«Ritratti di viaggio». Un’esplorazione intima

Nella sala spettacoli della Comunità degli Italiani di Torre è allestita la mostra di fotografie di Marlen Glavić

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«Ritratti di viaggio». Un’esplorazione intima
Sabina Damiani, Marlen Glavić e Gaetano Benčić. Foto: CI DI TORRE

Scatti suggestivi adorneranno per i prossimi due mesi le pareti della sala spettacoli della Comunità degli Italiani di Torre, colti dall’obiettivo della concittadina Marlen Glavić. La mostra porta il titolo “Ritratti di viaggio”. Ad inaugurarla, lo scorso fine settimana, accanto alla fotografa è stata Sabrina Damiani, dirigente del gruppo fotografico della CI di Torre, del quale pure la Glavić fa parte, e Gaetano Benčić in veste di critico d’arte. Il percorso espositivo è un viaggio visivo avvincente e intimo attraverso i volti del mondo che ricorda come, nonostante le distanze geografiche, siamo tutti parte di una sola umanità con storie uniche da raccontare.

A fare gli onori di casa, affiancata da Fabiana Topani che ha presentato la serata, è stata la presidente del sodalizio, Roberta Stojnić, visibilmente fiera dell’evolversi dei talenti degli attivisti del sodalizio. L’obiettivo della fotografa non è stato semplicemente quello di documentare, ma piuttosto di connettersi con le persone e le culture che ha incontrato. Ogni scatto è diventato così una dichiarazione silenziosa di rispetto e comprensione per la diversità umana.
“Credo non ci sia più ricco e impegnativo soggetto in fotografia del ritratto – ha osservato Gaetano Benčić –. Il volto, lo sguardo di ogni persona dischiude un mondo. Se poi ancora i volti ritratti appartengono a persone che vivono in realtà lontane dalla nostra, la curiosità verso il loro modo di essere e vivere aumenta. Ma non c’è in queste foto l’occhio del turista che documenta l’esotico. Marlen Glavić è una fotografa gentile: l’obiettivo non invade chi viene colto, sembra anzi ogni volta inviare un ringraziamento alla persona che si è lasciata fotografare. Marlen non ruba con l’obiettivo, lei incontra il prossimo. Emerge una visione morbida, femminile e materna, uno stupore primordiale, occhi che incrociano altri occhi. Le foto palesano sovente un tocco di malinconia, come se si percepisse un mondo perduto”, ha rilevato, sottolineando come nei scatti si percepiscono le note di un chiaro inno alla bellezza della creatura umana nella sua varietà e diversità.
Le fotografie sono nate in un momento in cui Marlen Glavić cercava in terre lontane il senso del vivere, stanca di un quotidiano angusto che non riusciva a dare risposte. La fotografia è diventato il mezzo per immortalare ciò che ha visto in giro per il mondo, ma anche per estenderlo temporalmente e renderlo quanto più vivo. È stata una ricerca verso i colori della vita da contrapporre al grigiore del quotidiano.
“I viaggi in terre lontane erano accompagnati da una forte ricerca interiore, e se si guarda gli occhi di questi volti, si vede quanto fosse una ricerca che insisteva sull’umanità, sulla semplicità di un contatto umano. Gli occhi, una nota di malinconia, la fusione tra morbidezza e colore, rendono queste foto evocative, sentite. E nel nostro panorama locale, a momenti chiuso in sé stesso, non può che far bene incontrare questi volti, sentire quell’umanità profonda che tutti affratella e che la fotografa Marlen Glavić ha saputo comunicarci, oltre che con il talento, con il cuore”, ha concluso Benčić.
La giovane fotografa (1974), che si è avventurata in luoghi dove le parole potrebbero vacillare, ha proposto immagini che parlano con una potenza universale, superando barriere linguistiche e culturali. Da più di 10 anni si occupa di fotografia frequentando vari corsi e studiando con fotografi professionisti. Ha partecipato a mostre collettive nel Paese e all’estero ottenendo premi e riconoscimenti per motivi ripresi durante i suoi viaggi in aree esotiche che, assieme alla fotografia, costituiscono la sua grande passione.

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