ROBE DE MATTEONI Senza qualità diventa tutto più difficile

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ROBE DE MATTEONI Senza qualità diventa tutto più difficile

Il mio secondo figlio è nato nel 1998, a tre giorni dalla partenza per il mio “esordio” a un Mondiale di calcio. Il giorno prima d’imbarcarmi sull’aereo a Pola per Zagabria, e poi da lì per Parigi, mia moglie e Paolo tornarono a casa. Una delle cose più belle nella vita. Prima di partire dissi a mia moglie, che restando a casa doveva badare a due figli, di non preoccuparsi. La Croazia non gioca bene, tra due settimane rientro…
Dopo che la nazionale passò il gruppo e prima della partita con la Romania, mia moglie mi chiamò chiedendomi “Come va?”. “Bene – risposi –, forse già stasera parto per Pola”. Tutto rinviato, gol di Šuker, dopo due rigori, e quarti di finale. Altri 4 giorni in Francia. Mia moglie naturalmente richiama, dicendomi: “Ma tu mi stai prendendo in giro? La Croazia gioca benissimo, qui c’è euforia, sono tutti sicuri che batteremo la Germania”. “Tranquilla – risposi convinto –, questa volta non si passa, i tedeschi sono troppo forti”. Infatti… arrivò uno storico 3-0 con tanto di semifinale. Sono strafelice al Gerland, mitico stadio di Lione. Riesco a fare anche uno scoop, arrivando a due metri dal Presidente Franjo Tuđman: tutti si guardano intorno, ma come ha fatto questo tizio a eludere il servizio di sicurezza. Già, come? Mi sono arrangiato, conoscevo il “capo” del Lione. Mi ha introdotto lui, poi mi ha detto: una volta nella zona VIP presidenziale, sbrigatela da solo. Beh, m’aspettavo di venire cacciato, ma ecco il colpo di scena. Il Presidente Tuđman mi vede, dice il mio cognome (?!) e, pure lui strafelice, mi viene incontro. Ho il registratore in mano. Il Presidente è euforico, come tutti, e mi raccomanda di scrivere che la squadra è un gruppo di fenomeni di livello mondiale… Finita l’intervista di una decina minuti ecco la classica chiamata. Mia moglie. Sono sicuro che me le dirà di tutti i colori. Paolo ha già 28 giorni e io giro il mondo e me la godo; lei deve fare gli straordinari di giorno e di notte per far funzionare la casa. Niente di tutto questo. La “mia signora”, appena risposi, urlava: “Grande Croazia, qui è festa grande, e tu come stai?”. “Ma non sei arrabbiata – chiesi –. Dicevo che in due settimane sarei ritornato e adesso ci resto più di un mese in Francia?”. “Beh – fu la sua risposta –, ricordo che spiegavi che la Croazia aveva uno squadrone. Avevi buon fiuto, te la meriti di godertela fino alla fine. Poi, in fin dei conti, è anche il tuo lavoro, o sbaglio…”.
Dieci anni più tardi, prima di partire per Parigi, Paolo era già un ragazzino. “Portami la maglia di Zidane”, la sua richiesta. C’era la partita tra la Francia ‘98 e una selezione del mondo. I francesi volevano ricordare il loro primo trionfo Mondiale e come ospiti chiamarono pure Boban e Šuker. Loro due m’invitarono e a Parigi vivemmo tre giorni spettacolari. Un po’ di nostalgia per la semifinale persa con la Francia, ma tanta energia positiva con personaggi calcistici di fama mondiale. Poi l’intervista con Thuram, sulle gradinate d’ingresso del locale dove si svolgeva la festa, alle due di notte: ricordava i due unici gol segnati con la nazionale, proprio in quella semifinale. “Avevamo paura della Croazia – raccontò –, perché era pronta per vincere il Mondiale. Qualità e talento da vendere e l’entusiasmo dei debuttanti di una nazione giovane e indipendente. Non so come riuscì a segnare quei gol. Sarà stato il destino…”.
Dopo aver visto migliaia di partite, alle volte mi capita di intuire cosa succederà in campo prima che inizi la gara. Direi che non è solo esperienza, ma anche una questione d’istinto. Dopo 10-15 minuti spesso e volentieri ci azzecco. Sabato scorso, prima di Istra-Osijek, con un’atmosfera negativa che si era creata intorno ai gialloverdi dopo tre sconfitte di fila (Hajduk, Varaždin, Dinamo), intravedo una luce di speranza per i polesi. Il direttore sportivo Saša Bjelanovič, già nell’occhio del ciclone della critica per l’operato durante il mercato, ha messo in pratica quello che aveva promesso dal primo giorno del suo arrivo. Prima fase: portare validi giovani; seconda fase: alzare il tasso di qualità con l’innesto di 4-5 rinforzi veri. Detto, fatto. Adesso gli è rimasto di completare la terza fase, ovvero chiudere le pratiche dei giocatori in uscita e quindi rafforzare la rosa con un paio di giocatori che fanno la differenza. Siccome contro l’Osijek si era giunti alla fine della seconda fase e vedendo i giocatori arrivati (Bakrar, Mumba, Caceres, Erceg…) in allenamento, sono sicuro che l’Istra sarà una squadra molto diversa rispetto a quella che ha perso contro il Varaždin al Drosina. Come gioco e qualità. Lo spiegavo ad alcuni tuttologi, che mi rimproveravano di non avere criticato l’operato del club nella sessione di mercato. È risaputo che il “vero” campionato dell’Istra inizia sempre alla fine di agosto. Oggi dico solo che se l’Istra non fosse così bravo forse l’Osijek avrebbe vinto…
Stasera a Sebenico si può anche perdere. Ci saranno ancora sconfitte e vittorie, momenti
buoni e negativi. Parliamo di calcio. Però non dimentichiamo mai che la qualità è l’ossigeno
del calcio. Più ne hai, meglio è.
Tornando a Parigi, Wenger lo ascoltai quasi un’ora con il suo essere misurato e metodico nello spiegare il calcio. Però la questione della qualità me l’aveva ripetuta almeno 3-4 volte in differenti contesti, dalla vittoria della Francia al grande torneo disputato dalla Croazia, ma pure nell’ottica globale del gioco con il pallone. Nella dimensione della SuperSport HNL la sua filosofia è stata solo confermata, simbolicamente, con le tre reti dell’algerino Bakrar, solo una convalidata per i tre punti importantissimi. Fino all’Osijek si ironizzava sul ragazzo. Già durante la partita il pubblico lo ha preso in grande simpatia, mentre l’ex
Beljo – applaudito dai tifosi locali – lasciava il campo infelice per la sconfitta. Sono i destini
del calcio…

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