In ricordo di Nicolò Werndorfer

Perseguitato fiumano di religione ebraica, subì il peso delle leggi razziali ma riuscì a salvarsi

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In ricordo di Nicolò Werndorfer

Fu nel 2012 al pranzo di San Nicolò organizzato da Licia Pian a Recco, che conobbi Nicolò Werndorfer e la sua signora. Ebbi così modo di apprendere i suoi lucidi ricordi di vita fiumana e la sua storia di perseguitato dai tedeschi e come ebbero la fortuna di salvarsi, a differenza di altri fiumani, Werndorfer suoi parenti.

 

Di padre austriaco e madre ungherese, dodicesimo figlio di una numerosa famiglia, nacque nel 1916 in Via Angheben. I suoi giochi infantili li faceva in Riva dei bodoli, fra le cataste di legna. Tra l’altro ricordava perfettamente la Cittavecchia, addobbata per San Vito con i festoni di “lavrano” e la sua partecipazione al palo della cuccagna, che si svolgeva in Piazzetta San Micel. Essendo di religione ebraica, a 13 anni entrò nella maggiore età con la tradizionale cerimonia del Bar mitzvah, nella maestosa sinagoga di Via Pomerio. Da militare iniziò la carriera in Marina, a Taranto, ma nel 1938 fu espulso a seguito delle leggi razziali di Mussolini, quando perse anche la cittadinanza e divenne apolide.

Tornato a Fiume trovò ugualmente occupazione presso la ditta vinicola “Bacco” di Torino, che aveva i magazzini in Porto Franco a fianco di Riboli, mentre venne cestinata la sua domanda d’assunzione presso i Magazzini Generali, perché ebreo.

Scoppiata la guerra fu protetto da Giovanni Palatucci perché, nel frattempo, lui si era convertito forzatamente al cristianesimo, ma nel 1944, quando arrivarono i tedeschi, conobbe sulla propria pelle il marchio dell’odio razziale e mentre i genitori e un fratello vennero mandati a morire ad Auschwitz, lui riuscì a scappare nella campagna di Torino dove, durante una perquisizione nazista, mancò un pelo che i soldati tedeschi lo infilzassero con un forcone con il quale cercavano tra la paglia dove pensavano poteva essersi nascosto. Quando nell’aprile del 1941 ci fu l’attacco alla Jugoslavia e l’intera popolazione della città fu evacuata dalla città, egli venne sfollato insieme agli altri ebrei ancora rimasti a Fiume, a Caprino Veronese, sorvegliato dai Carabinieri su vagoni chiusi. Idem al ritorno.

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