Horvatinčić, chiesta una pena più severa

Nell'agosto del 2011 l'imprenditore causò la morte dei coniugi italiani Salpietro

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Horvatinčić, chiesta una pena più severa

Quattro anni e 10 mesi, più il divieto di guida per qualsiasi mezzo di locomozione personale (190mila kune di spese legali nel qual caso la condanna  venisse confermata in appello). La condanna di secondo grado emessa in marzo a carico dell’ ambiguo imprenditore Tomislav Horvatinčić, reo di aver causato la morte dei coniugi Salpietro nel 2011 speronandone l’imbarcazione, non soddisfa l’Avvocatura di stato (DORH) che a inizio maggio ha fatto ricorso richiedendo in terza istanza una condanna più severa a carico di  Horvatinčić. Il ricorso è stato inoltrato a causa della condanna reputata inadeguata “e si propone al  Tribunale regionale sotto la cui giurisdizione si svolge il processo di rivedere la condanna in termini di severità alla fine di agire in funzione di prevenzione speciale e generica cercando di influire sulla consapevolezza dei cittadini in merito alla pericolosità di simili reati, e in modo di ottenere una quanto più equa condanna quando si tratta di reati pesanti legati alla sicurezza nel traffico”, sta scritto nel comunicato dell’Avvocatura di Stato. A marzo Horvatinčić non era presente in aula al momento della lettura della sentenza, che è stata accolta da applausi. La vicenda processuale dell’imprenditore di Zagabria è diventata in Croazia emblema di una giustizia debole, assoggettata ai potenti di turno in grado di piegare le leggi a loro favore.
La vicenda
La vicenda ha origine il 16 agosto del 2011, davanti a Primošten (Capocesto), in Croazia, quando Horvatinčić a bordo del suo potente yacht Itama 52 piombò addosso al Grand Soleil 39 “Santa Pazienza”, sul quale navigavano i padovani Fancesco Salpietro e sua moglie Marinelda Patella, entrambi di 60 anni. Il mare era calmo, la giornata bella e la visibilità ottima. Nessuno però a bordo del grande yacht, lanciato in piena corsa e con il pilota automatico inserito, si accorse della barca a vela e l’Itama 52 gli passò letteralmente sopra causando la morte dei due coniugi. Dopo l’incidente Horvatinčić non si fermò, ma una falla lo costrinse ad arenarsi su un vicino isolotto. L’imprenditore all’inizio dichiarerà che il pilota automatico non funzionava bene, poi di essere svenuto (sincope) prima della collisione.
Inizia così una lunga vicenda processuale che vede imputato dal 2012 l’imprenditore croato, condannato dopo tre anni a una pena poco più che simbolica: un anno e 8 mesi di reclusione con la condizionale. Le parti in causa fanno, quindi, ricorso e inizia un nuovo processo. Nell’ottobre del 2017 nel procedimento vengono accolte le tesi della difesa e Horvatinčić viene scagionato; l’imprenditore prima dell’impatto sarebbe stato colpito da sincope, quindi, riguardo l’incidente non era possibile parlare di intenzionalità. Ai figli dei due velisti uccisi, come una sorta di sfida, viene addirittura chiesto il risarcimento dei danni subiti dal motoscafo. La sentenza fa scandalo oltre che in Italia anche in Croazia e seguono polemiche che coinvolgono anche il giudice del processo, lo stesso che aveva diretto il primo procedimento. E infatti a riconoscere come sbagliato, lacunoso e contraddittorio il processo che aveva assolto Horvatinčić è la Corte d’appello del Tribunale di Zara, che nel 2018 ne annulla la sentenza, rinviando il tutto a un nuovo procedimento, questa volta condotto da diversi giudici. Il terzo processo di questa lunga e penosa vicenda, quello che ora ha ristabilito la responsabilità di  Horvatinčić.

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