Più attenzione alla stampa che è vicina alle comunità

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Più attenzione alla stampa che è vicina alle comunità

ROMA | “Il governo gialloverde vuole sopprimere l’Ordine dei giornalisti, ridurre i fondi per l’editoria e puntare sull’informazione condivisa e sui social manager. Così si uccide l’informazione corretta e si dà un colpo mortale all’editoria. Faremo di tutto per fermarli”. Così l’On. Luigi Casciello (Forza Italia), nel suo intervento durante l’audizione del sottosegretario della Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Informazione e all’Editoria, Vito Crimi, in Commissione Cultura della Camera dei Deputati, presiduta da Luigi Gallo (M5S), che ha visto intervenire anche Federico Mollicone (FdI), Paolo Lattanzio (M5S), Flavia Piccoli Nardelli (PD), Gabriele Toccafondi (Misto-CP-A-PS-A), Anna Ascani (PD), Marco Bella (M5S) e Antonio Palmieri (FI).

I piccoli giornali

“In Italia l’offerta di informazione – ha spiegato l’On. Casciello – si articola su tre direttrici: i grandi gruppi editoriali, con interessi nell’industria, nella finanza, che editano le testate più grandi; il mondo dell’informazione non profit, particolarmente radicato a livello locale, in grande parte organizzato sotto forma di cooperative giornalistiche; le piccole iniziative editoriali, quasi sempre solo digitali”. Il parlamentare si è soffermato in particolare su queste ultime realtà cercando di delineare lo scenario che potrebbe derivare dall’attuazione di una riforma tesa ad azzerare il finanziamento pubblico all’editoria. “Oggi – ha detto nel suo intervento a Montecitorio – sopravvivono ancora centinaia di piccoli giornali, editi da cooperative giornalistiche e soggetti non profit che consentono, comunque, di avere un’offerta eterogenea di contenuti. Questi piccoli giornali hanno un’altissima intensità di occupati, giornalisti, poligrafici e tecnici. Si parla di migliaia di persone: tra i dipendenti diretti e quelli dell’indotto (edicole, distribuzione, tipografia, collaboratori, agenzie di service eccetera) sono in gioco circa diecimila posti di lavoro. Le piccole aziende editrici non possono stare sul mercato, la sopravvivenza di questi giornali dipende, quindi, dal sostegno pubblico, ossia dall’intervento pubblico che riequilibra il deficit di mercato. Del resto questo è vero per tutto il settore della cultura, dell’arte e sport, ed è vero in tutto il mondo”.

Il ruolo dei giornalisti

Si è soffermato anche su un altro punto chiave del sistema dell’informazione. “Per fare i giornali – ha fatto presente il deputato azzurro – si devono avere i giornalisti; e per ripensare i giornali si devono avere anche giornalisti giovani”, ha affermato, invitando, tra l’altro, il sottosegretario a tenere in considerazione che ”la garanzia di un’informazione corretta per i cittadini viene dalla credibilità delle fonti e tale credibilità è tutelata e garantita solo dai giornalisti e nelle testate registrate dal direttore responsabile”, ma anche sul fatto che “ogni giornale che apre è motivo di serenità per una democrazia ed ogni giornale che chiude è ragione di grande preoccupazione”.
Nella sua replica, il sottosegretario Crimi si è soffermato su diversi passaggi sottolineati dal deputato di Forza Italia. Ha così sottolineato la necessità di “dare certezze nel tempo” in modo da permettere al settore di adeguarsi. “Questo – ha detto – vuol dire che al più presto possibile dobbiamo intervenire nei vari settori dando certezza di quando ciò avverrà, e con una certa gradualità”, perché ha fatto presente è importante “consentire al settore di adeguarsi, accompagnando eventuali crisi industriali che si potrebbero verificare”.

Un mondo in trasformazione

Crimi nel corso dell’audizione ha ricordato che dal 2003 a oggi al settore dell’editoria “sono andati esclusivamente nella direzione degli editori e non verso il sistema editoriale nel suo complesso circa 3,5 miliardi di euro”. Un modello che a suo avviso “non funziona, non ha funzionato e non può continuare a funzionare”, anche perché, ha spiegato, “spesso gli editori non hanno saputo cogliere un mondo che cambiava, in trasformazione”. Per Crimi il sostegno alle testate locali, che “sono una palestra molto spesso per i giovani giornalisti che così fanno esperienza, non va abbandonato”. Vanno, però, affrontati i tempi e le modalità. Oggi, spiega, “la maggior parte dei fondi diretti all’editoria sono piccoli importi erogati a realtà locali, spesso di tipo cooperativo, che danno lavoro a molti giornalisti, che sono spesso una palestra per i giornalisti giovani, da cui magari poi attingono i grandi giornali per trovare dei talenti. Questo sicuramente non va abbandonato, delle forme e delle modalità si può parlare”. Tutt’altro discorso invece sulle realtà nazionali. “Sicuramente grida vendetta il fatto che solo circa 5 giornali nazionali, tra circa 78-80 prodotti editoriali a livello nazionale, si trovino a drenare il 30 p.c. delle risorse. Creano una distorsione del mercato nazionale e una concorrenza rispetto ad altri quotidiani che non fruiscono di contributi diretti. Drenano una quantità di risorse che, invece – ha concluso – potrebbero essere destinate meglio alla stampa locale, che è vicina alle comunità”.

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