Ad Assisi per onorare le vittime dell’esodo

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Ad Assisi per onorare le vittime dell’esodo

ASSISI | Il prof. Konrad Eisenbichler, vincitore del Premio Dignità giuliano-dalmata nel Mondo, nell’albo d’oro del Comune di Assisi ha scritto: “Accetto questo premio a nome mio e della comunità giuliano-dalmata di Toronto alla quale appartengo”. Ha voluto così ribadire la solennità del momento ma anche significare l’importanza di sottolineare la realtà di un popolo sparso ovunque in Italia e in tutti i continenti. È la scia lunga dell’esodo che, con il Giorno del Ricordo, palesa la propria complessità. Si può chiamare popolo una comunità di genti sparse? Quasi fosse una risposta a questa domanda mai formulata direttamente ma presente, la cerimonia di consegna del Premio, istituito otto anni fa dal Comitato ANVGD di Perugia, rappresentato da Franco Papetti, dalla Società di Studi Fiumani di Roma, presieduta da Giovanni Stelli e dal Comune di Assisi, ha dato una risposta chiara: c’è un collante forte che unisce le nostre genti, al quale è giusto dare sempre maggiore consistenza.

Una vita costruita Oltreoceano

È quanto emerso dall’intervento del prof. Eisenbichler, che ha voluto raccontare in una
Sala della Conciliazione con tanti ragazzi delle scuole con i loro professori, assieme ad ospiti e spettatori, semplicemente la storia della sua famiglia e del lungo percorso che li portò negli anni Cinquanta da Lussinpiccolo all’Austria, patria dei nonni e del padre e poi in Liguria, a Ruta, dove il professore ha vissuto fino ai suoi dodici anni. Ma nel 1956, i fatti d’Ungheria, preoccupano suo padre che sente l’insicurezza del momento e decide di portare la famiglia Oltreoceano. Destinazione Canada. Si stabiliscono a Hamilton dove, tempo dopo, scopriranno esserci anche altre famiglie di esuli e creeranno una comunità. Il giovane Konrad, esauriti gli studi in loco, parte per Toronto per frequentare l’Università. Solo negli anni Novanta scoprirà l’esistenza di un Comitato giuliano-dalmato e s’includerà immediatamente nell’attività dello stesso, diventando uno dei cardini delle iniziative del Comitato, tra cui due raduni mondiali dei giuliano-dalmati, per diventare successivamente presidente della Federazione dei giuliano-dalmati in Canada.
Ogni tanto torna a Lussinpicolo, la prima volta quando aveva diciassette anni. Parte della sua famiglia era ancora lì, la nonna paterna e i cugini. L’altra nonna era andata a New York con la sorella e il fratello della madre. Sparsi nel mondo, anche gli affetti hanno una diversa consistenza, i legami testardamente resistono. Esemplare l’episodio che ha voluto raccontare: “Prima di partire dall’Italia, passammo per Pisa per incontrare un cugino di mamma, Giuseppe Martinoli, biologo, scienziato di chiara fama, la moglie e i sei figli. Voleva che rimanessimo lì con loro, mio padre navigava, per mia madre era duro mandare avanti la famiglia. Ma partimmo. Dopo trent’anni una Martinoli mi chiede sul social se sono io quel Corrado che era passato da casa sua quando eravamo dei ragazzini. Interrogo mia madre che mi fa ricordare l’antefatto. Arrivo a Roma e c’è tutta la famiglia dei cugini ad attendermi, non lo zio Giuseppe che era mancato qualche anno prima. Ma ritrovo amicizia e affetti e un legame che la lontananza non ha scalfitto. Oggi mia cugina Adriana è qui, in prima fila, per assistere a questa cerimonia, in nome della mia famiglia sparsa”.
Si è parlato a lungo nella mattinata della condizione dell’esule, lo ha fatto nel suo discorso di saluto videoregistrato il sindaco, Stefania Proietti, e anche l’assessore Veronica Cavallucci ed è emerso nelle prolusioni.

Collaborazione tra esuli e rimasti

Franco Papetti, fiumano, in Umbria da quando era un bambino, professionista affermato, si è soffermato sul significato della parola esodo, fenomeno indotto dai fatti della guerra, dai primi infoibamenti del 1943 e di quelli successivi del 1945 ma anche e soprattutto dalla strategia del terrore messa in atto dal regime comunista. Le città si svuotarono, in alcuni casi anche del 98 p.c. A Montona su 1.500 abitanti italiani, ne rimasero 5. Cifre che indicano tutto il peso del momento.“Fu epurazione preventiva”, afferma il prof. Giovanni Stelli, che di questo tessuto lacerato sottolinea la capacità di ricostruire altrove, oltre che di comunità come nel caso dei giuliano-dalmati Oltreoceano, anche di realtà culturali come la Società di Studi Fiumani, già costituita a Fiume nel 1923 e che nella diaspora ha avuto la forza di rinasce, operare ed oggi, di collaborare con la comunità di Fiume, sia con i connazionali rimasti che con la municipalità, che viene sempre indicata anche con il nome Rijeka. Diventa così uno strumento per costruire laddove la storia ha diviso per troppo tempo.

La fuga come unica possibilità

Il prof. Paolo Anelli, studioso dell’opera in Umbria di Padre Orlini da Cherso, si è soffermato su elementi significativi per la comprensione della storia dell’esodo da queste terre: partendo dall’opzione. Chi ne aveva diritto e quando. Cosa significava presentare domanda alle autorità jugoslave, quali vessazioni subiva la popolazione coinvolta e che cosa innescava il rifiuto di concessione dell’opzione stessa? Episodi che egli ha raccolto ed analizzato e che ben disegnano la condizione di un popolo nella morsa di una dittatura a guerra terminata. La fuga come unica possibilità.
Una mattinata intensa, proseguita nel pomeriggio con la posa di una corona nel parco che ad Assisi porterà il nome dei Martiri delle foibe. Va lentamente a chiudersi il lungo lavoro di un gruppo di persone che, qui come dappertutto, si spendono ogni anno per fare testimonianza nelle scuole e comuni, con la speranza che la dignità di un popolo venga riconosciuta. Perché, come sottolineato dal prof. Eisenbichler: “La nostra gente ha contribuito alla crescita dei Paesi in cui è esodata”. È stato in gran parte un esodo d’eccellenza, che va riconosciuto. Il giorno precedente il Premio, il professore di Toronto aveva tenuto all’Università di Perugia una lezione sulla Poesia di Angelo Grohovaz, che in Canada aveva trovato casa e lavoro ma rimanendo sempre legato a Fiume. La lontananza dalla sua città diventa il leit motive della sua opera, sia del romanzo “La strada bianca”, sia delle numerose raccolte di poesia in italiano e in dialetto “fiuman”. Un altro esempio di vite incrociate. E molte continuano ad esistere nei legami tra le persone. Il 10 febbraio diventa così un’opportunità anche per creare rete tra chi appartiene a questo mondo disperso, emblematico della storia del Novecento e del secolo in cui viviamo.

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