La prima visita di un leader in Croazia

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La prima visita di un leader in Croazia

Il giorno del riconoscimento internazionale della Croazia, il 15 gennaio del 1992, si realizzò la prima visita ufficiale di una delegazione croata all’estero. E fu proprio in Italia, su invito del ministro degli Esteri Gianni De Michelis. Il ministro degli Esteri croato Zvonimir Šeparović – il primo a ricoprire la carica nel momento cruciale del riconoscimento dell’indipendenza croata – e io al suo seguito in quanto suo capo di gabinetto, fummo accolti con cordialità e grande amicizia. Nonostante l’assenza della delegazione slovena che avrebbe dovuto partecipare, con noi, alla celebrazione di questo importante evento, l’avvenimento fu e si svolse nella miglior tradizione della diplomazia italiana che vantava allora, come anche oggi, un’alta professionalità contraddistinta da un “esprit de corps” riconosciuto a livello internazionale come un servizio diplomatico altamente competente e capace.
Ma lo scopo di questa prima visita ufficiale era non soltanto presenziare a un avvenimento importante per la Croazia, ma anche ribadire, da parte di Zagabria, che intendeva rispettare pienamente lo status e la posizione della minoranza italiana in Croazia. Lo facemmo, quel giorno, in una comunicazione congiunta spianando lo spazio per un accordo futuro che prendesse in considerazione anche il ruolo e la posizione dell’esigua minoranza croata in Italia, nel Molise.
E infatti, nel 1996 è stato firmato l’accordo Dini – Granić, che ha sancito in forma di trattato gli obblighi dei due Paesi verso le rispettive minoranze. Ma quello che fù formulato allora, nel gennaio del 1992, era un passo indispensabile per porre le basi solide per uno sviluppo futuro. Devo dire che fummo criticati, il giorno dopo, dai rappresentanti della Chiesa croata a Roma: come mai avevamo potuto, così superficialmente, acconsentire di riconoscere tutti i diritti della minoranza italiana e di garantire la continuità con quello che era già un livello soddisfacente in Jugoslavia, in rispetto dei principi posti dalla Conferenza europea sulla sicurezza e la cooperazione di Helsinki, senza menzionare la reciprocità, la minoranza croata in Italia? E poi, i prelati croati al Vaticano insistevano su un numero di croati in Italia che non aveva alcuna conferma ufficiale: loro menzionavano il numero di 65.000 croati in Italia, una cifra non verificabile, che ancora oggi circola nel Ministero degli Esteri croato senza alcuna conferma.
A farci da ospite “operativo” a Roma, come d’abitudine in questi casi, fu il sottosegretario agli esteri, il senatore Claudio Vitalone, una figura di spicco della Democrazia cristiana, un magistrato con una grande reputazione che un paio di mesi dopo avrebbe ricoperto la carica di ministro del Commercio estero. Vitalone ci accompagnò per tutta la durata di quella visita breve, ma piena di contenuto. Ci incontrammo anche con uno dei massimi fautori del riconoscimento della Croazia, il senatore Flaminio Piccoli, presidente della Commissione esteri del Senato e, ancora più importante, presidente dell’Internazionale democratica centrista. In veste di presidente dell’Internazionale centrista si era adoperato per il riconoscimento della Croazia e della Slovenia negli mesi precedenti al fatto stesso, e il suo contributo era stato decisivo anche per persuadere Giulio Andreotti a dare luce verde da parte della DC. Vitalone poi, incontrandoci, aveva evocato le sue avventure “balcaniche”, essendosi trovato durante la Seconda guerra mondiale nel Montenegro come ufficiale degli Alpini. Dopo l’armistizio aveva rifiutato l’invito di unirsi ai “repubblichini” di Salò ed era riuscito a fuggire dal convoglio che era partito dal Montenegro per i campi di prigionia nazisti.
Ma la sorpresa più importante di quella visita non era stata soltanto la dichiarazione congiunta sulle garanzie in merito allo status e alla posizione del gruppo nazionale italiano in Croazia, ma l’annuncio, fatto proprio a conclusione dei colloqui, durante la cena ufficiale a Villa Madama, dell’imminente visita pianificata dal presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, in Croazia. Questa sì che era una bella sorpresa, perché con tale visita Cossiga è passato alla storia come il primo statista mondiale ad aver visitato la Croazia dopo il suo riconoscimento ufficiale da parte della Comunità europea.
L’annuncio ci aveva colti un pò alla sprovvista e la stessa sera avevamo telefonato d’urgenza all’Ufficio del presidente Tuđman per annunciargli questo importante avvenimento. Ed eravamo rimasti un po’ contrariati quando avevamo saputo, per telefono, che quello stesso giorno il Console generale italiano a Zagabria, Salvatore Cilento, promosso sul campo a livello di Ambasciatore, lo aveva già comunicato a Tuđman, togliendoci la soddisfazione della sorpresa che smentiva la diffidenza di Tuđman verso l’Italia. Ma quella diffidenza fu difficile da smantellare nonostante la visita di Cossiga e riaffiorava, di volta in volta, alla superficie complicando le relazioni con l’Italia.

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