Cyberbullismo. La violenza passa per un clic

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Cyberbullismo. La violenza passa per un clic

ZAGABRIA | I bambini di oggi sono spessissimo appiccicati a tablet e smartphone. Spiegano ai genitori che queste apparecchiature servono loro per studiare, effettuare ricerche, oppure recuperare le lezioni perdute. Vero. Ma per la maggior parte del tempo navigano in Internet, sulle reti social. Alla ricerca di un “like” in più, “postano” fotografie e dati personali senza pensarci due volte. Non di rado si scoraggiano, se l’immagine di un compagno/compagna di classe ha ottenuto più consensi. In tal caso, si fanno più audaci e il gioco ricomincia. Sì, perché per loro è un gioco, un passatempo cui dedicarsi per non sentirsi soli. O forse per sfogare su altri le proprie frustrazioni, postando commenti negativi, facendo crollare la popolarità di chi ha più “like”. A volte senza nemmeno pensarci, i ragazzini finiscono col rimanere impigliati nella rete piuttosto che beneficiare dei vantaggi che questa può offrire loro. Spesso nemmeno i genitori sanno che cosa fare, alle volte perché non sono al corrente delle attività dei figli, altre perché si rendono conto dei pericoli quando è ormai troppo tardi.

Azione a livello europeo

Altro possibile scenario, dopo aver risposto a un “amico”, i ragazzini vengono risucchiati in un vortice di domande-risposte da cui non sanno più uscire. L’aiuto di cui hanno bisogno non arriva, perché la cosa è stata tenuta segreta e l’“amico” tale non è. Era tutta una finta per adescare il minore. I casi di cronaca in questo senso non mancano. Tra i tanti ricordiamo quello avvenuto tre anni fa in Italia. Una ragazza si suicidò a causa del bullismo a cui era sottoposta in Rete. Le colpevoli in Tribunale si difesero affermando che per loro era un gioco e sostennero di non capire come la ragazza avesse potuto prenderle sul serio. Per ovviare a casi come questo, per quanto estremi siano, sono state varate in tutta l’UE norme tese a contrastare il fenomeno del cyberbullismo. Ma comminare pene non basta, serve piuttosto una seria prevenzione. Che parta dai genitori, in qualità di supervisori del tempo trascorso su Internet dai figli. Dagli insegnanti, educando a consultare solamente pagine sicure. Dalle forze dell’ordine, per intercettare siti di dubbia moralità. Quando il danno è già fatto, entra in gioco il settore giudiziario, con leggi e debite punizioni da comminare a chi le viola. Concerne anche il settore per la salute mentale, con psicologi e psichiatri abili a “disintossicare” dalla Rete, come pure a ridare fiducia in sé stessi a chi l’ha confidata in altri.

Giudici a confronto

In Croazia l’Associazione dei giudici per i minori, dei giudici di famiglia e degli esperti per i bambini e i giovani, ha organizzato una conferenza sul comportamento a rischio dei giovani sui social media. Nell’ambito della discussione sono state presentate le sfide in cui si imbattono gli esperti nel lavoro quotidiano con i bambini e i giovani, inerenti al loro uso delle tecnologie digitali, a causa delle quali ogni terzo bambino in Croazia è esposto a contenuti non adatti all’età e al maltrattamento in Rete. Alla conferenza, moderata dal giudice del Tribunale regionale di Zagabria Lana Petö Kujundžić, hanno partecipato un centinaio di assistenti sociali, esperti di pedagogia sociale, giudici, psicologi, procuratori, agenti di Polizia, avvocati, ombudsman, educatori, insegnanti, medici, collaboratori esperti per i giovani, nonché rappresentanti di organizzazioni governative e non governative.
In apertura della conferenza, il moderatore ha rilevato che lo sviluppo della comunicazione e della tecnologia informatica rappresenta una grande sfida e che ci introduce in un mondo nuovo, virtuale, in cui si presentano nuove forme di criminalità, il che ci pone nella situazione di agire con più velocità ed efficacia, sia come prevenzione, sia attraverso il sistema giudiziario. “L’abuso della tecnologia informatica dà a questo tipo di reato connotazioni globali e transnazionali. Siccome è particolarmente presente tra i giovani, c’è bisogno di più educazione e autoeducazione, nonché di ampliare gli orizzonti, allo scopo di trovare una soluzione, ma soprattutto le risposte giuste alle molte questioni inerenti a questa problematica specifica”, ha avvertito Petö Kujundžić.

Criminalità virtuale

Diana Rizvić, giudice minorile del Tribunale penale di Zagabria, ha rilevato che le sempre maggiori possibilità di partecipazione nella creazione di contenuti su Internet e sui social apre le porte a un numero crescente di atti criminali e penali. “L’abuso di carattere sessuale attraverso Internet, a differenza dell’abuso fisico, ha molte più conseguenze per la vittima, perché questa è anche esposta al pubblico. Fino a poco tempo fa dovevamo affrontare le minacce fatte di persona; oggi però nelle minacce attraverso le reti social ci sono più partecipanti e senza alcun contatto personale. I giovani sono inoltre esposti anche alle frodi in Rete, mentre ci sono casi di reati gravi, quali l’ostruzionismo del sistema informatico, le malversazioni della tecnologia informatica, gli attacchi cyber alle istituzioni”, ha rilevato Rizvić, aggiungendo che all’incremento di questi reati contribuisce la sempre maggiore conoscenza di queste tecnologie da parte dei ragazzi.
Illustrando i motivi della criminalità virtuale, Rizvić ha evidenziato che la “scintilla” può derivare dalla noia, dalla volontà di accaparrarsi beni materiali, dall’avventatezza, dalla reazione ad eventi sociali. Le conseguenze però sono di ampia portata, perché le vittime sono esposte a pressioni psichiche e a traumi, anche duraturi. Il giudice ha rilevato quanto in questi casi sia più importante la mediazione della persecuzione penale dei giovani, auspicando una legge di qualità sul comportamento illecito su Internet.

L’importanza dei «like»

Tomislav Ramljak, l’unico perito forense informatico in Croazia, nonché presidente del Centro per i bambini scomparsi e vittime di abusi, ha constatato che il 95 per cento dei bambini in Croazia ha accesso a Internet, mentre ogni terzo è esposto a contenuti non idonei e ad abusi in Rete. Ivo Jakić, agente di Polizia incaricato della prevenzione, ha asserito che Internet, nonostante i numerosi vantaggi che presenta è una delle cause dell’aumento dei reati. “Internet è un media su cui i ragazzi di oggi trascorrono la maggior parte del proprio tempo. Purtroppo una parte di loro si comporta in maniera avventata, perché non sono coscienti delle possibili conseguenze. Il numero di “like” sui social è diventato la misura del valore del singolo, con cui si innalza l’autostima e si conquista uno status nella società. I bambini che, senza pensarci su, divulgano informazioni private e diffondono fotografie inappropriate, non immaginano nemmeno lontanamente le possibili conseguenze di queste loro azioni. Perciò è importante elevare il livello di sicurezza dei bambini su Internet. Per questa ragione il Ministero degli Interni ha raddoppiato il numero degli ufficiali che si occupano di prevenzione”. Jakić ha aggiunto che il 25 per cento dei bambini in Rete è vittima del cyberbullismo, mentre il 75 per cento ne è stato testimone.

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