Denis Bonetta, l’uomo dei ghiacci

0
Denis Bonetta, l’uomo dei ghiacci

Quella del comandante di nave, il grado più alto nella scala gerarchica del personale marittimo, è una professione di altissima responsabilità. Il suo compito è di gestire e sovrintendere alle operazioni nautiche, dirigendo personalmente la manovra della nave all’entrata e all’uscita dai porti, dai canali e dai fiumi e in circostanze in cui la navigazione presenti particolari difficoltà. Questo vale per tutti i tipi di navi, ma farlo in mari ghiacciati è qualcosa di più.
Ce lo ha raccontato Denis Bonetta, originario di Fianona, ma fiumano d’adozione, che è stato il primo comandante al mondo ad attraversare autonomamente la famosa rotta del Mare del Nord ai comandi di una gigantesca metaniera rompighiaccio. Da anni ormai alla compagnia giapponese MOL (Mitsui O.S.K. Lines), di cui è stato anche Comandante dell’anno nel 2013, ha raggiunto quest’anno quest’ultima frontiera, portando la “Vladimir Rusanov” dalla Cina all’Europa transitando ben dentro il Circolo Polare Artico. Com’è successo che un uomo abituato a un clima temperato sia diventato l’“uomo dei ghiacci”?

La prima esperienza

“La mia prima esperienza – ha iniziato il suo racconto – l’ho fatta nel 1987. Ero primo ufficiale di coperta su una nave ‘ice class’ e stavamo attraversando il Baltico, che quell’anno era completamente ghiacciato, cosa accaduta poche volte nella storia. Mi sono fatto lì tutto l’inverno. Dopo il disgelo siamo andati fino alle isole Svalbard, nel mare Glaciale Artico. Abbiamo portato delle attrezzature destinate ai ricercatori a Longyearbyen, dove c’era una stazione russa. Anche lì c’era tanto ghiaccio”.
“Ho continuato poi la mia esperienza sui Grandi Laghi, mentre negli Anni ‘90 ho passato anche l’Antartide. Eravamo partiti dalla Corea e siamo andati molto a sud. Il routing service americano ci aveva consigliato una determinata rotta che a me era sembrata troppo a meridione, perché c’era il rischio di incappare in qualche iceberg. Loro mi avevano rassicurato che non ce n’erano. Essendo al comando di una nave in noleggio, devo sempre optare per la rotta più breve e di conseguenza più conveniente e allora ho seguito le loro indicazioni, fino a che, un giorno, il terzo ufficiale mi chiama in coperta mentre stavo facendo una pausa caffè e mi indica un iceberg enorme addirittura a nord della nostra rotta. Abbiamo ridotto la velocità, ho fotografato tutto e ho inviato le foto alla sede europea della Mitsui a Londra. Che fare? Mi hanno detto di decidere da solo e allora siamo andati più a nord, fino alla costa del Cile, abbiamo passato lo stretto di Magellano e abbiamo proseguito la navigazione”.

Una raffineria nella tundra

“Sono rimasto alla Mitsui e ho continuato a navigare sulle metaniere – ha proseguito il capitano Bonetta –. Poi è arrivato il 2013… Gli scienziati erano sempre convinti che l’Artico nascondesse enormi riserve di gas naturale. I russi hanno intensificato le ricerche e hanno scoperto enormi giacimenti di petrolio e gas naturale sulla penisola di Yamal, nella Russia siberiana nordoccidentale, 2.500 km a est di Mosca, a nord del Circolo Polare Artico. A quel punto hanno deciso di investirvi ingenti risorse (27 miliardi di dollari!) e l’8 dicembre del 2017 è entrato in funzione un grande impianto di produzione di gas liquefatto, guidato dalla società privata russa di gas Novatek – si tratta della prima compagnia al mondo a costruire un terminale GNL a nord del Circolo Polare Artico, dove il termometro in inverno può scendere anche sotto i -50°C, nda –, dal quale vengono immesse sul mercato globale in questa prima fase 5,5 milioni di tonnellate di GNL all’anno che vengono spedite in Asia attraverso il difficile passaggio a nord-est, dove in inverno il ghiaccio può superare i due metri di spessore. Il fatto che la raffineria sia stata inaugurata dal Presidente russo Vladimir Putin dimostra l’importanza che viene attribuita al progetto”.

