L’INTERVENTO Perché Netanyahu fa riferimento alla Bibbia?

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L’INTERVENTO Perché Netanyahu fa riferimento alla Bibbia?

Negli anni successivi alla Guerra fredda ebbero inizio cambiamenti drammatici nelle identità delle persone e nei simboli che le incarnavano. Il quadro politico globale cominciò a essere riconfigurato sulla base di criteri culturali. Su questo presupposto Samuel Huntington, politologo conservatore americano, scrittore politico e professore, sviluppò la sua teoria secondo la quale le principali differenze tra i diversi popoli non sono più di natura ideologica, politica o economica, ma di natura culturale e religiosa. Ad esempio, cosa succede ora nella Striscia di Gaza? Secondo le informazioni fornite dai media, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, durante una conferenza stampa, ha citato la Bibbia ebraica/Tanah: “La Bibbia dice che c’è un tempo per la pace; questo è un tempo per la guerra. La nostra sarà la vittoria del bene sul male. Una guerra per il nostro futuro comune”. Lo ha detto perché è convinto che ciò che è bene per Israele, è automaticamente bene anche per l’umanità. Ciò vale anche per i crimini commessi contro Israele da Hamas: vengono considerati crimini contro l’umanità. Netanyahu ha parlato anche degli Amaleciti, una tribù menzionata nella Torah (Bibbia ebraica), per giustificare le sue azioni nell’enclave palestinese di Gaza. Tra l’altro, ha citato anche il libro di Isaia: “Perché il popolo e il regno che non vorranno servirti, saranno tutti sterminati. Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si dileguerà, perché il Signore sarà per te luce eterna (Isaia 60:12, 20)”.

Che cosa significa quando il primo ministro israeliano sente il bisogno di citare la Torah? Nella Sacra Bibbia, Dio dona al suo popolo eletto la Palestina e gli ordina di sterminare gli Amaleciti, il popolo arabo che si trova sulla sua strada. Nella Bibbia a cui fa riferimento Netanyahu si afferma pure: “Così dice il Signore degli eserciti: ho considerato ciò che ha fatto Amalek a Israele, va dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini (1 Samuele 15:2 e 15:3). Jahvè/Geova chiede a Mosè non solo di sterminare gli Amaleciti, ma anche di cancellare la memoria di Amalek sotto il cielo (Deuteronomio 25:19)”. “Il Signore ti ha fatto oggi dichiarare che tu sarai per lui un popolo particolare. Egli ti metterà per gloria, rinomanza e splendore sopra tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore tuo Dio com’egli ha promesso (Deuteronomio 26:18)”.

Salim Bustros, arcivescovo dell’Arcieparchia greco-cattolica di Beirut, in relazione alle dichiarazioni del primo ministro, ha sottolineato: “La terra promessa è tutta la Terra. Non vi è più un popolo scelto”. Ha osservato inoltre che il “Nuovo Testamento ha superato il Vecchio”. A prescindere dalle diverse interpretazioni (corrette o meno corrette) legate al riferimento di Netanyahu alla Bibbia ebraica, non ci sono ragioni, anzi, per non prendere le sue parole sul serio. Sembra molto strano e insolito che nel 21° secolo diciamo che conoscere la Bibbia è importante per comprendere cosa sta accadendo oggi, non solo a Gaza. In che misura le citazioni dell’Antico Testamento siano attuali e importanti, lasciamo che ognuno lo giudichi da solo.

“Se Israele vuole uscire da questa crisi, deve sbarazzarsi del premier Benjamin Netanyahu”, ha affermato Gilles Kepel, membro dell’International board della Fondazione Med-Or e professore all’Università di Parigi, specialista dell’Islam e del mondo arabo (“La Stampa”). Oggi in Israele molti non condividono la politica di Netanyahu. Come riporta lo “Jerusalem Post”, il 56 per cento del campione intervistato, considera che Netanyahu deve dimettersi.

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