Divide et impera

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Divide et impera

Ha vinto la frammentazione, la filosofia del divide et impera. Ora che è stato creato il precedente, farebbe bene l’Unione Italiana a ripensare al suo impianto complessivo. Con i mezzi certi, che arrivano da Roma, Lubiana e Zagabria, assicurare i presupposti per il funzionamento delle istituzioni di cui è direttamente responsabile, come Edit e Crs, anche per legge. Poi arrivano gli altri, secondo una serie di precedenze che prediliga le sue basi, ossia le Comunità degli Italiani, perché devono rimanere aperte e al servizio dei connazionali. Successivamente tutto il resto, fino a esaurimento. Non ci saranno mezzi sufficienti per attività, scuole, manifestazioni, mostre, concerti, divise dei cori? Buona fortuna con i bandi cittadini, regionali, nazionali, internazionali, europei…
È quanto viene da pensare all’indomani dei risultati del bando Friuli Venezia Giulia. L’Unione Italiana mantiene i percorsi formativi per le scuole elementari italiane (50.400 euro) e gli incontri sportivi (30.200 euro), ma si ritrova con un Fondo di riserva più che dimezzato (21mila invece dei 58.599 euro richiesti).

Confermati, come auspicato dalla stessa UI, i mezzi per le spese di gestione e attrezzature della Scuola d’infanzia Pinocchio di Zara, per il programma di lavoro del Centro di ricerche storiche di Rovigno (quasi 86mila euro, ma niente 15mila euro per i festeggiamenti del 50.esimo della fondazione, le due cifre insieme avrebbero superato il tetto massimo imposto quest’anno per soggetto proponente). Finiscono invece in panchina – inspiegabilmente, considerato anche il più che positivo riscontro che l’iniziativa ha avuto sul territorio e all’estero –, gli abbonamenti digitali alle testate della casa editrice Edit di Fiume (88.331 euro). Rimangono in attesa di un ripescaggio, assai improbabile. Decisamente bocciati, invece, i quasi 270mila euro del Fondo di promozione per le attività istituzionali delle Comunità degli Italiani di Croazia e Slovenia, la metà del capitolo, che come da consuetudine “gravava” sull’FVG.
D’altra parte, entrano tante piccole iniziative di singole Comunità degli Italiani e diversi altri soggetti. Oltre all’UI, che per decenni si era vista riconoscere il ruolo di principale se non esclusivo proponente, sono stati promossi i progetti di dodici CI, e precisamente Abbazia, Cittanova, Draga di Moschiena, Lussinpiccolo, Fiume, Parenzo, Pisino, Pola, Rovigno, Spalato, Verteneglio e Zara. Quindi sì anche a quelli della Società artistico-culturale Lino Mariani di Pola, del Corso di Italianistica dell’Università di Fiume, della Facoltà di Studi interdisciplinari di Pola in convenzione con l’Ateneo triestino. Entrano nella lista anche l’Associazione italiana arte e spettacolo (AIAS) di Capodistria, il Consiglio della minoranza italiana autoctona della Regione istriana, la Comunità autogestita della nazionalità italiana di Capodistria, la Scuola elementare italiana Bernardo Benussi di Rovigno e la Biblioteca civica di Pola – Sezione italiana. Complessivamente, sono stati distribuiti 510mila euro a 24 soggetti per 42 attività.
Stavolta non c’è stato alcun comunicato, né dichiarazioni d’accompagnamento da parte di chi ha gestito il bando, ossia l’Università Popolare di Trieste. Proprio nei giorni dell’insediamento del nuovo governatore della Regione, l’ente di piazza Ponterosso ha pubblicato sul suo sito la “Graduatoria del Bando per l’esecuzione dei progetti finanziati dalla Regione Friuli Venezia Giulia” a seguito del concorso “pubblicato dall’Università Popolare di Trieste il 22 gennaio 2018, per l’esecuzione di progetti finanziati dalla Regione Friuli Venezia Giulia, volti a promuovere la conservazione e lo sviluppo del patrimonio culturale e linguistico del gruppo etnico italiano dei Paesi dell’ex Jugoslavia e i rapporti dello stesso gruppo con la nazione italiana ai sensi dell’Art. 27 bis della Legge Regionale 11 agosto 2014 n. 16”, aggiungendo che i progetti sono stati valutati “sulla base di una serie di precisi criteri”, quali ad esempio “la qualità delle proposte culturali e il grado di innovatività delle stesse, la rilevanza territoriale, l’ottimizzazione delle risorse, nonché la spesa storica su finanziamenti regionali destinata ai singoli soggetti rappresentativi”.
