Angelo Mai e la canzone di Leopardi

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Angelo Mai e la canzone di Leopardi

FIUME | Continuano gli appuntamenti indetti in occasione della Settimana della Facoltà di Lettere e Filosofia di Fiume. Il latinista, chiar.mo prof. Lucio Cristante, direttore del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università degli Studi di Trieste, è stato ospite ieri dell’Ateneo fiumano per presentare la sua relazione dal titolo “Aspettando Eratostene. Trasmissione della conoscenza e rivoluzione umanistica”. All’evento, realizzato dal Dipartimento di Italianistica, hanno preso parte numerose autorità tra cui il console generale d’Italia a Fiume, Paolo Palminteri, il vice vicario del Dipartimento di studi umanistici dell’Università degli Studi di Trieste, Fabio Polidori, la delegata alla didattica del Dipartimento stesso, Laura Pelaschiar, e il presidente dell’Esecutivo della CI di Fiume, Marin Corva.

Un latinista dal curriculum invidiabile

Ad accoglierli è stata la capodipartimento, Corinna Gerbaz Giuliano, la quale si è detta onorata di avere per ospite un docente dal curriculum invidiabile. Lucio Cristante ha dedicato infatti la propria attività di ricerca allo studio dei testi artigrafici latini e si occupa in particolare di tradizione grammaticale e della trattatistica musicale dall’antichità all’umanesimo.

Doppie celebrazioni

La preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Ines Srdoč Konestra, ha ricordato che quest’anno si celebra il 20º anniversario di fondazione della Facoltà e il 45º dell’istituzione dell’Università degli Studi di Fiume. “Nel corso di questa settimana abbiamo organizzato una serie di eventi con cui vogliamo avvicinare ai cittadini tutte le nostre attività”, ha detto la preside. “Anche se il nostro Dipartimento di Italianistica è l’ultimo istituito in seno alla Facoltà, esso è guidato da docenti molto abili che si danno da fare sia nel campo didattico che in quello extradidattico”.

«Ad Angelo Mai»

Ritornando al lontano 1820, Lucio Cristante ha illustrato la storia di Angelo Mai, un personaggio importante, che aveva sviluppato un fiuto per scoprire i palinsesti nei manoscritti medievali. Giacomo Leopardi dedica ad Angelo Mai la canzone intitolata appunto “Ad Angelo Mai”, in occasione della riscoperta dei libri del trattato “De re pubblica” di Cicerone. In “Ad Angelo Mai” si parla della superiorità degli antichi in confronto ai contemporanei, basata non tanto su una condizione morale quanto su una diversa condizione esistenziale.

Il Sogno di Scipione

Il testo del “De re pubblica” era noto, però, fino al 1819 soltanto per la sua parte finale intitolata “Somnium Scipionis” (Sogno di Scipione). “Qui i grandi politici riflettono sullo statuto della Res pubblica ovvero sulla natura dello Stato”, ha spiegato Lucio Cristante. L’intervento di Mai consisteva nel rendere leggibile la parte che non si riusciva a leggere. Il testo di Cicerone fu raschiato, lavato dalla pergamena.
“Leopardi ci riconduce alle familiarità di ciò che noi chiamiamo umanistico. La riscoperta dei testi porta ai valori ideali e ai mezzi della trasmissione del pensiero dell’uomo. La complessità dei problemi che sono legati a un testo, ci dice qual è il clima culturale in cui il testo è stato creato”, ha spiegato ancora il relatore.

Il ruolo del filologo

In quanto alla definizione della parola filologo, Cristante ha specificato che già nel III sec. a. C. Eratostene, bibliotecario della Biblioteca di Alessandria, applicò a sé stesso l’attributo di filologo. “La letteratura greca è stata trasmessa oralmente. La Biblioteca di Alessandria è l’archetipo di qualsiasi biblioteca, è il luogo per eccellenza della produzione culturale, che conteneva sui 400-450mila rotoli, il che equivale a 10-15mila opere. Ciò che non vi è stato custodito, è stato perso per sempre”, ha proseguito il relatore.

Il problema degli umanisti

Ad Alessandria si è dovuto decidere su come verranno scritti e pubblicati i testi. “Il filologo oggi è il più interessato all’umanistica digitale”, ha spiegato ancora Cristante. “Noi oggi dobbiamo renderci conto di quanto la scienza informatica ci costringa a fare, a livello teorico, delle applicazioni attraverso sistemi elettronici.
La specificità di una ricerca sta nel fatto che assumiamo prodotti che il mercato ci offre, ed è questo il problema degli umanisti”, ha precisato in conclusione.

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