Favole moderne contro geografie antiche

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Favole moderne contro geografie antiche

“[I fanciulli] vengono oppressi con una moltitudine di particolarità, che nulla lascia loro comprendere, o si trascura di fissar la loro immaginazione, la quale facilmente si svaga. Sono forniti più di memoria, che di discernimento: convien dunque servirsi dell’una per ispirar loro l’altro”. Così scriveva il geografo e filosofo francese Nicolas Lenglet Du Fresnoy nell’introduzione al suo libello istruttivo “La geografia de’ fanciulli”, pubblicato nel 1736 a Parigi e tradotto con successo a Milano, nel 1784. Lezione che, se non fosse per il lessico obsoleto, meriterebbe tanto un’effige nelle scuole pubbliche, quanto un promemoria sullo specchio d’ingresso di molte famiglie. Che il “fanciullo” abbia più memoria che giudizio, oggi non pare affatto un’ovvietà. Ma questo non perché siano cambiati i “fanciulli”, bensì perché sono gli adulti ad aver perso il contatto con quella realtà evolutiva, di cui, invece, dovrebbero essere i tutori. Al graduale dissolvimento della famiglia, come prima istituzione sociale in cui apprendere il valore degli affetti e definire i propri ruoli, segue sempre più un declino nella scuola, dove al gioco di gruppo, preposto alla sperimentazione dell’alternanza tra libertà a doveri, si vanno via via sotituendo dinamiche deleterie di vilipendio e braveria. Se ciò accade, è per via della mancanza di un’autorità, da non intendersi solo come potere punitivo: i giovani hanno bisogno di riferimenti. Modelli da imitare. Se il modello non c’è e il giudizio viene così a mancare, più che diventare degli individui responsabili, i “fanciulli”, dovendo provvedere da soli a sé stessi, non possono che evolversi in vittime o in delinquenti. È facile estromettere la capacità di giudizio distraendo la memoria con i folti (e inconsistenti) contenuti multimediali, di cui oggi i giovani, privati della protezione necessaria alla loro età, si nutrono con voracia in solitudine, ma per carenza di meglio. Anzi: d’altro. Un insegnante che in un Istituto di Venezia fa uso di hashish, non può esercitare alcuna autorità credibile su degli alunni, che a loro volta assumono e spacciano droga, come è emerso nel corso delle recenti operazioni «Scuola sicura», promosse dalla polizia. Clamoroso caso in cui il giudizio è del tutto assente nell’adulto, per giunta un pedagogo, poiché incapace di istruire il giovane aiutandolo a distinguere tra il bene e il male, tra la cosa giusta e quella sbagliata, tra il sano e il perverso. Se le forze dell’ordine italiane perquisiscono e presidiano le classi, mentre il ministro dell’istruzione francese, Jean-Michel Blanquer, sta valutando con quello dell’interno, Christophe Castaner, di presidiare le scuole per proteggere gli insegnanti dalle aggressioni degli studenti, c’è poco da indignarsi e gridare al ritorno del fascismo, sfilando in piazza a San Lorenzo a Roma, come di recente ha fatto l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia). Dov’è il giudizio degli adulti, che preferiscono paventare fantasmi piuttosto che affrontare la realtà? Mentre all’Istituto superiore “Floriani” di Vimercate (Monza), un’insegnante di 55 anni viene presa a “sediate” al buio, in aula, riportando lesioni e contusioni varie, i padri comboniani attaccano il Ministro dell’Interno per aver definito “vermi” gli aggressori di Desirée Mariottini, la 16.enne drogata, seviziata, stuprata e uccisa a Roma lo scorso 18-19 ottobre. I media si sono focalizzati sulle urgenze, ma pochi hanno indagato la natura delle priorità da risolvere, per parare quest’ondata di violenze etiche. Altrettanto sconvenienti alla tragedia delle circostanze gli interventi dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini, quando ha dichiarato che “sta coi cittadini che non sopportano più degrado, incuria e violenza”, e di Roberto Fico, che, come alternativa alle “ruspe” di Salvini, propone “amore e coesione sociale per costruire una comunità solidale”.
Se Desirée potesse tornare, magari chiederebbe alla Boldrini se si ricorda del degrado che già c’era in quel quartiere mentre era alla Camera, e a Fico potrebbe ribattere che, per quanto la riguarda, non si può negare che si sia prodigata nel sostegno di una comunità solidale, frequentando degli adulti stranieri di cui, oltretutto, ha contribuito a favorire l’economia. Il punto è che le hanno venduto della droga (è amore, questo?) e l’hanno uccisa (perché non sopportano il degrado e l’incuria?). Perché gli adulti non giudicano? Forse affinché i giovani non ricordino, e non ricordando non imparino? Chi sono, dunque, gli orchi di queste favole moderne che non vengono più lette la sera, ma vissute nella notte e sfalsate di giorno? Come viaggeranno i “fanciulli” in questa vita, se la geografia insegnata loro dagli adulti è fatta di vicoli ciechi, trappole e lunapark popolati da draghi, serpenti e ambigue fattucchiere?

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