Referendum sulla Legge elettorale. Anche la Chiesa pone paletti

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Referendum sulla Legge elettorale. Anche la Chiesa pone paletti

ZAGABRIA | I promotori dei referendum popolari sulla Legge elettorale – che tra l’altro rischia di ridurre il numero e ridimensionare il ruolo dei deputati delle minoranze nazionali al Sabor– e sulla Convenzione di Istanbul hanno subito due durissimi colpi. Il primo è stata sferrato loro dal governo e il secondo dal Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale croata (HBK). Il ministro dell’Amministrazione, Lovro Kuščević, ha annunciato che entro la fine di settembre il governo avvierà l’iter per modificare la Legge sul finanziamento delle attività politiche e delle campagne elettorali. Si tratta di un’iniziativa che potrebbe disciplinare pure i referendum. Stando a quanto riportato ieri dal quotidiano Večernji list, che si è richiamato a fonti ufficiose, l’Esecutivo punta a imporre una maggiore trasparenza attorno alle operazioni di finanziamento delle iniziative referendarie. In altri termini verrebbe inttrodotto l’obbligo per i promotori dei referendum popolari di rendere pubblici i dati inerenti ai loro donatori, equiparandoli per certi versi ai partiti politici.

“Anche il referendum è un’attività politica e dev’essere regolata con la legge che disciplina la materia. Sono assolutamente favorevole al referendum inteso come strumento per promuovere la democrazia. Però, non mi trovo in accordo con i quesiti referendari formulate dall’iniziativa “Il popolo decide” (i promotori dell referendum elettorale, nda)”, ha dichiarato Kuščević. “La Croazia – ha proseguito – ha raggiunto un grado invidiabile di tutela dei diritti delle minoranze nazionali. Uno dei compiti della maggioranza consiste nel tutelare i diritti delle minoranze. Se sui diritti dei deputati delle minoranze si decidesse ricorrendo al referendum, visto che questi rappresentano delle minoranze, le stesse non avrebbero la possibilità di tutelare i propri diritti”.
A loro volta, le autorità ecclesiastiche hanno di fatto negato alle Iniziative civiche “Il popolo decide” e “La verità sulla Convenzione di Istanbul”, il permesso di raccogliere sottoscrizioni e fare proseliti nei luoghi di culto della Chiesa Cattolica. Il 3 maggio scorso le due organizzazioni si erano rivolte a tale proposito agli uffici parrocchiali di tutto il Paese. I membri del Consiglio episcopale permanente dell’HBK, chiarendo di sostenere gli sforzi profusi dai credenti laici nel tentativo di promuovere i valori cristiani e lo sviluppo della democrazia, hanno espresso il parere che la tipologia delle iniziative in parola non si addice alla natura dei luoghi di preghiera. Anzi, hanno rilevato che le medesime potrebbero turbare il rito della funzione domenicale. Inoltre, hanno criticato il modo nel quale è stata formulata la richiesta inoltrata ai parroci. I membri del Consiglio episcopale permanente non hanno gradito che nel testo si sia fatto riferimento ai vescovi, in quanto reputano ciò potrebbe suscitare fraintendimenti.
Nell’argomentare la presa di posizione, l’organo dell’HBK si è richiamata ai principi sanciti dalla Costituzione apostolica conciliare Gaudium et spes (La gioia e la speranza), promulgata da Paolo VI, durante il Concilio vaticano II. I vescovi hanno rilevato che la Chiesa, operando in un ambiente democratico, s’impegna a spronare i fedeli a salvaguardare e promuovere la dignità naturale e in particolare “l’altissimo valore sacro dello stato matrimoniale” (GS 47). Salvo puntualizzare che “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini” (GS 76).

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