Taglio drastico all’editoria. A rischio le piccole testate

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Taglio drastico all’editoria. A rischio le piccole testate

I Cinque Stelle hanno presentato un emendamento che punta a diminuire progressivamente, e quindi azzerare, il fondo per l’editoria e i finanziamenti ai giornali. Il provvedimento presentato da Adriano Varrica, vicepresidente del Gruppo M5S alla Camera, ha suscitato dure critiche da parte dei vertici della Federazione Nazionale della Stampa (FNSI). “Se il Presidente della Repubblica sente la necessità di ribadire per ben sei volte in un mese il valore della libertà d’informazione, vuol dire che c’è qualche rischio sulle nostre teste, e tutti i giornalisti devono difendere la libertà d’informazione da ogni infamia, da ogni aggressione, parolaccia o minaccia”, ha detto il presidente Giuseppe Giulietti, che ha fatto presente: “È giusto criticare i giornalisti, ma quando si dice ‘facciamo una legge sull’editoria per chiudere i giornali che non ci piacciono’ o ‘chiudiamo il Fondo per l’emittenza’ buttando centinaia di lavoratori in mezzo a una strada o chiudiamo il Fondo per l’editoria e buttiamo migliaia di giornalisti a casa, quasi tutti precari, non si fa una critica, si fa una minaccia contro l’articolo 21 della Costituzione”.

La visione di Crimi

A fargli eco è stato il segretario dell’FNSI, Raffaele Lorusso, che ha detto: “Questo governo vuole tagliare ogni forma di sostegno, riconosciuto oggi soltanto alle testate che non hanno editori alle spalle, ma sono cooperative o piccoli giornali che sono espressioni di piccole comunità”. L’emendamento depositato alla Camera è un’ulteriore prova che l’M5S è pronto a passare dalle parole ai fatti per arrivare a una graduale abolizione dei contributi a giornali, periodici e radio private annunciata già da tempo dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Informazione e all’Editoria, Vito Crimi. La proposta sottoscritta dal deputato pentastellato Adriano Varrica non produce l’azzeramento totale, ma per le piccole testate – tra le quali figura anche il nostro quotidiano – il colpo potrebbe avere un effetto letale. In caso di approvazione, infatti, il ricalcolo dei rimborsi taglierebbe in modo drastico le risorse.

I nuovi requisiti

Se passerà l’emendamento, per le imprese editrici in possesso dei vecchi requisiti, cioè cooperative, quotidiani editi da minoranze linguistiche (un contributo fino a un massimo di 516.456 euro è previsto per i quotidiani in lingua slovena), associazioni di consumatori, periodici per non vedenti o ipovedenti, testate diffuse all’estero… saranno tempi duri. Ad esempio, non conterà più la tiratura, che pure comporta dei costi, bensì il venduto. Per contro, al punto 7 l’emendamento grillino lascia aperta la porta a finanziamenti per l’innovazione digitale e sociale, per l’esattezza progetti “volti a sostenere il settore della distribuzione editoriale anche avviando processi di innovazione digitale”.

«No a misure restrittive»

Durissima la reazione del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, che nei giorni scorsi aveva affrontato il tema della riforma dei contributi all’Editoria anche con Furio Radin, vicepresidente del Sabor e deputato della CNI, in occasione dell’incontro con la delegazione del Parlamento croato in visita di lavoro a Roma. “La razionalizzazione della spesa pubblica non può prevedere misure restrittive dei contributi all’editoria che finirebbero per pregiudicare l’esercizio della professione giornalistica. Gravi sarebbero le conseguenze non solo sull’occupazione e in particolare sul segmento dell’informazione locale e di nicchia, ma soprattutto – ha rilevato Maria Elisabetta Alberti Casellati in un messaggio all’Unione Periodici Italiani (Uisp) – su quel pluralismo della stampa e dell’editoria che è principio cardine della nostra democrazia”. Contro i tagli firmati 5 Stelle è insorto anche il deputato dem Michele Anzaldi, per il quale è soltanto un’operazione propagandistica “che danneggerà piccole realtà editoriali, giornali di quartiere pubblicazioni religiose e di minoranze linguistiche, senza portare alcun beneficio alle casse dello Stato”.

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