Più che correnti… spifferi

Le considerazioni dell'On. Furio Radin sulla situazione in seno all'Unione italiana

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Più che correnti… spifferi
Furio Radin / Fotografia di Željko Jerneić

“Dal mio punto di vista l’Unione italiana deve rimanere unita”, così il vicepresidente del Sabor e deputato della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato ha commentato le voci e i titoli di giornale stando alle quali l’associazione apicale e unitaria rischia di spaccarsi. “Il termine unitarietà è talmente abusato che si è annacquato. Non sarebbe dovuto accadere. La CNI è un popolo unico che deve convivere e decidere insieme. Siamo in pochi in Croazia e in pochissimi in Slovenia. Il solo fatto di essere piccoli ci dovrebbe spinge a voler essere un po’ più grandi. Tutti sostengono che il numero non conta, ma tante volte conta. L’unitarietà è importante soprattutto per i connazionali che vivono in Slovenia. Dovrebbero essere loro, il cui numero è esiguo, ad avere l’interesse a stare insieme ai connazionali in Istria, a Fiume, nel Quarnero, in Dalmazia, in Slavonia occidentale e in Moslavina”, ha affermato Radin in un’intervista che ci ha concesso prima che si venisse a sapere che lo scorso 9 gennaio sette membri della Consulta dell’Associazione degli appartenenti alla Comunità nazionale italiana Unione italiana (Ui di Capodistria), si erano riuniti in una seduta in sede separata e senza una comunicazione ufficiale ai presidente dell’Assemblea e della Giunta esecutiva dell’Unione italiana di Fiume, rispettivamente Paolo Demarin e Marin Corva, e avevano stabilito di nominare Astrid Del Ben quale coordinatore dell’UI di Capodistria al posto di Maurizio Tremul, presidente dell’UI di Fiume.

“Schengen sta un po’ avendo dei problemi – ha proseguito –, ma avete visto la grande festa fatta sul confine quanto sono cessati i controlli alle frontiere in Istria? Solo questo dovrebbe convincerci ad avere un’unica associazione che funziona al di là di quello che vogliono gli Stati. In Croazia l’UI e riconosciuta. È riconosciuta anche in Slovenia dove però esiste la contrapposizione con le CAN, con il governo di Lubiana che si appoggia di più sulle CAN, ma senza opporsi all’UI fondata con il sostegno di Piero Fassino”.

RISULTATO DI UN COMPROMESSO È dal 19 agosto, la data di registrazione dell’associazione con sede a Capodistria, che esistono due soggetti giuridici, perché all’epoca era l’unico modo per mantenere la rappresentanza unitaria della Cni. Questa soluzione era stata individuata dalla leadership dell’Ui in accordo con l’allora Ministero degli Affari esteri italiano (Fassono era sottosegretario=, le sue rappresentanze diplomatico consolari e il deputato italiano al Parlamento sloveno (Roberto Battelli). “Lubiana ha accettato una forma di compromesso dell’UI in Slovenia che è e non è l’UI di Fiume. Non lo è perché è autonoma, ma lo è perché le decisioni vengono prese all’interno dell’Assemblea. Questa relazione è una delle armi più usate da chi la pensa diversamente e ambisce ad avere un potere che non ha”, ha detto Radin, sostenendo che molti dei problemi dell’UI sono dovuti sostanzialmente ai rapporti tra le persone.

“Le divergenze d’opinione in seno alla CNI esistono da sempre. Esistevano quando mi sono attivato in questo ambiente e c’erano anche prima. Ma in un gruppo è anche giusto che sia così, anche quando è piccolo come lo è il nostro”, ha dichiarato. “Ogni comunità – ha proseguito – è costituita da persone che inevitabilmente non possono avere tutte la stessa opinione. È chiaro dunque che anche in seno all’UI ci sono più correnti di pensiero, non necessariamente soltanto due. È giusto che sia così, l’UI non è un partito politico bensì un’associazione. L’importante è che esista un denominatore comune, che nel nostro caso coincide con l’identità, la lingua e la cultura italiana”.