Una flotta speciale

“Una volta scoperti i giacimenti e presa la decisione di costruirvi l’impianto di produzione, bisognava risolvere il problema logistico, ossia quello riguardante la costruzione della gigantesca raffineria vicino al porto di Sabetta – ha aggiunto –. Il team progettuale ha deciso di rendere modulare l’intero impianto all’esterno della Russia, in modo da lavorare più velocemente e in condizioni migliori, lontano dal freddo, utilizzando infrastrutture già approntate e non disponibili nella zona di Sabetta. Di conseguenza, sono stati costruiti dei grandi moduli che sono stati trasportati via mare – hanno preso a nolo un’intera flotta di navi speciali che assomigliano a delle portaerei – fino alla destinazione finale in Russia, dove sono stati assemblati. In alcune fasi della costruzione c’erano oltre 30mila persone che vi lavoravano, tant’è che i lavori sono stati conclusi un anno prima del termine prestabilito. Poi hanno ordinato 15 metaniere che siano in grado di navigare autonomamente in quelle zone. Si è trattato di una grande sfida per tutti. I finlandesi hanno fatto il progetto per queste navi ice class ARC-7, mentre la loro costruzione è stata commissionata a un cantiere coreano (la gara è stata vinta dalla compagnia Daewoo Shipbuilding & Marine Engineering, nda). Queste metaniere consentono le consegne di GNL per tutto l’anno essendo costruite per temperatura ambiente fino a meno 50°C e la navigazione indipendente con ghiaccio spesso fino a 2,1 metri. La flotta sarà completata entro la fine dell’anno prossimo”.

Un mondo completamente diverso

“I dirigenti della mia compagnia, sapendo delle mie esperienze sui mari ghiacciati, mi hanno chiesto di far parte del progetto. È stata una sfida anche per me e ho accettato subito. A quel punto mi hanno mandato per due anni all’accademia ‘Admiral Makarov’ a San Pietroburgo. Lì sono dovuto in pratica partire da zero, perché le manovre sono completamente diverse rispetto alla navi convenzionali. Ho imparato dai migliori, perché se c’è qualcuno al mondo che conosce i ghiacci, sono certamente i russi. Ho superato tutti corsi formativi e poi sono stato anche in Finlandia, dove ho fatto esperienza su navi con sistema di propulsione Azipod (acronimo di AZImuthing POdded Drive, nda), che in condizioni estreme di ghiaccio consente una maggiore manovrabilità. Queste navi utilizzano come carburante gas naturale liquefatto per un semplice motivo. Noi trasportiamo il GNL (queste navi hanno una capacità di carico di 172.000 metri cubi) e la liquefazione è l’unico modo per ridurre il volume del gas destinato allo stoccaggio e al trasporto. Perciò viene raffreddato a -161°C affinché possa rimanere liquido. Durante il trasporto il gas evapora lentamente e allora questi vapori vengono aspirati nelle caldaie e utilizzati come carburante. In questa maniera l’armatore risparmia sul carburante e la nave non inquina, cosa molto importante perché i criteri ambientali nell’Artico sono rigorosissimi”.

La «Vladimir Rusanov»

Ultimati i corsi, il 3 gennaio scorso Denis Bonetta è andato in Corea dove ha preso in consegna la “Vladimir Rusanov” (porta il nome di un geologo ed esploratore russo dell’Artide, nda). Mentre la raffineria di Yamal è stata inaugurata da Putin, alla consegna della nave, il cui valore è di 370 milioni di dollari, era presente il presidente sudcoreano Moon Jae-in…
“Navigando di prua, questa nave può superare i ghiacci fino a uno spessore di 1,5 metri – ci ha spiegato –. Se il ghiaccio è più spesso, allora la nave va girata di poppa e può rompere il ghiaccio fino a 2,1 metri di spessore. La nave si arrampica in pratica sul ghiaccio e lo spezza, mentre le eliche Azipod lo triturano. Una delle regole fondamentali è quella di muoversi costantemente”.

Da soli è un’altra cosa…

“Recentemente ho letto di un capitano spalatino il quale si vantava di aver superato la rotta del Mare del Nord… Sì, lo ha fatto, ma con l’assistenza di due rompighiaccio russi. In pratica non hai che da seguire il passaggio creato dai rompighiaccio… Essere da soli in un deserto di ghiaccio è un’altra cosa. Il lato positivo è che non c’è traffico, non ci sono pirati… Ogni tanto si incontrano qualche orso polare, qualche volpe, qualche tricheco… È qualcosa di speciale, anche se non è facile lavorare in quelle condizioni. Questa è in pratica l’ultima frontiera che un comandante può raggiungere”, ha concluso, aggiungendo che “prima di farlo autonomamente, nel luglio scorso dalla Cina all’Europa, l’ho fatto quattro volte con i rompighiaccio davanti e so che cosa significhi. Ci sono tre comandanti al mondo, un russo, un inglese e io, abilitati alla navigazione autonoma in condizioni di mare ghiacciato. Quando ho preso in consegna la nave, che è lunga 330, larga 50, con 12 metri di pescaggio, l’abbiamo collaudata per tre settimane in tutte le condizioni possibili e a bordo c’era anche un team di ricercatori dell’Istituto russo di ricerche in Artide e Antartide (AARI – Arctic and Antarctic Research Institute). Prima di salire sulla ‘Vladimir Rusanov’ ho trascorso tre settimane su un rompighiaccio nucleare russo (“Vaygach”), il cui compito è quello di effettuare operazioni d’assistenza alle navi nella rotta artica. Il capitano russo, un maestro del ghiaccio, mi ha trasmesso il suo immenso sapere”.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display