Vanja Kauzlarić. Un’infanzia a ritmo di rock

L’Accademia Ri Rock sta destando successo con i suoi corsi volti ad avvicinare la musica ai bambini e farli innamorare della subcultura che ha plasmato pure la scena musicale fiumana

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Vanja Kauzlarić. Un’infanzia a ritmo di rock
Vanja Kauzlarić. Foto: RONI BRMALJ

Già dai tempi antichi la musica viene definita “cibo per l’anima” e viene usata per rinvigorire lo spirito, migliorare l’umore e divertire. Suonare uno strumento dà una sensazione di libertà, produce energia positiva e permette di esprimere emozioni e idee. Gli approcci allo studio della musica sono molteplici almeno quanto i generi musicali, ma è sempre un bene venire seguiti da un mentore o comunque una persona con un sapere più ampio. L’associazione Ri Rock, che organizza i corsi di studio negli spazi del Music Box nel capoluogo quarnerino, concessi dalla Port Authority di Fiume, ha lanciato qualche anno fa il progetto Ri Rock Akademija (Accademia Ri Rock) per educare un nuovo pubblico alternativo alla musica rock e incoraggiare i giovani a produrre musica in maniera spontanea e divertente. A parlarne è stato Vanja Kauzlarić, coordinatore dei programmi e dei vani, il quale ha esposto i risultati raggiunti finora e i piani per il futuro.

Quali corsi esistono all’Accademia Ri Rock?
“In questo momento il nostro programma offre corsi di chitarra, basso, batteria, canto, tastiera e percussioni, nonché un corso di batteria di gruppo per bambini e giovani dai 7 ai 14 anni d’età. Esiste pure una sala giochi musicale intitolata ‘Asilo Ri Rock’ per bambini dai 4 ai 7 anni”.

Disciplina e collaborazione
Che cosa sarebbe la batteria di gruppo?
“È un approccio un po’ diverso alla batteria classica, in quanto lo strumento musicale, composto da cassa (comandata generalmente dal piede destro), rullante, uno o più tom, e uno o due timpani, nonché i piatti, vengono suonati da una sola persona. Nel nostro caso questi elementi vengono scomposti e ogni bambino ne suona uno solo. Quindi il corso di batteria di gruppo, coordinato da Kristian Kirinčić ed Endi Oblak, insegna ai ragazzi non soltanto la teoria e la pratica musicale, ma l’importanza della collaborazione e socializzazione, disciplina e coordinazione. Il nostro primo gruppo ha avuto un discreto successo, ma col passare del tempo alcuni ragazzi hanno rinunciato, sono arrivati nuovi frequentanti e alla fine abbiamo dovuto ridimensionarlo. Quelli più bravi hanno continuato a suonare nelle band o a frequentare corsi individuali, mentre gli altri sono entrati a far parte di un gruppo nuovo di principianti. La nostra prima esibizione dal vivo è stata nel 2020 all’apertura del Festival per l’infanzia Tobogan, mentre l’ultima è stata qualche giorno fa all’apertura del Festival natalizio nel Benčić. In questo momento abbiamo tre gruppi. La linea di demarcazione che usiamo solitamente sono gli undici anni. Due gruppi di bambini entrano nella fascia d’età dai 7 agli 11, mentre un gruppo è composto da ragazzi dagli 11 ai 14 anni, ma ovviamente se qualcuno ha un talento particolare può passare al gruppo più avanzato indipendentemente dall’età. Probabilmente da gennaio istituiremo un nuovo gruppo di principianti, ma la cosa non è ancora decisa”.

Il corso di batteria è coordinato da Kristian Kirinčić.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Partecipazione all’apertura di Fiume CEC
Com’è nata l’idea di far suonare la batteria a più di un bambino?
“L’idea è nata in seno alla società Rijeka2020, che coordinava le celebrazioni di Fiume CEC 2020. Ci era stato chiesto di preparare un’esibizione alla batteria con numerosi bambini per la cerimonia di inaugurazione di Fiume CEC, ovvero per quella che era stata intitolata ‘Opera industriale’. Mentre i numerosi artisti si esibivano, i ragazzi suonavano la batteria sul terrazzo dei Grandi Magazzini Ri. Visto l’effetto spettacolare di questo concerto ci avevano pregato nuovamente di partecipare all’apertura del Tobogan. L’idea era interessante, ma ci avevano dato solo tre giorni per prepararci. Quella che sembrava una missione impossibile, alla fine è risultata un concerto fantastico al quale avevano preso parte dieci piccoli batteristi”.