UNA FACCENDA DI PERSONALISMI? “Spesso sento parlare di riformatori e tradizionalisti. È sbagliato – ancora Radin – etichettare le persone, ma di riformatori personalmente ne vedo pochi. Non sono state presentate delle grandi riforme. Nel 90 p.c. dei casi ci si limita a discutere sul numero dei presidenti e dei consiglieri dell’Assemblea. Si tratta di cose delle quali in definitiva ai connazionali interessa poco. Alle persone interessano i progetti e di questi non se ne vedono tantissimi e ciò vuole dire che potremmo affermare che tutte le correnti di pensiero in seno all’UI sono di stampo conservatore. Ma la verità è un’altra. Le associazioni e l’UI ne è un ottimo esempio, fanno tantissime cose, spesso però ripetitive. Bisognerebbe cambiare. La tradizione è importante per ricordarsi del passato, mentre l’innovazione è importante per rapportartisi al presente e soprattutto al futuro. Soprattutto l’opposizione, anche se non mi piace usare questo termine in questo contesto, dovrebbe essere più propositiva. Ma in Croazia è una caratteristica delle ‘opposizioni’ di criticare senza proporre. Ho avuto dei colloqui con esponenti della ‘linea di pensiero alternativa’ e mi sono accorto che parlavano di riforme dell’istituzione, ma non di contenuti, di cosa fare di nuovo in un modo che cambia”.

Ha osservato che gli incarichi di vertice, il “potere”, in seno all’UI si ottengono candidandosi a elezioni democratiche. “A dire il vero – ha aggiunto – mi viene un po’ da ridere ad accostare il concetto di potere alla CNI o alla figura del presidente dell’UI. Ho ricoperto questo ruolo per 12 anni e non mi è parso di essere stato investito di un grande potere in virtù di questo mio incarico. Eventualmente è lecito parlare di soddisfazione per il titolo, per la funzione che si ricopre”. “Forse chi non è riuscito a conseguire questo obiettivo attraverso le elezioni ora tenta di riuscirci ricorrendo all’ingegneria elettorale e istituzionale per formare un’UI nella quale la corrente che ambisce al potere e ora non lo esercita potrebbe avere più chance di ottenerlo. Non si tratta dunque di tradizionalisti e progressisti, bensì di persone che hanno delle funzioni e di altre che ambiscono ad averle e cercano il modo come ottenerle”, ha ribadito Radin, stando al quale all’interno della CNI emergono tanti personalismi. “Questa è la cosa che mette a disagio. I personalismi in una Comunità che essendo piccola dovrebbe impegnarsi tantissimo per affermarsi nella società sono deleteri”, ha concluso Furio Radin.

Non dimentichiamoci degli esuli

Nell’affrontare il tema dell’unitarietà Furio Radin ha sollecitato a “non dimenticarsi mai che la nostra Comunità ha tre anime: quella in Croazia, quella in Slovenia e quella che dopo la seconda guerra mondiale ha finito con lo sparpagliarsi in Italia e nel mondo”. “Parliamo di centinaia, di migliaia di persone. Siamo sempre noi, non esiste una famiglia di connazionali che non si è vista dividere a metà”, ha notato Radin che nel corso degli anni ha incontrato e allacciato rapporti con numerose comunità di connazionali in tutto il mondo.
“Anche in questi ‘noi’ esiste una varietà di ideologie e soprattutto disparità di pensiero. C’è chi dopo tre o quattro generazioni non coltiva più alcun rapporto con le origini e c’è chi non vuole collaborare per motivi ideologici o di pensiero. Credo però che la maggior parte delle persone, sia da parte nostra che degli esuli, vogliano collaborare e proseguire i rapporti allacciati nell’ultimo decennio di vita dell’ex Jugoslavia e che negli anni Novanta, con l’indipendenza della Croazia e della Slovenia, si sono evolute beneficiando dell’apertura e della libertà garantiti dalla democrazia”, ha aggiunto.
A questo proposito ha raccontato un aneddoto legato alla sua collaborazione con il premier croato Andrej Plenković. Di recente il capo dell’esecutivo non ha avuto esitazioni ad adeguare seduta stante l’agenda del coordinamento della maggioranza di governo (composto dai ministri, dai vertici del parlamento croato e da una selezione di deputati) quando ha saputo che il 10 febbraio il vicepresidente del Sabor e deputato eletto in rappresentanza della Cni sarebbe stato assente da Zagabria perché a Roma, per partecipare alla cerimonia di celebrazione del Giorno del Ricordo, al Quirinale, alla presenza del presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, del presidente del Senato, Ignazio La Russa, e del presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni.

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