Uljanik. Lo sciopero si riversa in strada

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Uljanik. Lo sciopero si riversa in strada

POLA | L’assordante silenzio dei vertici dello Stato sul futuro dell’Uljanik, – unitamente all’assenza della Direzione del cantiere che, decisamente impaurita, è rimasta barricata (anche) ieri nell’edificio di via Flacio –, ha accompagnato la prima giornata dello sciopero a oltranza dei lavoratori di Scoglio Olivi. Lavoratori, scesi dignitosamente in strada non soltanto – è come si vorrebbe far credere –, per rivendicare la paga, questa volta quella di settembre, ma per prima cosa e soprattutto, perché derubati del futuro.

Due mesi dopo

E ieri sono passati due mesi esatti da quel 22 agosto in cui questi stessi lavoratori erano scesi in sciopero (durato fino al 31 agosto) sia per il mancato versamento dello stipendio di luglio, ma soprattutto per l’incapacità del Consiglio direttivo di risolvere le cose, dopo che aveva tramato nell’ombra l’inverno scorso, tanto da portare al cantiere un “partner strategico” nella persona del tycoon Danko Končar. Due mesi in cui nessuno degli attori di quest’ennesima “storia croata”, giocata in un cantiere “internazionale” (se non altro perché esiste in quest’area da più di 160 anni), ha mosso un solo dito in favore del comparto, in via d’estinzione in tutto il Paese. Chiuso l’Uljanik, la cantieristica nazionale è morta. E con essa, i governanti (a prescindere dalla maglia che indossano), che hanno fatto scomparire un settore della produzione reale, vedranno sparire l’ultima traccia di assistenzialismo rimasto in queste terre. La pace sociale sarà anche una parola obsoleta, però è così che funzionano i cantieri navali: dando impiego. L’effetto boomerang però non tarderà a venire, anche se qualcuno ha parlato a fine giornata di un possibile versamento dei salari nella giornata odierna, il discorso appena affrontato continuerà a reggere.

Direzione fischiata e contestata

Fischiata e contestata ieri la Direzione di Scoglio Olivi, nei momenti in cui gli scioperanti, riunitisi in un primo momento nella mensa del cantiere, hanno raggiunto poco dopo lo spiazzo di fronte all’entrata dell’edificio amministrativo. Da dove hanno invitato i direttori a scendere, a prendersi le proprie responsabilità, prima fra tutte quella di essere stati incapaci di gestire l’impianto con ordinazioni che erano più una scommessa che un buon affare per il cantiere; i committenti hanno pagato, la direzione ha incassato, le tute blu ci hanno rimesso la schiena lavorando: all’epoca, per una paga che arrivava comunque ogni 13 del mese.

«Rossanda deve dimettersi subito»

“Gianni Rossanda deve lasciare oggi l’incarico di direttore” ha gridato al megafono Boris Cerovac, presidente del Sindacato dell’Adriatico (JS), nei primi momenti dell’astensione, ossia prima che la massa dei lavoratori si riversasse in strada, sfilando in corteo per le principali vie del centro. Questo consiglio direttivo non ha lavorato nell’interesse delle società dell’Uljanik, quindi deve andarsene”. Fischiati anche Hrvoje Markulinčić, direttore degli Affari generali e Denis Rabar, direttore dell’Uljanik Brodogradilište: quest’ultimo, è quanto ha detto Cerovac “se n’è andato arrabbiato” dal comizio che ha preceduto l’inizio vero e proprio dello sciopero. “Gianni Rossanda non risponde nemmeno al telefono”, ha proseguito il sindacalista, accanto al quale non abbiamo notato questa volta i colleghi delle altre due organizzazioni sindacali del cantiere, Metalmeccanici e Sindacato dell’Istria, Quarnero e Dalmazia (SIKD). “Chiediamo che Rossanda e Rabar si dimettano – ha aggiunto –. Chiediamo che lo Stato nomini i suoi due rappresentanti nel Comitato di sorveglianza. E che questo stesso Consiglio di Sorveglianza, dopo che sarà formato con decreto del Tribunale commerciale di Pisino, nomini la nuova Direzione dell’Uljanik”.
Vertici aziendali fischiati ancora quando Cerovac ha fatto presente che la Direzione ha detto testualmente che questo non sarà uno sciopero pagato. “Loro se ne stanno seduti al caldo e saranno pagati”. I lavoratori dell’indotto, che ieri hanno lavorato, è stato ancora detto, sono stati invitati a non presentarsi domani (oggi per chi legge) sul lavoro.

Miletić, Flego e Cvek ignorati

Immaginiamo quanto amaro sia stato il boccone che hanno dovuto ingoiare il sindaco di Pola, Boris Miletić, il presidente della Regione istriana, Valter Flego e il vicesindaco, Robert Cvek, ignorati dal corteo in sciopero, davanti al Municipio, dove si erano messi ad attendere i lavoratori. I quali in piazza Foro non si sono proprio fermati, e hanno scandito la frase tante volte sentita anche nello sciopero agostano: “IDS (DDI), ladri”.

Il governo accusato d’inerzia

Il sindaco Boris Miletić si è rivolto ai media ribadendo che il governo sta soltanto temporeggiando perché non avrebbe deciso se salvare o meno una barca che va a fondo, e accusandolo d’inerzia e di completo disinteresse per il futuro della cantieristica nazionale, “perché Pola è il 75 per cento della cantieristica croata, e se chiude l’Uljanik chiudiamo tutto”.
“Lo Stato – ha evidenziato sempre il primo cittadino di Pola –, non si è degnato nemmeno di proporre i propri membri nel Consiglio di Sorveglianza dell’Uljanik, nel quale detiene il 25 per cento delle azioni. La cantieristica va mantenuta in vita; questa produzione ci serve. Serve alla Croazia. Il turismo da solo non può bastare, e noi non dobbiamo permettere che soppianti completamente l’economia reale. In Europa la cantieristica è sovvenzionata dagli Stati, quindi così dovrebbe essere anche in Croazia”.

Lungo via Sergia

Il corteo dei lavoratori in sciopero, nel suo cammino per via Sergia, piazza Foro e via Kandler, si è fermato in via Carrara per protestare di fronte alla sede dell’Uljanik Plovidba (la prima delle società cantierine che con la riconversione aziendale, la cui legittimità è sempre corsa su un filo di lana, era finita in mano a privati).
Ha quindi proseguito per via dell’Istria, i Giardini, via Flanatica, per poi fare ritorno lungo via Sergia in cantiere.

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