LO SPECCHIO Quei quattro bambini resilienti…

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LO SPECCHIO Quei quattro bambini resilienti…
Photo: Diego Baravelli/dpa /DPA/PIXSELL

Diversi romanzieri si sono cimentati con la descrizione della giungla, un ambiente tra i più difficili del mondo; basti pensare a Rudyard Kipling, a Emilio Salgari, a Joseph Conrad, o a Gabriel Garcia Marquez, tanto per citare nomi tra i più noti. Un conto però è descrivere quell’intrico di vegetali, magari senza averci mai messo piede, come il nostro Salgari, altra cosa è conoscerlo per esserci vissuti, o, almeno, per averlo parzialmente esplorato.
Di Lesly, Solecni, Tien e Cristian, i quattro bambini sopravvissuti per quaranta giorni nella giungla colombiana, una delle più impenetrabili e pericolose al mondo, i media hanno parlato a lungo. Una sopravvivenza che ci è parsa miracolosa, soprattutto per l’età dei piccoli: 13, 9, 5 e 1 anno! La prima difficoltà è stata superare lo shock generato dal precipitare del piccolo aereo e dalla morte improvvisa dei suoi passeggeri adulti. (Provate a immedesimarvi solo per un momento in quella situazione chiedendovi come voi, adulti, avreste reagito…). Poi, acquisita la consapevolezza che erano rimasti soli, cercare di mantenersi in vita. I bambini hanno saputo cavarsela, provvedendo anche al più piccolo, alimentandosi con quanto veniva loro lanciato dall’alto dagli elicotteri che li cercavano, senza peraltro riuscire a individuarli, ma anche con quanto offriva loro quella natura selvaggia, ma densa di risorse. Risorse che i bambini sono stati in grado di sfruttare con sagacia grazie agli insegnamenti della nonna, depositaria di un sapere ancestrale a noi del tutto sconosciuto, persosi nella notte dei tempi. Ciò che però li ha aiutati è stata una straordinaria forma di resilienza, che, detta con termini rigorosamente psicologici è “la capacità di reagire a traumi e difficoltà, recuperando l’equilibrio psicologico tramite la mobilitazione di risorse interiori e la riorganizzazione in chiave positiva della struttura della personalità”. Capacità di resilienza anch’essa appresa, trasmessa di generazione in generazione, connaturata imprescindibilmente con un contesto ambientale privo di cesure tra la natura e gli stili di vita degli umani, nella fattispecie il gruppo etnico Huitoto che vive lungo le sponde del fiume Caquità, tra la Colombia e il Brasile. In quel contesto, da sempre, i bambini, appena grandicelli, vengono esortati ad aver cura dei fratelli minori. Altro che baby-sitter!
Inevitabile chiedersi se dei coetanei di quei bambini, appartenenti alle società da noi definite “evolute”, governati da telefonini e pc che li orientano sempre più verso un mondo fasullo, lontano dalla realtà, e che stanno progressivamente perdendo l’uso creativo delle mani, sarebbero stati in grado di sopravvivere. La risposta, senza appello, è no. Troppo fragili. Il mondo dell’educazione, familiare, scolastica, del tempo libero dovrebbe porsi degli interrogativi, forti, chiedendosi come invertire una pericolosa linea di tendenza, dato che i nostri giovani potrebbero, domani, non saper reggere il peso del mondo sulle loro deboli spalle.

* psicologo – psicoterapeuta, già dirigente del Servizio Sanitario Nazionale e docente di Psicologia all’Università degli Studi di Udine

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