È l’ora dell’euforia e, si spera, dell’ottimismo

0
È l’ora dell’euforia e, si spera, dell’ottimismo

Dopo il rimpianto e le recriminazioni per una sconfitta ritenuta immeritata, per un rigore forse inesistente, è l’ora dell’euforia. Perché il secondo posto ai Mondiali è comunque un risultato straordinario, da festeggiare ed esaltare. La serie ininterrotta di vittorie fino alla battuta d’arresto della finalissima è stata un’eccezionale passerella pubblicitaria per il Paese, una sorta di marketing gratuito per un’industria dell’ospitalità alla ricerca di nuovi mercati, anche di quelli ritenuti fino a qualche anno fa esotici. Difficilmente nella storia della Croazia moderna – ma anche a voler andare più indietro nel tempo – è possibile trovare qualche esempio simile di entusiasmo collettivo come quello vissuto in questi giorni. Con l’apoteosi di ieri a Zagabria, dove è stata organizzata un’accoglienza a dir poco trionfale per i vicecampioni del mondo, reduci dalle imprese in terra di Russia. Caroselli di macchine, bagni di folla in segno di gioia per i successi pallonari li abbiamo visti un po’ dappertutto nel mondo nei decenni passati, immortalati dalle TV. Ma la capitale croata è riuscita a fare le cose in grande, ad andare anche più in là. I MiG dell’aeronautica militare hanno scortato fino all’aeroporto di Pleso il velivolo della Croatia Airlines – per l’occasione dipinto con i colori e i simboli della nazionale – con a bordo Luka Modrić e compagni. Poi il tappeto rosso di buona memoria steso dinanzi alla passerella, il passaggio trionfale tra due ali di folla in delirio su un autobus scoperto fino alla centralissima piazza Jelačić, gremita all’inverosimile. E a sorvolare la sfilata un elicottero militare con il vessillo nazionale. E fin dall’inizio bandiere sventolanti dappertutto, tifosi con le magliette a scacchi bianchi e rossi, entusiasmo davvero genuino, in una celebrazione organizzata, ma soprattutto spontanea, che neppure il migliore regista potrebbe eguagliare, neanche se lo volesse. Non potevano mancare i tradizionali canti patriottici che facevano riandare qua e là con la memoria alle vittoriose imprese militari di qualche decennio fa, canti intonati a squarciagola dai giocatori stessi. Nell’insieme un’esplosione di orgoglio, di fierezza nazionale. O come dire, di quello spirito nazional patriottico che qualcuno anche all’estero, non tanto lontano, magari invidia ai croati, che lo sanno mostrare a ogni passo. E che vorrebbe che la propria nazione magari lo emulasse, almeno in parte.

L’ora del tripudio è dunque arrivata per la Croazia. C’è chi dice e scrive che nulla sarà più come prima per la nazione. Che finalmente ha dimostrato il proprio valore, senza timori reverenziali. La grinta, la professionalità, lo spirito di sacrificio dei campioni dovrebbero garantire – è l’auspicio – una nuova stagione di ottimismo per il Paese, spazzando via quel vittimismo, quello sorta di pessimismo innato che troppo spesso affiorerebbe e che – a detta di alcuni – spingerebbe tanti croati a cercare fortuna all’estero, invece di stringere i denti e cercare di farcela in patria, a dispetto di tutte le difficoltà.
Che lo sport a volte possa fare miracoli lo sappiamo benissimo. Come non ricordare la storica rivalità tra Coppi e Bartali che ha permesso all’Italia nel secondo dopoguerra di ritrovare l’unità e l’orgoglio, di risorgere dalle ceneri. E le vittorie della nazionale tricolore, con le imprese di Paolo Rossi, l’acume e la semplicità di Enzo Bearzot, con un esultante Sandro Pertini hanno ridato in seguito fiducia alla nazione nei momenti di crisi, rinsaldando l’unità e la democrazia.
La Croazia, prostrata da una crisi forse più di fiducia che altro, può anche trarre giovamento dal successo della nazionale. Che poi la politica ami cavalcare i successi nello sport è cosa nota e risaputa. Il socialismo dappertutto investiva nello sport per ottenere un’investitura nazionale. Ma alla fine questo non ha impedito al sistema una caduta rovinosa. In Croazia e nei Paesi della regione qualcosa dell’infrastruttura sportiva creata all’epoca è rimasto e magari aiuta gli attuali exploit, non soltanto nel calcio, ma specie negli altri sport di squadra. Questo da solo, come s’è visto, non basta sempre a risollevare gli animi, può essere un’arma a doppio taglio se si aspetta la manna dal cielo, che lo Stato risolva per incanto tutti i problemi. Questo può dare solo fiato al populismo. Sarà tutt’altra musica, vera musica, se i cittadini cercheranno di emulare lo spirito di corpo e l’abnegazione dei loro eroi calcistici nell’economia, nella lotta quotidiana contro le avversità e anche contro le ingiustizie, arbitrali o meno.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display