La catastrofe dell’italianità adriatica

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La catastrofe dell’italianità adriatica

TRIESTE | Il Consiglio regionale dell’FVG presieduto da Piero Mauro Zanin ha voluto lo storico Raoul Pupo per la Lectio ufficiale in occasione della celebrazione del Giorno del Ricordo che avrà luogo in tutto il Paese e nelle nostre comunità all’estero in tutto il mondo. A Trieste a portare la sua testimonianza è stata l’esule istriana Erminia Dionis Bernobi. Da quando è stata istituita la ricorrenza, il prof. Pupo ha portato la vicenda dell’Adriatico orientale, la storia di foibe ed esodo in tutta Italia, dove è stato invitato da scuole, enti e istituzioni a raccontare una vicenda per tanto tempo sottaciuta. Anche nell’Aula del Consiglio regionale, ha proposto alcune riflessioni sul significato profondo di questa giornata, alla luce delle acquisizioni più mature e recenti, dopo l’apertura di tanti archivi, partendo da una domanda di fondo, ovvero che cos’è che s’intende davvero commemorare nel Giorno del Ricordo.

Fenomeno storico

La risposta può sembrare chiara in molti ambienti, ma non dappertutto. Il tempo, invece di schiudere atteggiamenti consoni alle aspettative, spesso insinua nuovi dubbi, creati ad arte a tavolino che, come per la Shoah, non risparmiano foibe ed esodo.
“Ciò su cui si vuol richiamare all’attenzione dei connazionali è il fenomeno storico di cui tutti quegli eventi sono espressione: vale a dire, la catastrofe dell’italianità adriatica, cioè la sua scomparsa dai territori dell’Adriatico orientale, ad eccezione delle attuali province italiane di Trieste e Gorizia”, ha chiarito lo storico, che ha spiegato che cosa s’intenda per italianità adriatica, concetto chiaro a chi vive su queste rive, ma certo non immediatamente intelligibile per tanta parte della nazione, minato dalle conseguenze della Prima guerra mondiale anche se il vero momento di svolta sarà rappresentato dalla Seconda guerra mondiale, per almeno tre ragioni, ha detto Pupo. “Perché ribaltò gli equilibri di potenza fra Italia e Jugoslavia; rovesciò gli equilibri di potere sul territorio a danno degli italiani; fece compiere un salto di qualità nell’uso della violenza politica: mentre prima della guerra la dimensione prevalente era stata quella dello squadrismo, con la guerra, che sul fronte orientale ebbe caratteristiche di sterminio, si passò allo stragismo”, ha chiarito.

Violenza programmata

Conosciamo bene la prima ondata di infoibamenti dopo l’8 settembre 1943 e poi la tornata del 1945. La strategia del terrore era diventata realtà. L’esodo ne fu la terribile conseguenza. Ma un concetto deve essere chiaro: “Quella delle foibe fu una violenza dall’alto, programmata e organizzata, anche se poi gestita in un clima di grande confusione, lasciando spazio a motivazioni personali, d’interesse e criminali. Si trattava chiaramente di violenza di stato, programmata dai vertici del potere politico jugoslavo fin dall’autunno del 1944, organizzata e gestita da organi dello stato (Ozna). Sta in questo la sua differenza sostanziale con l’ondata di violenza politica del dopoguerra nell’Italia settentrionale”.

Tragedia e terrore

Le foibe furono tragedia e terrore, ma non intaccarono in maniera sostanziale l’italianità adriatica. Questa invece venne compromessa dalle politiche di lungo periodo attuate dall’amministrazione jugoslava nei territori rimasti sotto il suo controllo dopo gli accordi di Belgrado del 9 giugno 1945. Oggi, tutto ciò è superabile? Pupo individua due vie. La prima, è quella di utilizzare una storia localizzata, com’è quella della frontiera adriatica, quale chiave di accesso per intendere la grande storia del ‘900: la crisi degli imperi multinazionali, i limiti degli stati per la nazione, le politiche di semplificazione nazionale, gli urbicidi. La seconda via, è quella di accogliere la lezioni che vengono da questa storia dolente: prima fra tutte, la forza devastante dell’intolleranza, che parte dalle parole e arriva ad atti estremi, e poi le conseguenze oscure della volontà di omologazione ad ogni costo, che ha distrutto quel patrimonio immenso di civiltà che in tutta l’Europa orientale era costituito dalle sue diversità, e lungo l’Adriatico orientale era rappresentato dall’italianità. Una lezione questa – ha concluso Raoul Pupo – tanto più importante per noi, dal momento che quei fantasmi stanno ricominciando ad agitarsi nella nostra società contemporanea”.

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