Come reagiscono i bambini a questi corsi?
“Ogni gruppo è una squadra a sé. Ci sono gruppi che amano giocare più che suonare, altri che si impegnano e ascoltano con più attenzione. Anche i bambini sono diversi e non tutti riescono a mantenere alta la concentrazione per un’ora, quanto dura una lezione. Penso, però, che tutti i bambini apprezzino il lavoro di squadra. Se mi accorgo che un frequentante è svogliato o viene a lezione solo perché costretto dai genitori, parlo con questi ultimi e cerco di spiegare loro quanto possa essere nocivo imporre la musica ai ragazzi. Alla fine il risultato è controproducente e ne escono sconfitti sia i bambini, che i genitori, ma anche noi educatori. Preferisco rinunciare a quelle paio di centinaia di kune della retta mensile, che veder soffrire un bambino”.

Discostamento dall’approccio classico
Qual è la differenza tra l’Accademia Ri Rock e una scuola di musica classica?
“Noi non ci concentriamo tanto sulla teoria e sul solfeggio, perché reputiamo che per quanto possano essere utili, fanno perdere ai bambini ogni amore per la musica. La base della nostra Accademia è stata l’idea di allontanarci al massimo dall’approccio classico alla musica e devo dire che tanti genitori ci hanno subito sostenuti e per questo non reputo che altre scuole siano un tipo di concorrenza. Rispetto tutti gli stili educativi, ma mi attengo a quello che noi consideriamo sia importante. Non tutti noi che lavoriamo all’Accademia Ri Rock abbiamo finito un conservatorio. La maggior parte siamo autodidatti, ma desideriamo avvicinare la musica ai bambini e farli innamorare di questa subcultura rock che ha plasmato pure la scena musicale fiumana”.

Volete creare, dunque, una nuova generazione di rockettari?
“Proprio così! Ci siamo resi conto che lasciando che la scena musicale si evolva spontaneamente, assisteremo a un declino sempre più brusco. In questo momento le condizioni per i gruppi sono ottime perché abbiamo uno spazio per le prove e abbiamo un posto per esibirci, elementi che una volta non c’erano. Nonostante tutto questo, dunque, negli ultimi dieci o vent’anni, da quando sono attivo nell’organizzazione del Festival Ri Rock, abbiamo assistito a un declino del numero di band da 50 o 60 a dieci o quindici. Offrivamo un supporto ai gruppi già formati, ma non eravamo attivi nel segmento all’educazione. Con l’Accademia Ri Rock, negli ultimi tre anni circa, ci siamo dati anima e corpo nell’educazione dei bambini alla musica rock e all’utilizzo degli strumenti perché non possono esistere né gruppi né concerti, se non abbiamo i musicisti. Con questa Accademia abbiamo chiuso il cerchio e fornito un sostegno a tutti i segmenti dell’educazione ed esecuzione musicale”.

Fate anche corsi estivi?
“Sì, negli ultimi due anni abbiamo organizzato a Kostrena un campeggio musicale intitolato ‘Pig’. Il primo anno è durato due, l’anno scorso invece quattro giorni durante i quali i ragazzi sono stati divisi in gruppi in base ai loro gusti musicali e hanno imparato a eseguire correttamente un brano musicale. Poi abbiamo organizzato un piccolo concerto per parenti e amici nella Sala di lettura di Kostrena, a Santa Lucia”.

Collaborazioni a livello locale
Siete attivi pure fuori dai confini cittadini?
“Organizziamo pure corsi musicali con l’Agglomerato Kostrena e l’Agglomerato Abbazia. Nella Perla del Quarnero lavoriamo con giovani che hanno difficoltà nello sviluppo e facciamo loro una sorta di music therapy. L’unico laboratorio di tipo non musicale è quello di ceramica, pensato sempre per i ragazzi con invalidità. Cerchiamo sempre di aprirci agli altri. Così ci siamo recati pure a Skrad, nell’associazione ‘Nostra infanzia’, dove abbiamo organizzato un laboratorio musicale, ma anche un laboratorio di riproduzione dei suoni che possiamo sentire in natura, come ad esempio i tuoni”.

Quali sono i progetti per il futuro?
“Per il futuro stiamo pensando di introdurre lezioni di masterclass, ovvero lezioni di chitarristi o musicisti famosi che insegnano i trucchi del mestiere a ragazzi o adulti che già sanno suonare. Abbiamo una marea di altri progetti nel cassetto, ma prima di tutto dobbiamo risolvere il problema dello spazio. Alla fine di dicembre doveva venire pubblicato il concorso per la gestione del Palach, però è stato spostato a gennaio e prima di avere conferma di poter rimanere in questa sede non ce la sentiamo di annunciare nuovi progetti. L’idea di base, però, è occuparci sia di produzione, che DJing, laboratori di STEM musicale o altro”.

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