Non si fa cenno alla Commissione che ha valutato i progetti, non si spiegano determinate priorità, logiche che hanno portato alla scelta di alcune iniziative anziché di altre (ma forse l’UI, con la sua trasparenza e punteggi ci ha abituati male?!). Sfuggono diversi aspetti, balzano all’occhio incoerenze, anche rispetto alle indicazioni del Comitato di coordinamento sugli interventi dall’Italia fatti con soldi pubblici (provengano essi dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale o dalla Regione FVG). Ad esempio, l’escursione a Napoli di una Comunità degli Italiani: qual è la rilevanza territoriale o il grado d’innovatività? Fa parte di una nuova strategia transfrontaliera che l’FVG passi soldi a soggetti esterni alla CNI, nella fattispecie a enti statali/regionali di Slovenia e Croazia, che comunque avrebbero l’obbligo di finanziare attività a favore della Comunità italiana? È un caso che molte delle CI beneficiarie del bando siano vicine all’opposizione (leggi gruppo consiliare La Svolta)? O che la dirigente della Comunità che ha candidato più progetti (complessivamente 13, finanziati 6) sia stata la prima a sollecitare il decurtamento dei mezzi del FVG dai bilanci UI per il 2018?
Che ne avremmo viste delle belle – o, meglio, di brutte, anzi bruttissime – e che nulla sarebbe stato più come prima, si era già intuito; alle Assemblee UI di Rovigno e Buie (inizio e fine febbraio), il direttore dell’UPT Fabrizio Somma l’aveva anche confermato, ma senza darne una motivazione avvincente. All’UI può essere rinfacciato di non aver reagito tempestivamente e con sufficiente incisività politica; dall’altra parte, è un dato di fatto che assai poco poteva fare in assenza di volontà, nell’altra parte, di arrivare a una soluzione di compromesso che fosse all’altezza della fiducia e dei rapporti storici avuti con una Regione – e il suo braccio operativo – che si considerava storicamente vicina alle esigenze della Comunità nazionale italiana. Infatti, fino a quattro anni fa tutti i mezzi dell’FVG erano destinati alla CNI, c’era un Piano permanente di collaborazione UI-UPT che serviva anche a individuare le attività da realizzare in base alle indicazioni e alle esigenze della CNI.
E ha ragione il presidente UI, Furio Radin, quando parla di “ostentata disattenzione” da parte di un’UPT che ha rivendicato e si è ritagliata spazi e ruoli molto più ampi rispetto al passato, che continua a non dare risposte, che ha numerose “inadempienze” nei confronti della CNI (leggi fatture non pagate). Ma Radin segnala soprattutto che il problema è politico. Creato all’esterno – il colpo di coda dell’amministrazione regionale targata Pd –, ma, rendiamocene conto, con la complicità di un fronte interno, più o meno consapevole delle implicazioni e delle conseguenze delle proprie azioni. Chi ha accettato il gioco perverso imposto quest’anno, che ha voluto le istituzioni della CNI contrapposte le une alle altre, ha dimostrato di essere pronto a mandare all’aria, in cambio di qualche fetta in più di una torta già troppo piccola, i principi e il senso di Comunità.
Qualcuno ha voluto trasmettere, in piena campagna elettorale, un segnale di sfiducia in un sistema e in chi lo dirige? Non sono comunque questi i modi. Perché una volta smantellata, pezzo dopo pezzo, la propria soggettività, sarà difficile recuperarla in futuro. Un bando con quelle limitazioni andava disertato. Con un atto di coraggio e coerenza, con orgoglio italiano. Invece, ci siamo umiliati da soli. E ora non ci resta che chiedere rimedi alla nuova gestione politica dell’FVG. Una forza politica che la CNI avrebbe potuto prendere a esempio per coerenza e fedeltà. La speranza è ora che quel ritorno alla normalità, cui Silvio Delbello accennava ai microfoni di Radio Capodistria in riferimento al successo elettorale del centrodestra in Regione, investa anche i rapporti tra l’FVG e la CNI, tra l’UPT e l’UI.

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