Il ciacavo è lingua vivente (e indipendente)

Ha un proprio codice ISO: ckm. Il riconoscimento ufficiale risale al 2020 ma, in un anno dominato dalla pandemia e da altre crisi, la notizia è passata quasi inosservata

0
Il ciacavo è lingua vivente (e indipendente)

Durante il lungo 2020 dominato dalla pandemia, senza suscitare particolari clamori nei mass media locali, passando praticamente inosservata, è giunta la notizia che il ciacavo è diventato una lingua vivente e indipendente, ufficialmente riconosciuta dalla principale organizzazione internazionale che si occupa della classificazione di tutte le lingue parlate dall’umanità. Come tutte le lingue del mondo l’idioma ha quindi ricevuto un proprio codice linguistico ISO: ckm. Un fatto d’importanza storica, particolarmente significativo, che apre ora la strada ai parlanti del ciacavo per ricevere riconoscimento locale e nazionale molto più significativo, cosa del tutto assente fino ad ora perché il ciacavo veniva erroneamente considerato un dialetto.
Notando che nessuno finora si era ricordato di farlo, un americano, Kirk Miller, professore di linguistica della prestigiosa University of California – noto nel mondo accademico come affermato field linguist responsabile della ricerca e della divulgazione delle lingue meno conosciute dell’umanità – è stato il primo a rendersi conto della necessità di classificare il ciacavo come una delle lingue del nostro mondo. E il 2 settembre 2019 il professor Miller ha inoltrato una richiesta formale, corredata da una documentazione ben ponderata e scritta, alla Summer Institute of Linguistics International (SIL), l’organizzazione non governativa con sede a Dallas, in Texas, il cui scopo principale è studiare, sviluppare e documentare tutte le lingue utilizzate a livello globale, con l’obiettivo di espandere la conoscenza linguistica, promuovere l’alfabetizzazione in tutte le lingue e garantire lo sviluppo linguistico delle minoranze linguistiche.
A cadenza annuale, SIL pubblica Ethnologue, rivista scientifico-linguistica di maggiore riferimento in materia, disponibile sia in formato cartaceo che online, che fornisce statistiche e altre informazioni su tutte le lingue viventi nel mondo. Inoltre, SIL – che ha lo status di osservatore presso l’UNESCO e l’ONU – rilascia, in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (che ha sede a Ginevra e di cui la Croazia è membro), i codici ISO tipo 639-3 per una copertura minuziosa delle lingue del mondo.
È interessante notare come il professor Miller, nella sua iniziativa riguardante il ciacavo, si sia basato anche sulla precedente richiesta presentata dalla principale associazione di parlanti la lingua caicava, che già nel 2015 era riuscita a ottenere il riconoscimento del caicavo come lingua indipendente. SIL International aveva accolto la richiesta, ma soltanto in relazione alla forma letteraria utilizzata nel periodo dal XVI al XIX secolo e in alcune opere del XX secolo. Un compromesso voluto dall’associazione caicava al fine di accelerare il più possibile un riconoscimento ufficiale. Ora, i risultati ottenuti dal ciacavo saranno di sicuro utili anche ai fini di una verifica accelerata dello stato della lingua caicava ed è prevedibile che anche a questa parlata croata venga riconosciuto lo status di lingua viva.
Un cammino faticoso
Entrambe realtà molto più antiche della versione standardizzata dello stocavo-croato, il ciacavo e il caicavo sono ormai da decenni considerate lingue dalla scienza. Per secoli, infatti, tutti i dizionari croati erano in realtà dizionari ciacavi. Anche dopo la creazione della lingua croata standardizzata esse hanno continuato a esistere e a svilupparsi, e per questo non possono essere considerate concettualmente dialetti di tale standard. Il ciacavo potrebbe addirittura essere ritenuto in un certo qual modo una lingua internazionale, essendo parlato anche in alcune aree di altri quattro stati membri dell’Unione europea (Slovenia, Austria, Ungheria e Slovacchia).
Nonostante ciò, i linguisti jugoslavi prima e un numero significativo di quelli croati poi, hanno testardamente e per decenni continuato a classificare il ciacavo e il caicavo come “dialetti” (narječja). Il termine stesso di “narječja” è sempre stato un concetto controverso nel mondo della linguistica extra-balcanica. Basti sapere che non esiste una traduzione diretta per questa parola in quasi nessun’altra lingua del mondo (eccezione sono alcune altre lingue slave, anche se spesso con accezioni diverse da quella croata), né esiste una trasposizione per il concetto stesso che in croato si intende con questo termine. Nella linguistica di stampo internazionale sono infatti noti solo i concetti di “lingua”, “dialetto” e “sottodialetto”.
Ecco perché i linguisti croati ed ex jugoslavi sono stati costretti a inventare una propria traduzione inglese per la parola stessa, “supradialect” (cioè super-dialetto), cercando in questo modo di spiegare al resto del mondo il concetto decisamente locale di un qualcosa che ha tutte le caratteristiche linguistiche, sociali e storiche di una lingua, ma che per un qualche motivo è stato ritenuto meno di una lingua.
Come spesso accade, questo approccio è conseguenza del fatto che in Croazia le circostanze politiche hanno spesso influenzato la direzione della scienza: il popolo croato per quasi un secolo e mezzo ha lottato molto duramente per trovare il proprio posto al sole, è stato necessario uno sforzo enorme, molta ostinazione e caparbietà. Tutto ciò ha avuto delle conseguenze. Difatti, intere generazioni di intellettuali e studiosi ciacavi e caicavi hanno preferito trascurare la propria lingua madre e la propria cultura nativa per il bene dell’intera nazione croata, di cui si sono indubbiamente sempre sentiti fortemente parte nel corso della storia. All’epoca fu indubbiamente una scelta logica e nobile, ma ha lasciato le sue cicatrici.
“Se la cultura fosse stata una casa, la lingua era la chiave della porta che permetteva di accendere a tutte le stanze”, afferma Khaled Hosseini, scrittore e medico americano nato in Afghanistan, autore di tre romanzi bestseller (Il cacciatore di aquiloni, Mille splendidi soli e E l’eco rispose). Possiamo ben dire che una lingua sia l’essenza stessa della cultura di cui è parte, perché l’anima di una cultura inizia e finisce proprio con la lingua. Essa modella infatti il modo in cui le persone pensano, sognano, comunicano tra loro, costruiscono le proprie relazioni e creano un senso di comunità. È il principale custode del loro sistema di valori, perché trasmette direttamente ed efficientemente tutto l’insieme di simboli, significati e norme che ne caratterizzano la cultura.
La lingua è quella prima forma di comunicazione che abbiamo con il resto dell’universo, le prime parole che da bambini danno inizio al contatto verbale con gli altri essere umani. Conoscere bene le proprie radici linguistiche consente dunque di identificarsi più facilmente con la comunità che ci circonda e di tenere a cuore il benessere di quella comunità nel senso più profondo possibile. Il linguaggio è anche una forma di tecnologia: essa migliora ed espande le capacità di categorizzazione che condividiamo con coloro che ci circondano e con chi ci ha preceduto a questo mondo, e quindi svolge un ruolo chiave nella trasmissione della cultura umana verso coloro che verranno dopo di noi.
Tutto questo ovviamente vale anche per quella parte della Croazia dove il ciacavo è la lingua più squisitamente autoctona. La cultura adriatica e croata scomparirà se e quando le lingue su cui essa si basa andranno perdute. Questa non è una possibilità così remota, anzi: se il trend odierno continua, è molto probabile che tra massimo due generazioni il ciacavo avrà più o meno lo status di lingua estinta. Quando scomparirà il ciacavo, con esso sparirà anche la cultura autoctona croata di cui il ciacavo è codice.

