DIARIO DI UN DIPLOMATICO Una trilaterale risuscitata

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DIARIO DI UN DIPLOMATICO Una trilaterale risuscitata

Alla fine del 2020 i media di tre Paesi – l’Italia, la Slovenia e la Croazia – hanno seguito con grande risalto la riunione trilaterale dei capi delle diplomazie a Trieste, in cui è stata adottata una dichiarazione congiunta nella quale si rileva come il “Mare Adriatico venga visto come un ponte che unisce tutti i popoli di queste terre e sia fonte di sviluppo per tutti”. Assolutamente encomiabile, quest’iniziativa italiana ha risuscitato una vecchia idea che era caduta nel dimenticatoio diplomatico.
Infatti, nel 2013, quando già ero da un anno l’Ambasciatore croato a Roma, il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Enrico Letta, aveva ventilato l’idea di istituire una “trilaterale Adriatica”, una riunione dei premier di Italia, Slovenia e Croazia. Proprio con l’idea di costruire un ponte immaginario sul Mare Adriatico tra i tre popoli. Eravamo nel 2013 – un “annus mirabilis” per la diplomazia croata, e anche per me nella capitale italiana. In luglio la Croazia era entrata nell’Unione europea, l’atmosfera tra gli Ambasciatori dei Paesi dell’UE nella capitale italiana era permeata da ottimismo, comprensione reciproca e voglia di cooperazione a tutti i livelli. E poi, ancor prima dell’ingresso della Croazia nell’UE, a Roma c’era stato il cambiamento alla guida del governo. Dopo Monti “l’austero”, come veniva chiamato scherzosamente dagli Ambasciatori dei Paesi europei che si riunivano spesso a Roma non solo per il rituale pranzo ambasciatoriale, ma anche per scambiare idee e opinioni sulla politica italiana, le redini del governo erano state assunte, alla fine di aprile, da un nuovo presidente del Consiglio, Enrico Letta. E l’incarico di ministro degli Esteri era stato affidato a Emma Bonino, una figura ben conosciuta a tutti quelli che si interessavano di politica europea. E come consuetudine, il nuovo presidente del Consiglio era intervenuto, pochi giorni dopo l’insediamento, alla riunione degli Ambasciatori “europei”, con un discorso sostanzioso sulla politica del nuovo governo.
E ciò era stato commentato con soddisfazione dall’Ambasciatore spagnolo Francisco Javier Elora Cavengt, che esibiva, in precedenza, un “grugno diplomatico” verso il governo Monti, perché non molto soddisfatto dal trattamento del suo ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, un diplomatico di carriera, nei confronti degli Ambasciatori “europei”. Un ministro, diceva l’arcigno rappresentante diplomatico spagnolo, deve comunicare personalmente con gli Ambasciatori e non delegare questi contatti ai suoi subalterni. Però, con il governo Letta fu tutt’altra cosa: Emma Bonino, il nuovo ministro degli Esteri, era una persona amabile, comunicativa e poco rigida in fatto di protocollo. E cosi fu anche con Letta. Io, per fortuna, conoscevo Letta da un’altra angolatura: quella di autore di due libri importanti, “L’allargamento dell’Unione europea” pubblicato nel 2003, e poi “L’Europa a venticinque” del 2005, libri che avevano anche contribuito alla preparazione della Croazia per l’entrata nell’Unione europea, perché a quel tempo erano testi obbligatori per gli studenti del master in Studi europei, al quale insegnavo presso la Facoltà di Scienze politiche.
Pertanto non mi fu affatto difficile riallacciare i rapporti con Letta, e invece con la Bonino fu subito una simpatia neanche a prima vista, perché Emma Bonino era venuta varie volte in Croazia e nei Balcani durante la guerra nei primi anni novanta, ed era un “super esperto” di questioni balcaniche.
E così anche per me questo fu un periodo gratificato da rapporti molto stretti, anche su piano personale, con i protagonisti della politica italiana. Nell’autunno del 2013 Enrico Letta propose ai governi di Croazia e di Slovenia di avanzare di grado i rapporti bilaterali, organizzando la prima “trilaterale” a Venezia, nella sede della Fondazione Cini. E fu un successo. Nella prima riunione si gettarono le basi per una feconda cooperazione in tutti i campi d’interesse per l’Adriatico. Ci fu anche un seguito, in Croazia, ma poi vennero le complicazioni, i “disguidi diplomatici”, come si suol dire tra gli addetti ai lavori. Il governo sloveno guidato da Alenka Bratušek si trovò in difficoltà e la riunione in Slovenia slittò. E poi ci fu il colpo di scena italiano: dopo un anno di ottima tenuta del governo capeggiato da Letta, questi fu obbligato a rassegnare le dimissioni per via di un voto di sfiducia del suo partito d provenienza, il Partito democratico. Fu quasi un piccolo “colpo di Stato”, organizzato dall’allora segretario del PD, Matteo Renzi. E così Letta, che godeva anche della stima profonda del Presidente Giorgio Napolitano, fu messo da parte dal suo stesso partito. Anche l’iniziativa della trilaterale, fu destinata alla “damnatio memoriae”. Il successore di Enrico Letta, il giovane e intraprendente Matteo Renzi, aveva fatto fuori il suo predecessore per ragioni che nessuno dei miei colleghi Ambasciatori capiva. E neanche molti politici italiani capivano questa mossa che aveva arrecato un danno di “credibilità” alla politica italiana. Quando fu il turno del nuovo premier, Renzi, d’incontrarsi con gli Ambasciatori europei, egli delegò questo compito al suo ministro per le Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, che fu accolta con cordialità diplomatica, ma il mio collega spagnolo cadde di nuovo nella sua depressione abituale: ci siamo di nuovo, noi Ambasciatori siamo di nuovo relegati a fare i semplici corrieri!

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