Tanti auguri Silverio Cossetto: compie 90 anni

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Tanti auguri Silverio Cossetto: compie 90 anni

FIUME | Compie oggi novant’anni il connazionale Silverio Cossetto, uno dei pochi sopravvissuti al penitenziario di Goli Otok ancora in vita che appartiene alla Comunità Nazionale Italiana. Proveniente dal ceppo familiare dei Cossetto di Santa Domenica di Visinada, Silverio è nato a Fiume il 2 febbraio 1929. Durante la Seconda guerra mondiale, venne forzatamente reclutato nell’Organizzazione della TODT, quale manodopera per costruire bunker e postazioni di difesa attorno alla città, occupata dalla Wehrmacht. Parallelamente milita anche nello SKOJ, l’associazione della Gioventù comunista jugoslava, con l’ideale di creare una società più giusta ed equa, completamente all’opposto da quella nazifascista che all’epoca seminava terrore.

Nonostante il suo attivismo per le libertà con una netta tendenza sociale, spiccatamente antifascista, conobbe in prima persona l’inferno di Goli.

26 mesi di reclusione

Era uno studente ventenne del Nautico a Fiume, quando subì un processo farsa, per il quale venne condannato a 6 mesi di reclusione, che alla fine si trasformarono in 26. Cossetto, dopo cinque mesi e mezzo passati nelle carceri di Fiume, senza mai poter usufruire dell’ora d’aria, giunse sull’isola nell’aprile del 1950 e vi rimase fino al gennaio 1951. Venne poi assegnato alle Brigate di lavoro dislocate in Bosnia, per essere liberato definitivamente alla fine del 1951. Anni fa, aveva fatto da Cicerone in un nostro reportage all’ex penitenziario dell’Isola Calva. In quell’occasione disse: “Per me, ma soprattutto per la mia famiglia, la mia vita dai vent’anni in su è stata un tormento. Goli è un marchio che porto ancora oggi e per il quale ho subito vessazioni, provocazioni, umiliazioni, maltrattamenti e discriminazioni di ogni genere. E per che cosa? Per aver avuto un momento d’indecisione a schierarmi politicamente nel dissidio tra Tito e Stalin. Insomma, per avere ragionato con la propria testa, rifiutando la dottrina imposta. Quando venni condannato ne rimasi molto scosso – disse – e ancora ignoravo che i sei mesi si sarebbero trasformati in anni. Quello che mi attendeva a Goli non me lo sarei mai immaginato”.
Camminando lungo i sentieri di ciò che resta del penitenziario di Goli, Cossetto ci fece vedere il luogo dove venne prelevato dalla nave “Punat”; sollevato come un gattino, per i capelli e le spalle dai carcerieri e gettato di peso sulla riva, per metterlo davanti a un tunnel, formato da due lunghe file, una di fronte all’altra, di detenuti indemoniati e urlanti. Era il “Kroz stroj”, l’abituale pratica educativa/punitiva che fungeva anche da “benvenuto” per i nuovi detenuti.
“Da una folla che gridava ‘Banda’, ‘Tito Partija” ricevetti pugni, calci e sputi – raccontò Silverio Cossetto –. Capii subito che dovevo correre il più velocemente possibile verso la fine della fila per incassare quante meno botte, ma dopo pochi passi caddi a terra. Fui sollevato dal fiumano e amico Gino Kmet, che,
stupito di vedermi, disse: ‘Cossetto, anche tu qui?’. Fece finta di lanciarmi qualche colpo, cosa che mi permise di correre ancora più velocemente verso la fine. Ero completamente ricoperto di lividi e sangue”. Durante la nostra visita all’ormai ex penitenziario, Cossetto ci descrisse anche la vita sull’isola. L’intero campo era infestato da parassiti, in primo luogo di cimici e pulci. La mancanza di una dieta corretta provocava seri danni al fisico. Soffrivo di avitaminosi e andavo camminando con i piedi gonfi e mezzo cieco. Dai 70 chili di peso che avevo prima di giungere a Goli, scesi a soli 42 chili”.
Silverio Cossetto ci raccontò anche che, una volta tornato a casa, tutti lo evitavano come se fosse marchiato della peste. Per molto tempo rimase isolato da tutti, ma nonostante ciò è riuscito a costruirsi una vita con tante soddisfazioni, è stato marittimo di lunga navigazione e in seguito ha lavorato anche per la Jugolinija. Ma soprattutto si è creato una splendida famiglia. È sposato da oltre 60 anni con la moglie Bea, da cui ha avuto i figli Flavio e Flora. La sua, è una delle poche famiglie fiumane trilingui. Oltre all’italiano e al croato, in casa loro, grazie alla moglie Bea, si parla anche l’ungherese. Alla nostra domanda su quale sia il segreto di una vita così lunga, ha semplicemente risposto “sarà la genetica”.

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