa famiglia”.

Il rito della ruota
In tutti questi anni, gli scampanatori del Grobniciano si sono fatti strada presentandosi in tutta l’Europa come ospiti di compagini simili. “Siamo spesso fuori sede con trasferte in Slovenia, Italia, Austria, Germania, Bulgaria, Francia, Danimarca, ma il nostro impegno principale è legato alle nostre genti e al nostro territorio. Sfiliamo in quasi tutte le rassegne destinate agli scapanatori a livello regionale e nazionale, come alle sfilate di Carnevale, ma quello che ci rende maggiormente orgogliosi è l’accoglienza della gente nei borghi del Grobniciano, Un’accoglienza calorosa e affettuosa da parte di tutta la popolazione di ogni luogo, anche il più minuscolo, in cui ci soffermiamo. D’altro canto, organizziamo anche noi delle manifestazioni a cui invitiamo le compagini straniere”.
Il gruppo comprende una figura principale, il capo o “kapo”, che guida il corteo, impartisce ordini e organizza la ruota o “kolo”. “Il kapo è sicuramente la figura più importante in quanto ci fa stare tutti in riga. Dunque, procediamo a coppia a passo cadenzato, per far suonare la campana, lungo i sentieri e le vie fino a raggiungere i punti in cui potersi fermare e formare il kolo, ovviamente sempre su preciso ordine della nostra guida. Allora, schiena contro schiena, campanaccio contro campanaccio, ripetiamo il rito secolare del frastuono assordante per cacciare il freddo, il gelo, l’inverno e le avversità. Un rito ripetuto nel corso dei decenni, ma sempre molto intenso e potente”.

Campanacci e azioni umanitarie
Un’associazione così grande è ben organizzata necessita di mezzi finanziari cospicui. Alen Haramija spiega che nella maggior parte dei casi vengono finanziati dal Comune di Čavle e tramite la vendita della lotteria di Carnevale, ma sono anche numerosi gli imprenditori, le aziende e le piccole e medie imprese che supportano la loro attività in vari modi. Oltre a ciò, i “dondolaši” sono conosciuti per le varie azioni umanitarie a favore di associazioni che operano nel sociale o per singoli bisognosi. “Da qualche anno a questa parte, pubblichiamo un nostro calendario tematico e il ricavato va sempre per fini umanitari, siamo inoltre attivi con le altre associazioni locali a cui spesso diamo una mano nell’organizzazione dei vari eventi. In particolar modo, siamo sempre pronti a porgere un aiuto quando c’è una festa gastronomica in cui viene preparata la tradizionale polenta ‘kompirica’, dove i muscoli sono il motore principale per la riuscita di questa pietanza”.
In questo pazzo periodo di Carnevale, oltre a fare visita ai borghi del Grobniciano, li attende una trasferta in Slovenia, la rassegna degli “zvončari” a Mattuglie e, per concludere in bellezza, la Sfilata internazionale di Carnevale in Corso, alla quale aderiranno dopo avere raggiunto il centro di Fiume a piedi. “È nostra consuetudine arrivarci a piedi, con una tappa obbligatoria nella località di Svilno, dove veniamo accolti dalla popolazione locale. Poi si scende per prendere parte alla grande kermesse fiumana. L’ultimo appuntamento di quest’anno, per noi, è previsto per il 13 febbraio a Čavle, quando è in programma il processo a Messer Carnevale. In futuro avremo, indubbiamente, altre trasferte in cui continueremo a presentare le nostri tradizioni locali. Usanze di cui andiamo estremamente fieri e che ci rendono orgogliosi”, conclude Alen Haramija.

Alen Haramija con alle sue spalle uno dei primi campanacci.
Foto: RONI BRMALJ
Il futuro è assicurato.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ
Il “kapo”, figura principale delle performance dei Grobnički dondolaši.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ
I teschi di animali diventano maschere terrificanti.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ
Volti anneriti con il nerofumo al suono del corno.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ
Alen Haramija, presidente dell’associazione dei Grobnički dondolaši.
Foto: RONI BRMALJ
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ
La maschera dei dondolaši in formato ridotto.
Foto: RONI BRMALJ

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