Il preoccupante impatto della didattica a distanza

Dai risultati di un’analisi emerge che la pandemia ha inciso in maniera negativa sulla vita e sulle abitudini dei giovani

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Il preoccupante impatto della didattica a distanza

È allarme. È questa la conclusione alla quale sono arrivati gli esperti in seguito all’inchiesta effettuata anonimamente nel corso del mese di maggio del 2021 da parte dell’Istituto regionale di salute pubblica in merito all’influenza della didattica a distanza (DAD) sugli alunni e, nello specifico, sulle loro abitudini alimentari e lo stile di vita. L’indagine, presentata ieri a Palazzo municipale dal vicesindaco, Goran Palčevski, dalla responsabile del Dipartimento per il controllo alimentare, Sandra Pavičić Žeželj, dalla nutrizionista Gordana Kenđel Jovanović e dalla responsabile del Dipartimento di medicina scolastica e universitaria dell’Istituto di cui sopra, Nataša Dragalj Zubalj e in presenza del vicesindaco Sandra Krpan e dalla capodipartimento per l’educazione e l’istruzione, Sanda Sušanj, ha coinvolto oltre 3.000 allieve e allievi di 15 scuole elementari (classi superiori, età tra i 10 e i 15 anni) della Regione litoraneo-montana, di cui 10 cittadine e 5 ubicate in centri rurali. La stessa è stata condotta in collaborazione con gli insegnanti di educazione fisico-sanitaria, i quali hanno fornito al team di ricerca i dati inerenti al peso e all’altezza dei ragazzi misurati all’inizio dell’anno scolastico (nel settembre del 2020) e quelli controllati a maggio del 2021, in occasione del loro rientro a scuola. Nel succitato periodo gli alunni inserivano tutte le informazioni all’interno di un questionario elettronico anonimo, relativi alle attività fisiche, al sonno, al tempo speso davanti allo schermo, alle abitudini alimentari, alle conoscenze relative all’alimentazione, come pure una serie di risposte riferite alle emozioni, ai sentimenti e alle riflessioni inerenti al lockdown dovuto al Covid-19. Lo stesso è stato compilato su base volontaria da 1.370 alunni (43,5p.c.), di cui 639 (46,6 p.c.) ragazzi e 731 (53,4 p.c.) ragazze.

Aumento di peso e fragilità

”I genitori, con il loro esempio, devono motivare i ragazzi ad abbracciare uno stile di vita sano, ad alimentarsi in modo adeguato, a diminuire il tempo trascorso davanti al cellulare o a uno schermo, a spendere più tempo all’aria aperta e praticare maggiormente qualche attività fisica”, ha affermato Palčevski, ringraziando le autrici dell’inchiesta per il loro impegno.

Sandra Pavičić Žeželj ha spiegato che “l’emergenza da coronavirus ha apportato grandi cambiamenti nelle nostre vite. Nel 2020 le scuole sono dovute passare alla didattica a distanza. Come molte altre indagini condotte nel mondo, anche noi abbiamo voluto capire in che modo il fare lezione da remoto sta incidendo sui nostri ragazzi. Dai risultati è risultato che hanno diminuito l’attività fisica (per lo più i maschietti), hanno aumentato le abitudini sedentarie, sono saliti di peso (il 3 p.c. le bambine e l’1 p.c. i bambini) e hanno allungato le ore di sonno”, rilevando che, indipendentemente dal cibo assunto (che, in molti casi, consisteva anche in generi alimentari sani, quali frutta e verdure), la quantità è aumentata.

Sulla scia delle sue affermazioni, la dott.ssa Gordana Kenđel Jovanović ha dichiarato che “l’inchiesta ha confermato ciò che, in effetti, ci si aspettava, ovvero un aumento dell’assunzione del cibo (dal 21 p.c. all’inizio dell’anno scolastico al 24 p.c. registrato nel 2021) da parte degli alunni. Coloro che, anche prima del lockdown, avevano sane abitudini alimentari e maggiore consapevolezza dell’importanza di nutrirsi in modo salutare, hanno aumentato meno di peso. Una nota positiva è rappresentata dal fatto che, dal questionario proposto ai ragazzi, è risultato che la maggior parte di loro ha buone conoscenze alimentari, Ciò è il risultato di validi programmi educativi, quali la Piccola scuola della corretta alimentazione, promosso dalla Città di Fiume”.

In conclusione, la responsabile del Dipartimento di medicina scolastica e universitaria dell’Istituto regionale di salute pubblica, Nataša Dragalj Zubalj, si è soffermata sull’impatto della DAD sulla psiche, sull’emotività, sulla socialità, sui comportamenti e gli stili di vita degli allievi in questione, sottolineando che “dai risultati ottenuti è emerso che il periodo delle lezioni da remoto ha avuto conseguenze negative sull’umore, sul rendimento scolastico, sulla capacità di socializzare e la maggior parte dei ragazzi ha provato emozioni negative, tra cui paura, ansia, stanchezza e preoccupazione”.

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