Pensare il futuro
Questo nuovo riconoscimento internazionale del ciacavo è davvero un evento epocale, destinato a fare da spartiacque. A livello globale, la lingua verrà ora studiata più seriamente e sarà promossa una maggiore ricerca e apprendimento nell’ambito dei dipartimenti di slavistica delle università di tutto il mondo. Nei prossimi anni è prevedibile che si verifichi anche un piccolo boom di studi, tanto in ambito scientifico, accademico, quanto in quello di carattere più divulgativo.
Soprattutto, il nuovo status di lingua vera e propria spalancherà le porte ai ciacavi per richiedere il riconoscimento ufficiale della loro lingua dove ciò è più necessario e impellente, ovvero in tutte quelle aree geografiche nelle quali i ciacavi hanno vissuto per quasi 1.500 anni, e chissà, forse anche più a lungo. Sarebbe davvero un fatto storico molto triste e perversamente ironico se, dopo essere sopravvissuta viva e vigorosa a ogni tipo di invasione nemica, divieti e mutamenti delle mode linguistiche per più di dodici lunghi secoli, la lingua ciacava si estinguesse proprio ora, nei primi decenni di vita del primo stato veramente indipendente e libero del popolo croato, ovvero quel popolo di cui il ciacavo è lingua madre originaria.
In Europa le lingue locali e minoritarie sono ormai da decenni coltivate e salvaguardate e così tutti i comuni e le contee in cui il ciacavo è la lingua originaria e autoctona hanno ora la possibilità di riconoscere il ciacavo al più alto livello possibile, ovvero come lingua paritaria accanto a quella standard. Sta ora alla Repubblica di Croazia lanciare iniziative e politiche che assicurino in primo luogo la preservazione della lingua ciacava, ed in secondo luogo che aiutino i ciacavi a standardizzare almeno in una certa misura la lingua, e dunque a promuoverla efficacemente sia a livello locale che globale.
Tutto ciò richiede naturalmente un gran lavoro orchestrato e pluriennale di tutti i partecipanti al mondo ciacavo. L’obiettivo è però sicuramente degno e indubbiamente realizzabile (soprattutto con il supporto di tutti gli strumenti e mezzi offerti dalla Comunità Europea a questi fini). D’altronde, se è possibile far rivivere lingue che erano completamente estinte per decenni in Cornovaglia e nell’Isola di Man, sotto la costante pressione della lingua più parlata al mondo (l’inglese), o recuperare appieno la lingua non scritta dei maori in Nuova Zelanda, allora invertire il trend negativo di una lingua ancora molto e quotidianamente utilizzata da centinaia di migliaia di persone di un moderno paese europeo non può essere affatto un’impresa così difficile.
Richiede solo buona volontà, diligenza e, ovviamente, molto amore. Cose che chiede solo buona volontà, diligenza e, ovviamente, molto amore. Cose che non sono mai mancate nello spirito dei ciacavi.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display