Dopo Basovizza

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Dopo Basovizza

Le dichiarazioni incaute pronunciate a Basovizza in occasione del Giorno del Ricordo dagli alti esponenti della Repubblica italiana e dell’Unione europea hanno scatenato la buriana. I giornali italiani ha riservato un po’ d’attenzione all’offensiva diplomatica slovena e croata perché ad essere investito fu il presidente del Parlamento europeo, ma rimane un problema ‘lontano’, sia geograficamente sia in termini di incidenza. Le prospettive cambiano, se per il Bel Paese è una notizia come tante, in Slovenia, invece, è la notizia, con la quale è stato aperto il telegiornale del servizio pubblico, mentre nel “Delo”, il principale quotidiano, stranamente questa non è finita in prima pagina, a differenza dei giornali croati, regionali e non, che hanno dedicato ampio spazio alla vicenda. 

Per un caso fortuito la stampa triestina ha riportato la notizia (il “Primorski dnevnik” in prima pagina, chiaro segno vi siano sensibilità diverse) del premio conferito alla studentessa Giulia Rorato del liceo sloveno di Trieste “France Prešeren” nell’ambito del concorso “Juvenes Translatores”, promosso dai traduttori della Commissione europea per la migliore traduzione (nel caso specifico dallo sloveno all’italiano), conseguito da una giovane di famiglia italiana, ma frequentante l’istituto scolastico della Comunità nazionale slovena. La ragazza che fin dalla scuola materna è entrata in contatto con la lingua, cultura e identità slovena, oggi è bilingue, con l’orizzonte indubbiamente più aperto – antidoto prezioso contro gli stereotipi, perché possedere gli strumenti per conoscere è una ricchezza non da poco – e rappresenta certamente una vicenda positiva, moderna, che proietta in un futuro più rispettoso delle varie componenti di questo plurale spazio geografico altoadriatico, che necessita di dialogo, collaborazione e sinergia, per niente scontati solo perché il confine fisico non esiste più. Questo episodio felice trovava spazio accanto alla bagarre e al subbuglio diplomatico all’indomani della commemorazione tenutasi a Basovizza. Le parole hanno il loro peso e chiunque abbia un minimo di buon senso concorda vi siano state diverse affermazioni fuori luogo. Nell’occhio del ciclone è finito il presidente del Parlamento europeo Tajani, che con la chiusura del suo intervento – imprudentemente, giacché era in veste ufficiale – ha sollevato paure ataviche e alimentato – a mio avviso esageratamente, ma conoscendo gli spauracchi non è una novità – il timore di possibili ‘appetiti italiani’ sulla sponda opposta dell’Adriatico – questa è l’interpretazione data – tema caro e presente costantemente in non pochi ambienti sloveni e croati con la paranoia dell’irredentismo italico. Tutta l’attenzione si è focalizzata su quegli ‘evviva’, mentre slittarono in secondo piano o addirittura non emersero alcuni passaggi del ministro dell’Interno nonché vicepremier Salvini, la cui iperbole, oltre a proporre un’esagerazione, ha diffuso un’enorme falsità, perché la macchina della morte di Auschwitz non può essere accostata in alcun modo al fenomeno degli infoibamenti e delle liquidazioni del secondo dopoguerra. Le affermazioni incontrollate e la diffusione di messaggi ambigui e pericolosi passano velocemente nell’opinione pubblica, rispetto ai risultati storiografici che faticano ad essere assorbiti persino nei manuali scolastici, figuriamoci altrove. Queste asserzioni improponibili sono per niente dissimili da altre corbellerie, come le foibe ‘dannunziane’, frutto della fervida immaginazione di un accademico (!) sloveno, o la tesi secondo la quale sarebbero stati i fascisti i primi in ordine di tempo a sopprimere per infoibamento, tirando in ballo una canzonetta che secondo taluni costituirebbe la ‘prova regina’. Anche l’affermazione secondo la quale le terre dell’Adriatico orientale sono croate da sempre è una ciarlataneria. Nazione e stato per la nazione, quanta confusione! Con gli avvenimenti successivi al Secondo conflitto mondiale, grazie al regime comunista molti videro la concretizzazione del risorgimento nazionale ottocentesco, congelato dalla Grande guerra e successivamente bloccato dal fascismo, che aveva dato corpo alle aspirazioni nazionali e territoriali, entrando con gli eserciti a Trieste, Gorizia e Klagenfurt, tre dei quattro cippi confinari (assieme a Maribor) come li definì il poeta sloveno Oton Župančič nel primo Novecento, sebbene poco dovessero indietreggiare. È una storia articolata e complessa, le memorie devono essere rispettate, la storia conosciuta e compresa se desideriamo superare la frammentazione del passato con i suoi spettri che ancora provocano conflittualità. Ci vuole cultura, dialogo e sensibilità se vogliamo affrontare questa nebulosa stagione di demagogia, autoritarismo, chiusure e percorsi azzardati, impregnati d’intolleranza e uso della violenza declinata sotto varie forme. Sono segnali di una regressione generale. Nelle nostre terre, con i suoi delicati equilibri, ci vuole verità, rispetto e una buona dose di onestà intellettuale. Ne abbiamo tanto bisogno.

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